Disfarsi di Piatek
Incredibile ma vero. In meno di un anno il mondo di Krzysztof Piatek si è ribaltato al punto tale che non è da escludere una sua cessione nelle prossime settimane. Una scelta possibile dopo il grande impatto avuto da Zlatan Ibrahimovic nella sua seconda avventura in rossonero.
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E così, mentre la dirigenza del Milan riflette e attende l’offerta giusta, i tifosi sembrano aver già scelto da che parte stare. Meglio affidarsi all’usato sicuro che attendere invano un giocatore che appare il lontano parente di quello prelevato nel gennaio 2019 dal Genoa per una cifra complessiva vicina ai 40 milioni di euro. Chi l’avrebbe mai detto? Nessuno evidentemente. Eppure disfarsi senza tanti rimpianti di lui è più di un’ipotesi di mercato.
ZLATAN IBRAHIMOVIC, GOL IN QUATTRO DIVERSI DECENNI
L’involuzione inaspettata
Prima di analizzare nello specifico i numeri deficitari del cannoniere polacco però, occorre sgombrare il campo da possibili equivoci. Se il Milan di quest’anno, dopo un intero girone disputato, si ritrova lontanissimo dalle prime e distante dalla zona Champions League non può essere soltanto a causa del mancato apporto in fase realizzativa di Piatek. Dividere le responsabilità senza andare alla ricerca di fantomatici capri espiatori potrebbe aiutare a ricercare le reali motivazioni che hanno portato a un simile scenario. Un metodo d’indagine evidentemente desueto. Soprattutto in un Paese caratterizzato dalla spasmodica ricerca di colpevoli da consegnare alla pubblica piazza, nel quale il caso al numero nove rossonero non fa eccezione.
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Implacabile cecchino nel suo primo anno in Italia (concluso a quota 22 reti tra Genoa e Milan), nel corso di questa stagione Piatek si è involuto al punto da meritare la panchina nonostante nella rosa a disposizione di Pioli mancasse un giocatore con le sue stesse caratteristiche. Fortissimo in area di rigore, già in passato gli era stato rimproverato di non partecipare attivamente al gioco della squadra. Più o meno quanto accaduto a Icardi nell’Inter. Nulla è eterno evidentemente. Così quando sono iniziati a mancare i gol, le critiche riguardanti il suo stile di gioco hanno finito per travolgerlo in un vortice di mediocrità dal quale non è più riuscito a venire fuori.
Il paragone con le sue prime uscite in maglia rossonera è al tempo stesso impietoso (6 reti in 7 partite in campionato, più la doppietta al Napoli in Coppa Italia) quanto ingeneroso, perché legato a due tipi di squadre profondamente diverse tra loro per interpreti in campo, circostanze e principi di gioco. Ma i numeri parlano chiaro e raccontano due storie diametralmente opposte. A parità di partite disputate in campionato (18) la differenza di gol realizzati non lascia spazio all’interpretazione (9 contro i 4 stagionali di quest’anno, tre dei quali arrivati su calcio di rigore).
Piatek, il centravanti non più di moda
Le statistiche suggerite da Wyscout supportano la tesi secondo cui è lecito domandarsi se sia opportuno puntare ancora su un attaccante che non riesce a incidere sul rendimento della propria squadra. È diminuita la sua efficacia in zona gol dove la percentuale di tiri in porta è passata dal 47.2% fatto registrare durante il torneo scorso al 34.9% attuale. Ciò si è evidentemente tradotto in un calo del dato relativo agli xG (0.49), oltre che nella media gol segnati (0.28 rispetto a 0.62).
Meno pericoloso in area di rigore e di conseguenza meno in fiducia. In calo anche “dribbling riusciti” e “duelli vinti”. Paradossalmente però cresciuto nel dato riguardante i passaggi portati a termine che raggiungono l’81.1% del totale. Leggero miglioramento che certifica le mutate consegne tecniche richieste nella ricerca del dialogo con i compagni. Più partecipe dunque, tendenza che a conti fatti ha snaturato il suo istinto primordiale. Piatek ha spesso sofferto di solitudine in area di rigore, soprattutto nei due Milan targati Giampaolo e Pioli. Terminale ultimo di un modulo che prevedeva un attaccante centrale e due esterni d’attacco.
Occorre sottolineare tuttavia come il tecnico pescarese avesse provato ad affiancargli un compagno di reparto, senza però ottenere effettivi miglioramenti. L’avvento di Ibrahimovic sembra aver suggerito il passaggio al 4-4-2. Al fianco dello svedese però la scelta è ricaduta su Rafael Leao, meno statico del polacco e più a suo agio negli spazi. Probabilmente non sapremo mai se gli effetti all’apparenza miracolosi dettati dal nostalgico ritorno al Milan di Ibra, avrebbero destato dal torpore anche l’opaca versione del Piatek di questa stagione. Il dubbio resta, senza importare più di tanto a quanti pensano che disfarsi di lui non sia tutto sommato una così grande rinuncia.
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