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Una squadra giovane per un allenatore giovane: progetti interessanti con lungimiranza parecchio limitata. Il Sassuolo della nuova Serie A non è più nulla di similare alla squadra del sesto posto in campionato, del Berardi cannoniere e del gioco frizzante che nel 2017 aveva incantato la critica sportiva nominando i neroverdi “La cenerentola della Serie A”, “La squadra più organizzata d’Italia”. Il club che era stato flagello di Milan e Juventus quest’anno si è trasformato in un pulcino spelacchiato e parecchio indifeso: per continuare la metafora, il Sassuolo è passato da cigno prediletto a brutto anatroccolo. E non per essere aggressivi nei confronti dell’eterno capro espiatorio italiano ma sicuramente il cambio dell’allenatore ha influito non poco nel rovinoso andamento della squadra emiliana. La nomina di Christian Bucchi come tecnico era sembrato quanto mai un progetto interessante agli occhi dei più, ancora memori delle ottime pagine professionali scritte con Perugia in B e Maceratese in Lega Pro. Tuttavia l’allenatore nato a Roma ma originario delle Marche ha decisamente sudato parecchio il contatto con la massima categoria, rendendosi conto fin da subito che la Serie A, al contrario degli inferiori gradi di professionismo, è veramente senza cuore per chi non viene preparato a lezione. Per il Sassuolo di Bucchi quest’anno solo due punti al Mapei Stadium e tre sorprendenti vittorie esterne (Cagliari, SPAL, Benevento) che hanno rotto l’equilibrio che contraddistingue, solitamente, il cammino di una squadra che lotta per non retrocedere, ovvero, fare più punti possibili in casa e poi strappare quello che viene dalle trasferte. Certo Di Francesco aveva abituato Reggio Emilia e Sassuolo a una realtà completamente diversa eppure, con una rosa non troppo cambiata dall’anno scorso, i dolori del giovane tecnico hanno incollato il Sassuolo a un sedicesimo posto con vista retrocessione. E’ paradossale, tra l’altro pensare, a come la squadra emiliana abbia segnato solo otto gol in tutto il campionato e Bucchi, al contrario, è stato un attaccante apprezzatissimo proprio per il suo fiuto del gol.

Bucchi, il rispetto prima di tutto

Christian Bucchi è un personaggio di un romanzo popolare. Un ex calciatore di ruolo attaccante che si è girato molte piazze conquistandosi appellativi e cori in parecchie tifoserie del centro- sud d’Italia. Classe 1977, Bucchi inizia la sua carriera da professionista prima nella Sambenedettese in D e poi nella promozione marchigiana con il Settempeda, la squadra del paese di Giacomo Bonaventura. Il suo passato da giocatore è un curriculum fitto di tanto girare e soprattutto segnare, sempre, ovunque ha giocato. Dall’iniziale Perugia nel 1998 fino all’ultima presenza nel 2011 con il Pescara in B, l’allenatore del Sassuolo ha giocato ogni anno in una squadra diversa, ed è un caso quasi unico in Italia. Per ogni annata calcistica c’era un club nuovo e se si vuole andare a cercare il particolare spunta del clamoroso: paradossalmente l’unica esperienza che Bucchi ha condiviso per più di un anno con una squadra è stato proprio il periodo settempedano nelle Marche con 54 in 56 partite fra Promozione ed Eccellenza. In ordine, successivamente, il centravanti italiano ha giocato con Perugia, Vicenza, Perugia, Ternana, Catania, Cagliari, Ancona, Ascoli, Modena, Napoli, Siena, Bologna, Ascoli, Cesena, Napoli, Pescara.

Un attaccante completo e apprezzato, rapido abbastanza da farsi trovare sempre pronto sotto porta: con tre promozioni in A, di cui una come vincitore del campionato di B, Christian Bucchi ha segnato complessivamente 162 gol in 437 partite. Fa quasi strano vederlo ora con le spalle al muro e insultato dai suoi stessi tifosi.

Da bomber a mister: è lo stesso Bucchi?

Dopo il ritiro dall’attività agonistica nel 2011 con un unico gol nell’esperienza pescarese in B Bucchi decide che il suo futuro si chiama ancora calcio e inizia a studiare per diventare allenatore. Malgrado non fosse in possesso del patentino di Prima Categoria Uefa valido per allenare ogni tipo di categoria il neo allenatore viene traslato dalla Primavera del Pescara alla prima squadra, sostituendo Bergodi in A e dimostrando, nonostante la retrocessione quasi scontata, di avere carattere al di là della complicata situazione che si era ritrovato fra le mani. Dopo un perpetuare fra Gubbio (esonerato a febbraio), Torres (subentrato a gennaio) e Maceratese (terzo posto finale) in Lega Pro il Perugia è la prima squadra che decide di affidargli un incarico prestigioso in Serie B. La sfida è di quelle importanti perchè la società chiede al mister qualcosa in più del semplice bel campionato e gli mette a disposizione una buon squadra: la partita lunga un campionato la vince comunque Bucchi che porta il Grifo ai play-off perdendo al primo turno con il Benevento. Quando poi Carnevali, d’accordo con Squinzi, decide di affidargli la panchina del Sassuolo i tifosi locali si dividono. Chi crede che sia un azzardo e chi invece ha fiducia nell’allenatore più giovane della Serie A (successivamente il record verrà detenuto da De Zerbi al suo subentro a Baroni). Quello che preoccupa e che ha preoccupato di più delle prestazioni dei neroverdi sono delle defaillances nella costruzione del gioco e soprattutto, neo che la Serie A non perdona, dei dettagli tralasciati nell’aspetto tattico. Le partite contro il Milan o la più recente contro l’Hellas hanno evidenziato che nei meccanismi del Sassuolo c’erano dei buchi clamorosi e, con soli due gol segnati in più del Benevento il reparto offensivo del Sassuolo, è uno dei meno efficienti del campionato. La decisione di esonerare Bucchi da una parte ammetterebbe la precocità della scelta di Carnevali di affidare le redini della squadra a un allenatore molto giovane, e dall’altra, che l’ex attaccante del Napoli ha ancora parecchia strada da fare prima di potersi affermare come allenatore valido per la A. Certo non è un accusa dettata dal rancore di vedere i neroverdi non più quelli di una volta: il Sassuolo ha comunque un intero campionato per risollevarsi e Bucchi ha ancora molti anni per dimostrare il suo valore. Nel post Sassuolo-Verona il tecnico ha risposto alle critiche dicendo “Non posso fare quello che ha fatto Di Francesco” ed è vero, l’ex attaccante non ha la bacchetta magica; ma come il Sassuolo negli anni ha consegnato al grande calcio talenti di illustre valore, allo stesso modo ci si aspettava un epilogo diverso dall’avventura con il nuovo allenatore.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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