Allan 2.0: da brasiliano atipico al centrocampista che tutti vorrebbero

Micaela Catalano
29/12/2017

Allan 2.0: da brasiliano atipico al centrocampista che tutti vorrebbero
Fonte: Twitter

La storia del calcio si accompagna da sempre a personaggi quantomeno “instabili” per quanto concerne valutazioni di campo piuttosto affrettate. In particolare la figura del “brasiliano atipico” è divenuta sempre più dominante nel panorama mondiale del pallone. Questo perché da un giocatore carioca ci si aspettano poche – ma ottime – cose: dribbling, tecnica da vendere, classe, talento, estro e pazzia. Invece, qualche volta il brasiliano giusto arriva ma con caratteristiche diverse (o quantomeno aggiuntive): equilibrio tattico, forza fisica, intensità, corsa. Tutte qualità che Allan Marques Loreiro – meglio conosciuto solo come Allan – possiede in maniera devastante. Migliorato esponenzialmente dopo tanti anni in Italia, Allan è ormai da considerare come uno dei migliori centrocampisti del campionato di Serie A. Un calciatore completo, che sa fare tutto e che vuole farlo, unendo sempre la qualità alla quantità. Per chi osserva dall’esterno, chi gioca ad alti livelli e soprattutto per chi approccia da poco il mondo del calcio Allan può essere un riferimento luminoso e sfavillante in quanto i suoi miglioramenti sono tutti frutto di un lavoro intenso e una certosina crescita mentale. L’applicazione giornaliera ha pagato e il brasiliano si è imposto, finalmente, come giocatore decisivo per le sorti di un centrocampo di una squadra importante come il Napoli.

Tutti i miglioramenti di Allan, il centrocampista che tutti vorrebbero

Che Allan fosse un brasiliano atipico d’altronde lo si era capito sin dall’inizio della carriera, quando nelle prime tre gare ufficiali con il Vasco da Gama rimediò la prima ammonizione e la prima espulsione della carriera. Soprattutto nei primi anni da professionista Allan ha rappresentato quasi unicamente il prototipo del centrocampista rognoso che regge il peso della necessità di difendere la linea difensiva. In mezzo al mix di cartellini e falli tattici s’intravedeva però qualcosa di più: la tecnica di base di Allan non era deficitaria, anzi. Per di più supportata da una discreta progressione in spazi larghi e da un dribbling magari non appariscente ma nemmeno banale. Quelle che potremmo definire “bozze” di un documento che solo adesso sta prendendo forma nella sua totalità lo hanno poi portato in Italia, nell’unico club che in questi anni ha davvero scommesso su una rete di giovani all’estero, muovendo calciatori semi-sconosciuti come fossero scacchi. Da sempre attenta alla valorizzazione di giocatori presi relativamente a basso costo e poi costruiti in casa, l’Udinese preleva Allan nel 2012 per 3 milioni di euro. Un’operazione come le altre che si trasformerà ben presto in un’operazione diversa dalle altre.

Rendez-vous con la Serie A

In parte, la prima gara ufficiale di Allan in Serie A è già indicativa di come il ragazzo rappresenti qualcosa di più di un incontrista con piedi discreti. Il brasiliano esordisce nella nefasta prestazione dei friulani contro i bianconeri più noti, quelli della Juventus: il risultato finale sarà 1-4 per i Campioni d’Italia. Sul risultato di 0-4 l’Udinese riesce a segnare la rete della bandiera con Lazzari, su un’azione che aveva trovato l’imbeccata decisiva proprio tramite Allan. Il centrocampista infatti vede una notevole linea di passaggio verticale dal limite dell’area e con un passaggio preciso serve l’esterno in corsa. Il pallone viene intercettato da Barzagli con ottimo senso della posizione ma il difensore nostrano fa recapitare poi la sfera a Lazzari, che batte Buffon per siglare l’ultima rete della partita.

Il passaggio di Allan – sconosciuto calciatore preso quasi in modalità random dal Brasile – fa proporre all’occhio e alla mente due riflessioni. La prima è che si tratta, a prescindere dalla sua realizzazione, di una bella giocata. La seconda è che un calciatore attento a proporre un’imbeccata del genere non può davvero essere considerato scarso tecnicamente. L’inizio della storia è positivo e lo sarà anche il suo proseguimento: Allan diventa infatti imprescindibile per l’Udinese ma soprattutto per il suo allenatore Francesco Guidolin, colui che per primo ha avuto il merito di credere nel suo talento. Nei tre anni friulani iniziano a sbocciare le qualità principali di Allan, ormai diventato una colonna della squadra: l’interdizione, la falcata, l’aggressività e la capacità di recuperare in tempi brevissimi posizione in campo e palla. La statistica più importante del centrocampista riguarda non a caso quest’ultimo aspetto: nella stagione 2014-2015 Allan diventa il miglior rubapalloni della Serie A, potendo addirittura vantare un 80% sull’accuratezza dei passaggi come rivelato dal sito statistico Squawka. Dopo tre stagioni ad altissimi livelli il brasiliano viene ceduto al Napoli per 12 milioni di euro più il cartellino di Britos e il prestito biennale di Zapata. Il trasferimento in terra partenopea – avvenuto ad appena 23 anni, quindi nel pieno della maturazione calcistica – rappresenterà la fortuna di un giocatore ormai pronto al salto di qualità.

Metamorfosi

Con la maglia dell’Udinese Allan aveva giocato prevalentemente in due posizioni: centrocampista centrale – con compiti quasi esclusivamente distruttivi e raramente dediti all’impostazione – e soprattutto mezzala, il ruolo che più di ogni altro sembra essergli stato cucito addosso. Sarri se ne accorge subito e gli affida immediatamente la fascia di centro-destra della zona mediana nel suo 4-3-3. La prima stagione di Allan al Napoli è un autentico successo: arrivato in sordina come ennesima plusvalenza regalata all’Udinese, il brasiliano dimostra qualità che fanno innamorare il San Paolo e tutti i tifosi azzurri. L’apporto in fase di recupero resta molto importante, così come una tecnica di base decisamente sottovalutata. A questo arsenale Allan aggiunge un’arma importantissima: quella degli inserimenti senza palla. Nel suo periodo all’Udinese il centrocampista aveva siglato soltanto una rete, nell’ultima stagione e solo in Coppa Italia. Nel primo anno azzurro Allan segna invece 3 gol, tutti concentrati nelle prime 6 giornate di campionato, contro Empoli, Lazio e Milan. Sono gol decisivi, che portano punti e morale dopo un inizio poco incoraggiante sia a livello personale che di squadra. In particolare, le reti contro biancocelesti e rossoneri sono indicative sulla qualità del giocatore di saper sfruttare spazi ampi o manovre difensive errate per inserirsi e andare a concludere. Ancor più nello specifico, con il Milan Allan sblocca la partita sfruttando un enorme errore di concetto dei rossoneri. I padroni di casa, che perdono palla durante un possesso difensivo, sono estremamente sbilanciati verso un solo lato del campo. Allan chiama il pallone ad Insigne e si butta nello spazio – una vera e propria prateria – praticamente incontrastato. Tutti sono in ritardo, lui è puntuale e batte Diego Lopez.

Situazione molto simile è quella del gol contro la Lazio: Allan si inserisce in uno spazio lasciato colpevolmente vuoto, Insigne legge benissimo il movimento e regala un passaggio letale al brasiliano. Stavolta il coefficiente di difficoltà aumenta perché tutto parte qualche metro più indietro e la difesa avversaria è comunque schierata (seppur male).

In termini generali la prima stagione di Allan al Napoli è come l’inizio di un upgrade propedeutico a un’affidabilità totale di un sistema. L’ex Udinese gioca quasi sempre, risulta fondamentale nel disegno di squadra e la compagine stessa gli consente di limare alcuni aspetti importanti delle sue prestazioni (la percentuale di passaggi riusciti aumenta fino all’86% e la somma dei cartellini gialli si riduce a 5 in tutta la stagione). Allan sta diventando un grande calciatore, solo che ancora non riesce ad assumere questa consapevolezza.

Transizione

Nella seconda stagione napoletana le prestazioni di Allan – pur restando su livelli accettabili – si differenziano rispetto a quelle della prima. Il brasiliano ritrova la Champions League ma le sue partite sono leggermente più imprecise, la stanchezza arriva prima e gli errori aumentano. Il triplo impegno per antonomasia non sembra giovare al centrocampista, così come non giova l’elemento che rappresenta la vera difficoltà del suo secondo anno partenopeo: quello della concorrenza. Nella stagione 2015-2016 Allan aveva giocato 35 delle 38 partite del Napoli in campionato: per Sarri era indispensabile (lo è anche adesso) ma l’arrivo di Zielinski gli toglie energie, minuti da giocare e qualche volta persino la titolarità. Non è un caso che il brasiliano giochi 29 partite in totale in Serie A, di cui soltanto il 24% nella sua interezza. Ad avvalorare questa tesi arrivano i dati “dalla panchina”: Allan è stato sostituito nel 41% delle occasioni, entrando invece a gara in corso il 34,5% delle volte. Un giocatore che sembrava un punto di riferimento rischiava di spegnersi: Zielinski e Rog potenzialmente vantano una classe maggiore, sono giocatori moderni e sanno fare (quasi) tutto per bene. Qualsiasi altro calciatore avrebbe potuto interpretare tutto questo come l’inizio di un declino. Per Allan è stato diverso: nell’attuale stagione il brasiliano è tornato più forte di prima, imparando a gestire il turnover e migliorando le poche pecche che ancora contraddistinguevano il suo modo di giocare.

Napoli-Inter
Allan e Nagatomo in azione durante Napoli-Inter – FOTO: SSC Napoli

Evoluzione

Il Napoli di Sarri è ormai diventato una macchina quasi perfetta: gioca a memoria, trova passaggi dove altri vedono solo pertugi vuoti, gli automatismi risultano coerenti e oliati. Allan, che è pur sempre uno dei giocatori (in teoria) meno tecnici della squadra, si adegua pienamente a questo tipo di gioco evitando, al tempo stesso, di far mancare quel sontuoso apporto sempre regalato in fase di interdizione. Sotto la guida dell’ex allenatore dell’Empoli – che lo stesso brasiliano ha definito recentemente in un’intervista “uno dei cinque più bravi al mondo” – Allan ricava una sempre maggiore intelligenza tattica unita a un aumento esponenziale della tecnica rispetto al suo arrivo in Italia. Perché è pur sempre vero che giocare con i migliori ti aiuta a diventare migliore, almeno in parte. Così, in questa prima metà di stagione non solo Allan è tornato ad essere il famigerato equilibrator che faceva la differenza a centrocampo ma ha potuto nuovamente timbrare il cartellino, peraltro svariate volte. L’ex Udinese ha già eguagliato il suo record di gol stagionali con il Napoli (e in assoluto) siglando 3 reti gol contro Benevento, Sassuolo e Sampdoria, tutti in gare casalinghe. Ogni rete si contraddistingue nuovamente tramite una delle sue caratteristiche fondamentali, quella dell’inserimento. La quale, però, sembra essersi evoluta: stavolta Allan non detta più il movimento al limite dell’area ma si tuffa all’interno della stessa per ricevere il pallone, evitando dunque di dover percorrere metri palla al piede e rischiare di arrivare meno lucido contro il portiere avversario. Esempio lampante la rete contro il Benevento: palla a Mertens e prontezza (come contro la Sampdoria) nel ribadire in rete la respinta del portiere.

Verdeoro

E la Nazionale brasiliana? Per adesso sembra ignorare Allan, nonostante ai tempi del Vasco da Gama il ragazzo avesse partecipato al Mondiale Under 20 colombiano, vincendolo insieme a tanti giocatori poi diventanti notissimi come Gabriel Silva, Oscar e Willian. Un equilibratore come Allan sarebbe perfetto in un sistema di giocatori tecnici e talentuosi ma poco dediti a un certo tipo di lavoro difensivo, come lo furono prima di lui calciatori quali Dunga, Emerson o Gilberto Silva. La principale differenza rispetto al passato sta però nella tempistica della candidatura: anni fa proporre Allan in Nazionale sarebbe stato l’equivalente del capirne poco di calcio. Adesso, con una Seleção forte ma non fortissima e bisognosa di equilibrio tattico per tornare a prevalere sulle Nazionali europee, il calciatore del Napoli potrebbe davvero far comodo in patria su svariati versanti. La consapevolezza di essere grande – seppur nel suo piccolo – è finalmente arrivata e Allan è divenuto, a tutti gli effetti, uno dei migliori centrocampisti “puri” in circolazione. Altri miglioramenti potrebbero essere dietro l’angolo, così come vittorie e soddisfazioni personali: Allan Marques Loureiro dimostra che spesso Davide può davvero adattarsi allo stile di Golia, per batterlo al suo stesso gioco. E uno come lui, specialmente nel calcio contemporaneo, può e deve fare sul serio la differenza.

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