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Ci sono pochi giocatori che possono definire la propria carriera “privilegiata”: un decoro che riguarda i propri club, le emozioni vissute, i campi espugnati. Henrik Larsson ha avuto una carriera privilegiata perché ha giocato sempre dove ha voluto, oltre che aver vinto tutto quello che si poteva vincere, anche se il Mondiale no, quello non l’ha vinto mai. Eppure ciò che non ha avuto in nazionale però lo ha avuto nei club, tanti e forti, britannici e non. Ma soprattutto di Larsson si ricorda lo stile, perché lui era lo svedese con le treccine, mai banale. Attualmente fa l’allenatore dell’Helsingborg in Svezia e oggi compie 46 anni, perennemente festeggiati dai suoi due grandi club: il Celtic e il Barcellona.

La Scozia

Nonostante Larsson sia un tipico cognome svedese, Henrik è fisicamente l’antitesi di uno scandinavo tipo. Di origni capoverdiane, sorriso sempre sulle labbra, lunghi e appariscenti capelli raccolti in tanti rasta, uno dei suoi simboli. Proprio il look lo ha eletto a icona calcistica di un club molto rispettato in Europa: non passa un anno infatti in cui il Celtic Glasgow non ricordi con omaggi e celebrazioni le gesta dello svedese con le treccine, uno che con gli Hoops ha giocato 221 partite e segnato 173 gol. Praticamente un idolo. Larsson arriva a Glasgow nel 1997  dal Feyenoord, il suo primo grande club (101 presenze e 26 gol) con cui aveva già vinto due Coppe d’Olanda. Erano gli anni in cui la Premiership scozzese attirava campioni e l’Old Firm, la partita fra Celtic e Rangers, era noto per essere uno dei derby più glamour del mondo. Con i biancoverdi vince un totale di nove trofei nazionali fra cui quattro campionati, caratterizzati dai suoi gol spettacolari: la classe di Larsson era palese a tutti, un giocatore capace di raggiungere gesti tecnici incredibili grazie a una forza fisica spaventosa. Ma lo svedese non era solo potenza, era soprattutto tecnica e eleganza, le doti basilari di uno che sa giocare a calcio. Larsson in Scozia è riuscito ad esprimersi come meglio non potesse e grazie a lui il Celtic per sette stagioni fu una delle squadre più ostili da affrontare in Europa.

L’esperimento a Barcellona e la gioia inglese

La classe di un campione si dice essere eterna, dunque per Larsson non è stato un problema passare al Barcellona a 33 anni. I mezzi tecnici per giocare insieme a Ronaldinho, Deco, Xavi e Puyol li aveva, eppure non è mai stato considerato il vero titolare bel Barca di quegli anni. A quell’età Larssonha Barcellona era più un esperimento che una scelta tecnica, tuttavia in blaugrana giocò in due stagioni 40 partite segnando 13 reti. Colpa anche della rottura del menisco che lo tenne fuori per parecchi mesi ma il sostegno del club non gli è mai mancato. Anzi lo svedese è sempre stato applaudito dal Camp Nou e in Catalogna non si scorderanno mai i due assist per Eto’o e Belletti che permisero a Riijkaard di vincere la Champions nel 2006 a Parigi: in quella partita Larsson entrò nel secondo tempo rimontando il vantaggio iniziale di Campbell per l’Arsenal. Larsson abbandona Barcellona nel 2006 per tornare in Svezia all’Helsingborg, profeta in patria. Eppure in inverno il campionato svedese era fermo e Larsson non ne vuole sapere di rinunciare a giocare: va in prestito in Inghilterra al Manchester di Ferguson scrivendo il proprio nome sulla lista dei vincitori finali della Premir League. Il suo è stato solo un piccolo passaggio nel campionato inglese, eppure si è tolto la dannata soddisfazione di giocare con  Cristiano Ronaldo, Scholes e Giggs, suoi rivali da sempre. L’epilogo della sua carriera è comunque a casa, nell’Helsingborg dove chiude la sua attività agonistica: per Larsson sono 18 in totale i trofei vinti, e per di più, può vantare l’ingresso nella storia del suo popolo come “miglior giocatore svedese della storia”, onorificenza conquistata nel 2004. Come attaccante è stato un pilastro della Nazionale Svedese, il più longevo a scendere in campo (38 anni e 24 giorni) nonché quarto marcatore della selezione scandinava.

 

Oggi Larsson ha 46 anni e fa l’allenatore in Svezia del suo Helsingborg, dove tra l’altro ha allenato anche suo figlio Jordan, ora al N.EC. in Olanda. Attualmente è ritenuto uno dei più grandi centravanti della storia del calcio europeo.

 

 

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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