Calcioscommesse, c’è chi dice no: tentata combine al Chiasso
Dire no si può. Non è un messaggio sociale, ma chi l’ha detto che lo sport non possa essere un mezzo dirompente quanto una campagna pubblicitaria? Basta alzare il naso verso la vicina Svizzera per capire che basta poco per cancellare antichi vizi, che qualche furbetto dell’ultim’ora dipinge come “consuetudini”, e dare uno schiaffo a chi cerca di privare il calcio della sua essenza: la sana competizione. Non accusateci di demagogia: è semplice e sana voglia di riscatto, dopo anni in cui scandali partoriti al telefono, indicazioni scambiate durante incontri in hotel e pressioni indebite hanno purtroppo conquistato le copertine.
Denuncia, senza “Chiasso”
E’ sufficiente superare la Lombardia e raggiungere Chiasso, comune svizzero di 8331 abitanti del Canton Ticino, nel distretto di Mendrisio. E’ qui che è maturata una storia che val la pena di raccontare ai propri figli, gli stessi ai quali i dirigenti e qualche genitore inculcano sin dai primi calci una sola strategia: la vittoria. Che spesso non fa rima con maturazione o crescita. Facciamo chiarezza: la formazione di calcio locale è sesta nella classifica della Challenge League, la serie B svizzera. Dalla stagione 2012-2013 questa lega è composta da 10 squadre, le quali giocano un doppio girone di andata e ritorno, per un totale di 36 partite. Il campionato comincia a luglio e finisce a maggio: facile che qualche squadra senza obiettivi, come il Chiasso di questi tempi, possa essere “interessante” per chi poco lega l’onestà al calcio. Così è stato: nelle scorse ore alcuni tesserati del club, che fa del rosso e del blu i propri colori sociali, sono stati avvicinati da un ex calciatore. Del posto, nome discretamente noto: oggi fa il procuratore. La richiesta? Combinare il match del turno successivo contro il Wii, ultimo in classifica. Nome societario da videogame, ma l’accaduto è (purtroppo) reale.
Esempio italiano
Un monito che risuona fino all’Italia, a dare un segnale: siamo pur sempre ancora il calcio in cui pochi anni Simone Farina, il simbolo della lotta al calcioscommesse, si ritrovava disoccupato e con il rischio di appendere le scarpe al chiodo a soli 30 anni. Non è ancora nota l’entità della proposta, tanto meno la direzione che il procuratore avrebbe voluto far prendere al match. Il “promotore” dell’idea, nei fatti, è stato immediatamente respinto. E non solo. Già, perché tanto i calciatori quanto lo staff tecnico hanno preteso di andare oltre, denunciando il tentativo di combine e la tentata intromissione dei tentacoli del calcioscommesse su una partita della seconda lega del calcio svizzero. La nota di colore, o meglio tricolore? Tra i calciatori del Chiasso ci sono due italiani, il portiere Francesco Russo e il difensore Orlando Urbano, mentre nella dirigenza del club, la cui sede dista 55 minuti di auto da Milano, vecchie conoscenze del calcio italiano sono il direttore generale Nicola Bignotti, ex Genoa e Pavia, e il direttore sportivo Aldo Preite, ex Varese e Como tra le altre. La scelta? Esporre l’accaduto alle forze dell’ordine. Un gesto ordinario, che tra i marosi del calcio degli ultimi anni può diventare straordinario. E d’esempio. Senza dare un prezzo alla propria dignità. E senza fare “chiasso”.
di Luca Guerra