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Serviva la partita perfetta. E così è stato. Il Napoli aveva bisogno di tutto e di più per tenere viva la lotta per uno Scudetto che all’intervallo del turno infrasettimanale sembrava aver preso la via di Torino. Un pareggio non sarebbe bastato, anche perché a livello psicologico avrebbe dato troppo vantaggio a una Juventus sapiente e maestra ad addomesticare rivali e situazioni. È arrivata invece una vittoria nel modo meno sperato. E nel momento meno atteso ma perfetto. Praticamente allo scadere, dopo aver tenuto sempre il pallino del gioco, gli azzurri trovavano il gol su corner, con uno dei pochi che potevano incidere su palla inattiva. Oltre ad Albiol e a Milik, Koulibaly era l’unico ad avere le capacità e l’arroganza per sfondare la Vecchia Signora a casa sua. Un po’ come avrebbe fatto proprio la Juventus. Arrivando da dietro e con un terzo tempo alla Lebron James, il più rabbioso di tutti ha risolto una partita da 0 a 0 come un ladro ingenuo che con un semplice grimaldello scassina una banca. La vittoria azzurra allo Stadium, dove non aveva mai raccolto tre punti, è quell’atto di fede cieca a metà tra il sacro e il profano, con la spinta di un’entità divina a far arrivare il difensore, in quel momento attaccante, a un punto dal quale anche una carezza sarebbe stata un pugno. Non era solamente il meritato premio di una squadra che aveva tenuto meglio il campo, quanto soprattutto il culmine finalmente cinico di una prestazione solida, ordinata, decisa, ma anche e soprattutto espressione di quel gusto estetico tanto caro a Maurizio Sarri.

Colpo di autorità

Spesso accusato di mancanza di carattere o di mentalità vincente, il Napoli ha dato ieri finalmente l’impressione di poter arrivare ai grandi appuntamenti con la maturità e il piglio giusto. E non lo ha dimostrato soltanto vincendo in modo secco e con una giocata sporadica, quanto soprattutto perché ha predicato il suo calcio durante tutta la partita. Fedele al suo 4-3-3 Sarri ha avuto risposte positive soprattutto da Hamsik e ha potuto far ruotare perfettamente Mertens e Milik, entrambi poco incisivi ma comunque parte di un ingranaggio generalmente ben funzionante. La Juventus, forse troppo remissiva per via della schieramento di Matuidi come ala sinistra, può recriminare solamente per il palo colpito da Pjanic su punizione (dopo deviazione della barriera), ma stavolta in casa ha agito da provinciale. Quasi come se fosse impaurita, la squadra di casa non ha quasi mai voluto essere protagonista, e se davanti al proprio pubblico la tua arma principale è un contropiedista come Douglas Costa, allora significa che le cose non vanno poi benissimo.

La sottilissima frontiera tra il pareggio e la vittoria del Napoli è stata varcata con coraggio dalla squadra azzurra, finalmente libera da pressioni e consapevole che serviva l’impresa, che un pareggio non sarebbe servito a niente. Il colpo di autorità del Napoli è lo scatto effettuato da un maratoneta dopo aver preso fiato. Adesso l’equilibrio sul quale faceva affidamento la Juve non esiste più, o è per lo meno molto traballante.

L’ultimo torneo europeo ancora in gioco meritava un finale avvincente. Merito dell’atto di fede di un Napoli che non si è arreso ancora. E spera, come tutta la città dietro di lui.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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