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Il concetto di predestinato nel calcio si attua generalmente soltanto a quei ragazzi che, immediatamente a inizio carriera, riescono a fare cose straordinarie nonostante la gioventù e l’inesperienza. Calciatori, insomma, fuori dalla norma e con un futuro estremamente radioso quanto positivo. Non stiamo di certo affermando che Davide Santon non meritasse questa etichetta all’inizio della sua esperienza calcistica. Solo che i fatti – e gli anni trascorsi nel frattempo – hanno evidenziato come forse l’epiteto andasse pensato per altri calciatori che non rispondessero al nome del terzino interista, ormai ultimo nelle gerarchie di fascia di quasi tutti i tecnici che si sono alternati sulla panchina nerazzurra in questi anni. Per alcuni parliamo dell’ennesimo talento sprecato del calcio italiano. Per altri, invece, si dibatte soltanto di un giocatore estremamente sopravvalutato. Ai posteri l’ardua sentenza, a noi invece il diritto di raccontare la più grande stagione nella sua carriera: la prima.

La parabola discendente di Santon: da preferito di Mourinho a separato in casa.

Dopo averlo notato nelle giovanili del Ravenna, nel 2005 l’Inter decide di prelevare Davide Santon per farlo crescere nel suo settore di futuri campioni (o presunti tali). L’esordio in Serie A arriverà nel 2008 e la sua ascesa al potere non sarà banale. In quel momento il tecnico dell’Inter era José Mourinho, allenatore mai banale e sempre pronto a tirare il meglio anche dai calciatori più insoliti. Santon era stato aggregato alla prima squadra già durante il ritiro estivo, come premio per le ottime prestazioni fornite in Primavera con tanto di vittoria interista al torneo di Viareggio dello stesso anno. Valutato positivamente, restò per l’appunto con la squadra principale anche se inizialmente vide poco il campo. Complici alcuni infortuni, però, Santon si guadagna la sua prima chance da titolare in Coppa Italia: Mourinho lo schiera sulla fascia sinistra durante la gara vinta ai quarti di finale contro la Roma per 2-1 e il ragazzo mostra non solo affidabilità tattica ma anche una notevole predisposizione alla corsa. Sarebbe potuto essere semplicemente un meraviglioso quanto estemporaneo anelito di gloria. Mourinho però vede davvero qualcosa di buono in quel giovanissimo calciatore di appena 18 anni e comincia a farlo giocare con frequenza anche in campionato. Man mano che il tempo passa le prestazioni di Santon diventano sempre più convincenti: miglioramenti in entrambe le fasi, disciplina nella gestione del pallone, molti cross interessanti e tanta, tantissima personalità. D’altronde, se sei amico di Mario Balotelli devi averne per forza. Il picco di questo immediato e precoce percorso di maturazione calcistica si manifesta in tutta la sua intensità addirittura in Champions League: nella gara d’andata degli ottavi di finale della competizione contro il Manchester United di Ferguson, Rooney e Ronaldo, Mourinho lo lancia titolare a presidiare proprio la fascia di CR7. A fine partita si parla di un vero e proprio trionfo: Santon limita quasi tutti gli attaccanti che passano dalla sua parte e diventa l’eroico simbolo dello 0-0 di San Siro. Al termine della stagione avrà collezionato 20 presenze, uno Scudetto, una Supercoppa Italiana e la prima chiamata in Nazionale. Secondo stampa, tifosi e addetti ai lavori siamo di fronte all’erede di Maldini e degli altri grandi terzini, adattati o meno, che hanno fatto la tradizione della scuola italiana. Purtroppo però, da quel momento in poi, le cose per Santon andranno solo in peggio.

Santon e Ronaldo discutono durante Inter-Manchester United

Infortuni e altri guai

Le stagioni successive saranno infatti molto travagliate per Santon. Nell’anno del Triplete starà molto spesso fuori per infortunio, giocando soltanto 15 partite. Nella mezza stagione con Benitez arrivano più presenze ma poche soddisfazioni. In generale, Santon sembra essere molto meno accurato, preciso e anche fortunato nelle giocate, persino in quelle più semplici. Non è un caso che dal 2011 parta un mini tour per il ragazzo: prima in prestito al Cesena, come contropartita parziale per Nagatomo, poi addirittura in Premier League al Newcastle, squadra di cui vestirà la maglia per quattro stagioni. Il ritorno all’Inter non è però felice: qualche sprazzo dell’amore giovane che fu, poi sempre tanta panchina e soprattutto tantissimi infortuni. Basti pensare, per rendere l’idea, che nelle ultime stagioni Santon è balzato agli onori della cronaca per le tre visite mediche fallite che hanno fatto saltare tre trasferimenti in una sola estate, ovvero quelle con Napoli, Sunderland e West Ham. Quest’anno, almeno, Santon si è tolto la soddisfazione di collezionare la 200esima presenza con le maglie di club, entrando a partita praticamente finita per ordine di Spalletti proprio al San Paolo contro gli azzurri. A 26 anni per Santon è ancora presto: la carriera può dire ancora molto e il coccodrillo sportivo non s’ha da fare. Certo, però, che a quest’età predestinati non si può più essere. Bisogna sperare, al massimo, di non essere considerati solo “una botta e via”.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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