Maestro con pochi trofei: Bielsa, l’Europa resta un tabù

Quando nel 2004 ha vinto l’ultimo trofeo della sua carriera, l’Oro con l’Argentina alle Olimpiadi di Atene, Marcelo Bielsa forse aveva iniziato a pensare che la sua carriera da tecnico sarebbe finalmente decollata. Stimato e decorato in patria, considerato un Maestro da cui prendere esempio per il metodo scientifico e razionale dell’approccio alla partita, l’allenatore albiceleste sperava di rendere il suo modus operandi vincente anche in Europa. Ci è riuscito solo a metà, poiché i riconoscimenti sono arrivati comunque ma il palmarés non si aggiorna più ormai da 13 lunghi anni. La stima nei confronti del Loco rimane intatta. Perché Bielsa, con il suo modo di fare e la sua tattica che ha influenzato il mondo, dev’essere ancora oggi considerato come un rivoluzionario del calcio, un autentico pioniere del nuovo. I ricordi però iniziano ad essere frammentari e si allontanano ad ogni passo che la vita percorre in avanti: El Loco si è placato e con lui la sete di vittorie. Negli ultimi anni solo polemiche e fallimenti per un allenatore che sembra star vivendo un’indubbia quanto inevitabile fase calante.

Il fallimento europeo di Marcelo Bielsa

Proprio ieri il tecnico è stato sospeso momentaneamente dal Lille, club francese che stava allenando. La motivazione non è chiarissima anche se indiscrezioni non ancora confermate spiegherebbero come Bielsa sia partito per il Cile senza permesso per andare a trovare un amico e collega malato di cancro. Al di là di questo, la spiegazione più razionale potrebbe risiedere anche nell’aspetto tecnico-tattico della stagione dei francesi: per ora il Lille è penultimo in classifica, con 7 sconfitte sul groppone e una delle peggiori difese della Ligue 1, nonostante una vena letteraria non da poco. Un inizio stagionale non certo esaltante, che potrebbe però far sorridere Lotito e i tifosi della Lazio: dopo il caos dell’anno scorso Bielsa è parso a tutti come una grossissima occasione persa per fare un salto di qualità. La fortuna però ha girato lo stesso grazie alla giovane ambizione di Simone Inzaghi, che da allenatore si sta dimostrando bravo almeno quanto lo era a punire le difese avversarie da calciatore. Un impedimento si è trasformato in giovamento per i biancocelesti, che al Loco adesso pensano solo come un affascinante ma non doloroso rimpianto. Paradossalmente, il caos laziale poteva essere un’avvisaglia del periodo tribolato che il tecnico avrebbe poi vissuto in questi mesi ma, col senno di poi, ovviamente è facile diventare fenomeni. Quello che pare certo è che, almeno nel suo lungo periodo europeo, Bielsa raramente è riuscito a raggiungere degli obiettivi davvero esaltanti. E, come al solito, i numeri in questo ambito non mentono mai.

Bacheca impolverata

Dal 2011 a oggi Bielsa ha allenato solo in Europa, con precedentemente una brevissima esperienza nel 1998 all’Espanyol. All’Athletic Bilbao l’esaltazione è stata grande, perché la sua prima stagione basca è la rappresentazione perfetta del suo lavoro: gioco innovativo con piccoli campioni costruiti in casa, mentalità da grande squadra e coraggio da vendere anche quando si partiva sfavoriti. La fortuna in quella stagione non ha però girato: due finali perse su due, sia in Copa del Rey contro l’inumano Barcellona che in Europa League contro l’Atletico Madrid. Ancora oggi, probabilmente, quella in Spagna rimane la maggior espressione di Bielsa in un campionato europeo come allenatore, nonostante una seconda stagione assolutamente anonima con un 12° posto in Liga. Anche con il Marsiglia qualcosa di buono si è intravisto ma, dopo un’ottima partenza, il club finisce quarto e lui rinvigorisce la sua leggenda solo grazie a un bellissimo discorso negli spogliatoi dopo una gara in cui la sua squadra aveva palesemente subito dei torti arbitrali. Il Loco però si mostra in tutta la sua poderosità nella prima giornata del campionato successivo: sconfitta casalinga contro il Caen e dimissioni imminenti. Le storie con Lazio e Lille sono molto recenti ma la sostanza non cambia: in tutti questi anni la sua bacheca e quella dei club allenati sono rimaste impolverate e senza cura. Ci si chiede, quasi automaticamente, perché un allenatore che ha dominato il panorama argentino per decadi non riesca ad imporsi nel Vecchio Continente. La risposta più banale – ma forse anche la più veritiera – può risultare quella che mette in discussione il suo metodo di gioco, ormai troppo vecchio per sopravvivere ai nuovi moduli e all’estremo tatticismo dei campionati europei. Bielsa è stato sì un innovatore ma forse, nel corso degli anni, non ha saputo restare al passo coi tempi e ora vive di luce riflessa per quanto portato a termine nel passato più o meno recente.

Il nuovo Bielsa

Premettendo che un nuovo Bielsa è davvero difficile da trovare, sia a livello sportivo che umano, chi potrebbe essere minimamente paragonato al tecnico argentino? Il destino – e non solo lui – suggerisce un nome molto chiaro, quello di Maurizio Sarri. Tante cose, ovviamente, sono diverse (nazionalità inclusa): per esempio, a differenza di Bielsa Sarri non è un innovatore ma ha preso in prestito un calcio che esisteva già prima di lui. Entrambi però sono allenatori che propongono un bel gioco senza riuscire – almeno per ora – a tramutarlo in vittorie di grande rilevanza, così come tutti e due hanno dovuto fare i conti con svariati fallimenti nel corso della carriera, compresi esoneri e allontanamenti. Due mulini a vento dal carattere irascibile, due maestri di calcio che tutti stimano. In sostanza, due non vincenti molto apprezzati. Bielsa, almeno in passato, però è riuscito a portare acqua al suo mulino. Sarri avrà tempo per farlo e allora, forse, il paragone potrà avere maggior senso. Come dicevamo, però, di Bielsa per fortuna ne resterà uno solo. Nel bene e nel male, c’è spazio per un solo Loco e nessuno lo è quanto il tecnico argentino, maestro senza trofei ancorato a un calcio che non esiste più.

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