ESCLUSIVA – Castan: “Vi racconto il cavernoma. Fui cercato da squadre inglesi, grato a Dio per essere tornato”
Non capita di rado che il mondo del pallone viva, indirettamente o meno, storie al limite dell’assurdo o del tragico, che infondono rabbia e dispiacere negli occhi di chi guarda e nel cuore di chi le vive. Anche se terminata con un lieto fine, la storia calcistica di Leandro Castan – forte difensore brasiliano, attualmente al Vasco da Gama – lascia un retrogusto amaro in bocca per come tutto si è fermato all’improvviso. Nel momento più bello della sua esperienza, un grave infortunio e poi un travaglio enorme. Prima di un meritato ma (forse) solo parziale riscatto.
Proprio Leandro Castan ha voluto raccontare, in esclusiva per noi di Contrataque, le difficoltà vissute dopo la scoperta del cavernoma al cervello. Ma anche le sfide vinte successivamente, l’importanza della famiglia e il desiderio di regalarsi un finale di carriera maiuscolo. Perché il calcio dona sempre una seconda chance, soprattutto a cui – come lui – la merita davvero.
ESCLUSIVA – Leandro Castan si racconta: il cavernoma, la riabilitazione, il futuro
Innanzitutto, la cosa che più conta in questo momento: come stai, sia come atleta che come uomo?
“Certamente è un periodo molto difficile a causa di questo virus che purtroppo è arrivato anche in Brasile, siamo tutti un po’ in apprensione, però stiamo tutti bene per fortuna. Anche qui il calcio è fermo e speriamo che prima possibile si possa tornare alla vita di sempre”.
La tua carriera è inevitabilmente segnata da quello che avvenne in quel maledetto Empoli-Roma del 2014. Puoi raccontarci, nel dettaglio, cosa accadde a partire durante quel match?
“Quella è stata la mia ultima partita ‘vera’ con la Roma. Non ho sentito nulla di strano alla testa, ma solo un crampo alla gamba…avrei voluto tornare in campo a fine prima tempo, ma Maicon mi ha consigliato e convinto a fermarmi visto che dopo 3 giorni ci sarebbe stato il nostro esordio in Champions League. Il giorno dopo a casa iniziarono i giramenti di testa…e poi tutto quello che sappiamo”.
Il male di cui hai sofferto ti è stato annunciato poco dopo. Come ti sentito al momento della notizia? E qual è stata la reazione che si è generata in te?
“Quando ho appreso la notizia è stata una bella botta, dentro di me speravo che non fosse così grave. E’ stata sicuramente la notizia più brutta che ho ricevuto nella mia vita. Era anche il momento più bello della mia carriera, stavo molto bene fisicamente, avevo appena rinnovato il contratto con la Roma, ma soprattutto è stato molto difficile accettare di avere qualcosa al cervello…nel calcio siamo abituati a ginocchia o gambe. Passavano i giorni ed iniziavo anche a stare male fisicamente con problemi di stomaco e perdita di peso, insomma un momento davvero difficile”.
La parte più difficile immaginiamo sia stata quella della riabilitazione post operatoria. Al di là dell’aspetto fisico, come si affronta una fase del genere a livello emotivo?
“La riabilitazione è stata molto difficile dal punto di vista emotivo, sentivo di non riuscire a tornare quello di prima. Sono molto credente e in quel momento mi sono avvicinato ancora di più a Dio, che mi ha dato la forza di andare avanti e di superare quel momento”.
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Con grandi sforzi e con enorme abnegazione sei tornato a giocare a calcio. Hai seguito un tipo di lavoro o preparazione particolare? Cosa ti ha dato maggiormente la forza per questo rientro a livello motivazionale?
“Grazie a Dio sono tornato a giocare. Dopo l’intervento ho giocato solamente 6 partite con la Roma perché ho capito tardi che avrei dovuto fare una preparazione diversa e nuova per questo tipo di infortunio. Mi sono affidato ad altri specialisti per capire cosa fare per tornare come prima. Purtroppo quelle 6 partite hanno macchiato la mia esperienza a Roma”.

Crediamo sia innegabile ammettere come il cavernoma al cervello abbia tolto al campionato di Serie A (e al calcio in generale) il Castan migliore della sua storia calcistica. Sabatini quando ti prese ti paragonò a Piqué del Barcellona. Credi che senza questo infortunio saresti riuscito a emergere come top mondiale nel tuo ruolo?
“Sono sempre molto orgoglioso di quello che sto facendo e di quello che ho fatto. Purtroppo mai nessuno saprà dove sarei potuto arrivare senza quell’infortunio. È successo tutto in un momento bellissimo, dove ero un difensore della Nazionale brasiliana e titolare di una grande Roma, molte squadre inglesi avevano iniziato a cercarmi”.
Hai parlato spesso dell’importanza che hanno avuto la tua famiglia – in particolare tua moglie – e la Fede durante i momenti di difficoltà. In virtù di questo, che tipo di consiglio daresti alle persone che hanno sofferto del tuo stesso problema e che ancora ne soffrono?
“Come ho sempre detto la mia famiglia e Dio sono stati sempre vicini a me. Il consiglio che do a tutti è quello di non mollare mai e stare vicino alla famiglia e a Dio perché la Fede è una cosa che può fare cose meravigliose, anche se tutto va male la Fede ti fa vedere le cose che veramente contato nella vita”.
In carriera hai giocato bene, vinto tanto, vestito maglie importanti. Ora sei pronto per lottare ancora. Pensi che Leandro Castan abbia ancora tanto da dare al calcio? E, soprattutto: credi che il calcio abbia ancora qualcosa da dare a te? O, magari, da restituirti?
“Ho 33 anni e ancora 2 anni e mezzo con il Vasco che attraversa una situazione molto difficile in Brasile, sta provando a rialzarsi nel campionato brasiliano e assomiglia molto alla mia storia, voglio lasciare dei segnali importanti qui. Non so cosa mi può dare il calcio ancora, già mi ha dato tutto quello che ho e non posso essere quello che può chiedere ancora qualcosa al calcio. Il mio sogno è quello di vincere qualcosa qui, andare in America e magari tornare in Europa”.