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La nazionale Argentina dopo l’abulico pareggio senza reti contro l’Uruguay e il deludente 1-1 contro il fanalino di coda Venezuela ha visto complicarsi ulteriormente la strada che la porta ai campionati mondiali di Russia 2018. Una strada peraltro già abbastanza accidentata e che ora vede l’albiceleste di Jorge Sampaoli doversi giocare l’ammissione diretta con Cile e Perù, con l’ombra di un’inaspettata esclusione senza appello dai Mondiali. Un evento che sarebbe clamoroso per una squadra che nel parco attaccanti può contare su Messi, Dybala, Icardi, Aguero, Higuain e Di Maria. Attualmente l’Argentina occupa la quinta posizione a pari punti con il Perù quarto e a +1 dal Cile, sesto ed eliminato provvisorio; una posizione che per ora le garantirebbe lo spareggio contro la vincente delle federazione calcistica dell’Oceania che in questo caso sarebbe la Nuova Zelanda. In vista di questa eventualità andiamo a conoscere gli All-whites oceanici che per ora non possono spartire neanche il nome con i compatrioti campioni del rugby degli All-blacks.

Uno dei problemi che nel corso degli anni ha inciso maggiormente sulla crescita della nazionale neozelandese, guidata dal 2014 dall’ex centrocampista inglese Anthony Hudson, è l’appartenere a una federazione continentale debole e marginale, l‘Oceania Football Confederation. Ciò incide, infatti, in due modi: da una parte c’è la questione logistica e politica, dall’altro quella tecnica. Per prima cosa infatti la collocazione geografica e lo scarso appeal del calcio oceanico fanno sì che perfino l’organizzazione di test amichevoli sia un aspetto estremamente complicato della preparazione neozelandese che per esempio nel 2015 riuscì a giocare solo tre partite amichevoli contro Corea del Sud, Birmania e Oman. In secondo luogo la pochezza delle avversarie interne alla confederazione (Tahiti, Isole Salamone, Fiji, Tonga solo per citare le migliori, si fa per dire) non hanno mai permesso agli All-whites di confrontarsi con avversari realmente probanti. In questo senso l’uscita dell’Australia dalla OFC nel 2006 non ha fatto altro che peggiorare le cose, aspetto che ha portato la federazione neozelandese a pensare addirittura di aggregarsi alla CONMEBOL sudamericana, ipotesi per ora accantonata.

Ciononostante, come ricorderete, la Nuova Zelanda allora allenata da Ricky Herbert riuscì nel 2010 a qualificarsi ai Mondiali organizzati in Sudafrica battendo nello spareggio il Barhain. Una nazionale che peraltro uscì a testa altissima da quel mondiale, finendo imbattuta nel gruppo e con la vittoria sfiorata contro l’Italia del Lippi bis. Basti pensare che però da allora la Nuova Zelanda ha giocato poco più di 20 partite nell’arco di sette anni, tanto che gli All-Whites dopo la clamorosa sconfitta nel torneo continentale nel 2012 contro Tahiti e la sofferta vittoria nel 2016 contro Papua Nuova Guinea hanno toccato il loro record negativo nel ranking FIFA: 161° posto.

Con il lavoro del CT Hudson, tuttavia, la tendenza sembra essersi invertita. L’allenatore inglese ha rinnovato la squadra che a parte per il giovane difensore del Sunderland Sam Brotherton e per l’attaccante dell’Ipswich Town Monty Patterson vede tra le sue fila giocatori proveniente dai campionati australiani, americani e canadesi. Con il suo 4-3-3 aggressivo Hudson è riuscito a metter su una squadra compatta che nonostante le tre sconfitte finali ha ben figurato alla Confederations Cup che si è giocata quest’estate in Russia dove gli All-whites hanno dato molto filo da torcere al Messico. Insomma se l’Argentina conserverà il quinto posto probabilmente riuscirà comunque ad approdare a Russia 2018 tuttavia dovrà impegnarsi seriamente per sopravanzare indenne la nazionale neozelandese.

 

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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