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Nonostante la sua figura si stagli in primo piano nella foto di gruppo con la quale i giocatori del Milan hanno voluto dimostrare l’unità di squadra a dispetto della sesta sconfitta stagionale in campionato, Ricardo Rodriguez può essere considerato l’emblema del momento negativo in casa rossonera. Dopo un inizio incoraggiante, coinciso con i roboanti successi ottenuti nei turni preliminari di Europa League con Craiova e Shkendija, lo svizzero ha saggiato le difficoltà del campionato italiano, coinvolto suo malgrado nel lento e inesorabile declino del Milan, oggi settimo in classifica a meno 16 dal Napoli capolista. Sempre titolare nelle prime undici partite stagionali, non è sceso in campo nelle ultime due con Sassuolo e Napoli, lasciando perplessi tifosi e addetti ai lavori. Al netto di qualche problema fisico che aveva consigliato di tenerlo precauzionalmente a riposo nella sfida dello scorso 5 novembre al Mapei Stadium, quella di sabato al San Paolo è stata per la prima volta un’esclusione prettamente tecnica. Un caso che rischia di alimentare malumori, in considerazione dell’investimento economico e della caratura internazionale del giocatore svizzero.

Enigma Ricardo Rodriguez: rosso Svizzera, nero Milan

Nonostante gli svizzeri siano considerati un popolo freddo e distaccato, il trasporto e la trepidazione con le quali hanno vissuto la doppia sfida all’Irlanda del Nord, spiegano il motivo per cui il calcio riesca spesso a smuovere le coscienze e coinvolgere gli animi di chi nella vita di tutti i giorni appare profondamente diverso. Paese neutrale, ma molto influente, la Svizzera sarà in Russia con l’obiettivo di fare meglio degli ottavi finali conquistati in Brasile nel 2014, soprattutto per merito di Rodriguez, autore dell’unica rete tra andata e ritorno e del prodigioso salvataggio sulla linea di porta a pochi minuti dalla fine che ha negato agli irlandesi di Michael O’Neill la possibilità di giocarsi il tutto per tutto ai supplementari. Decisivo, trascinatore, imprescindibile, come non lo si era mai visto con la maglia del Milan. Questo è da sempre Rodriguez con la nazionale elvetica, un giocatore di rappresentare più di chiunque altro la continuità tra la gestione di Ottmar Hitzfed e Vladimir Petkovic, espressione di un gruppo giunto al culmine di un percorso cominciato anni fa, atteso probabilmente dall’ultima occasione di lasciare il segno in una competizione importante. A dispetto della carta d’identità, l’ex Wolfsburg conta già 49 presenze con la Svizzera, motivo che porta a pensare a lui come uno dei futuri leader della nazionale che dovrà necessariamente dare il via al cambio generazionale post Mondiale. Una centralità che si scontra con il suo rendimento nel Milan, dove non è mai apparso sé stesso fino in fondo.

Da jolly a panchinaro di lusso?

Ancora alla ricerca del sistema di gioco di riferimento, Montella ha utilizzato Rodriguez in vari modi, sfruttando la polivalenza tattica di cui lo svizzero dispone. Terzino, centrocampista esterno, centrale difensivo. Compiti diversi, medesima applicazione, palese dimostrazione di un giocatore moderno, abituato a disimpegnarsi prescindendo dalla posizione da occupare, concetto divenuto relativo nel calcio di oggi. La sensazione è che ci si trovi di fronte al classico terzino sinistro di una difesa a 4 (ruolo che da sempre ricopre in nazionale) dotato di tecnica, fisico e intelligenza tattica. Poco abituato a giocare da quinto di centrocampo a tutta fascia, possiamo dire che Rodriguez è stato penalizzato dai continui cambi tattici messi in atto dal tecnico rossonero, lo stesso che in quattro occasioni l’ha schierato anche come centrale difensivo di sinistra in una difesa a 3 con l’intenzione di sfruttare la sua qualità per impostare l’azione offensiva dal basso. Il recupero di Romagnoli, unico centrale mancino a disposizione, ha relegato a sorpresa lo svizzero in panchina, con Bonaventura preferitogli nel ruolo di esterno a centrocampo nell’ultima uscita a Napoli. Le due esclusioni consecutive di Rodriguez, sembrano aver indispettito il ds Mirabelli, artefice di un’operazione di mercato che in molti avevano definito lungimirante, soprattutto in considerazione dell’esborso economico ragionevole e assolutamente al di sotto della media di una campagna trasferimenti condotta su cifre folli. Una situazione che appare capovolta, in cui anche i circa 20 milioni spesi per portarlo in Italia, sembrano troppi se rapportati ai 5 utilizzati dal ds della Roma Monchi per Kolarov, probabilmente il miglior affare nel rapporto qualità-prezzo in serie A. Con la sfida all’Austria Vienna alle porte e gli impegni sulla carta abbordabili in campionato contro Torino, Benevento, Bologna e Verona, il Milan è chiamato a dare una svolta positiva alla propria stagione, cercando di coniugare i risultati del campo con la valorizzazione di quei giocatori per i quali si è deciso di investire, evitando così un pericoloso deprezzamento che avrebbe effetti devastanti per il prossimo futuro.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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