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Paul Pogba è un giocatore fenomenale, uno dei centrocampisti più forti del mondo. La sua bio sportiva ha toccato solo club di alto livello, ma a 27 anni, il francese non ha ancora trovato il suo locus amoenus. Pogba infatti non è felice al Manchester United, dove negli anni l’unica costante che ha avuto sono stati gli alti e bassi. Per questo, Pogba e la tattica sono diventati due concetti indissolubili, l’uno legato all’altro.

Conte, Allegri, Dechamps, Mourinho, Solskjaer, persino Alex Ferguson. E ognuno di loro ha lasciato qualcosa di diverso nel centrocampista francese, soprattutto nel suo modo di giocare. Per questo la chiave di lettura di Pogba va ricercata nel suo GPS tattico, nelle posizioni dove i vari manager hanno scelto che giocasse.

Alla Juventus il top

Arrivato nel 2013 a Torino, l’allora semisconosciuto Pogba ha dovuto lottare per una maglia da titolare. Nell’anno del primo Allegri, addirittura, la Juventus – che arrivò in finale di Champions – aveva un centrocampo unico nel mondo: Pirlo, Pogba, Vidal, Marchisio, tutti a un livello personale con pochi precedenti.

Nel 2015, ultimo anno juventino di Pirlo, per i tifosi bianconeri questa coppia ha rappresentato il passaggio di consegne nelle chiavi del centrocampo della Juve.

In quella Juventus Pogba ha giocato soprattutto come interno di centrocampo, spesso anche nel ruolo di regista in assenza di Pirlo. La sua muscolarità e la grande visione di gioco lo hanno da subito distinto come un centrocampista molto completo. E così, a Torino, Pogba ha vissuto con molta libertà di azione nella manovra offensiva.

Pogba nella Juventus è stato un tuttofare del centrocampo, ma soprattutto, quel giocatore sopra la media che costruiva da solo un’intera manovra. Strappi, accelerazioni, sgroppate box to box: da centrocampista centrale Pogba ha avuto modo di fare emerge tutto il suo talento. In particolare, Allegri lo ha definito una mezzala multitasking, essenziale nei ripiegamenti difensivi ma dirompente nel portare fuori il pallone. Non a caso, quella posizione gli è stata congeniale anche per la zona-gol. Nell’ultima stagione alla Juve Pogba ha segnato 8 gol e servito 10 assist, numeri importanti. Con Allegri, da mezzala, Pogba ha potuto inserirsi in quella striscia di campo prediletta per la sua balistica stupefacente, ma anche ideale per servire passaggi chiave ai compagni in area.

La tattica al Manchester, quanti problemi …

José Mourinho non ha mai digerito i talenti indisciplinati, chiedere a Mario Balotelli. Eppure, a differenza di SuperMario, Pogba è stato pagato 100 milioni di euro dal Manchester United per riaverlo dalla Juve, e dunque, il francese ha dovuto necessariamente avere un ruolo e una considerazione diversi. Mourinho ha quasi sempre giocato con il 4-2-3-1 o in alternativa con il 4-3-3, e in entrambi i casi, Pogba ha giocato come interno. Ma il problema nell’esperienza all’Old Trafford – dove comunque, al primo anno, è andata molto bene – è stata proprio la sua considerazione. Pogba era ed è un giocatore esuberante, ma per Mournho, le sue qualità erano più essenziali in un contesto “normale”: in altre parole, non credeva che il suo talento potesse essere così utile in proiezione offensiva.

Pogba

Fonte: Twitter

Il suo compito al Manchester di Mourinho fu di smistare palloni, sacrificarsi nelle coperture, lavorare per la diga difensiva impostata dal tecnico portoghese. Questo è sfociato in molte lamentele e frecciate da parte di Pogba nei confronti del suo manager. Il ruolo di Pogba tatticamente non è cambiato molto – ha lavorato sempre in relazione con almeno un altro partner – ma le sue mansioni si. Per questo ci sono stati pochi gol: nove la prima stagione, appena sei nella 2017/2018. Solo con Solskjaer è avvenuto il tanto sperato boom inglese.

L’allenatore norvegese ha rinvigorito il talento di Pogba affidandogli più libertà nella manovra, avanzandolo più verso la porta. In pratica, Solskjaer lo ha spostato dalla mediana alla trequarti, alternandosi in campo fra il centrocampo e una linea più avanzata. E non è stato un caso che alla fine i gol sono stati 13 solo in Premier League in 35 presenze. Inoltre, le prestazioni di Pogba erano migliorate a vista d’occhio, e addirittura, era arrivato a uno score di cinque partite consecutive fra gol e assist nel tabellino.

La Francia e il mercato

In tutto ciò non va dimenticata l’esperienza con la Francia, che per ora, è stata la più redditizia. La vittoria del Mondiale è finora il più grande riconoscimento ottenuto da Pogba in carriera. Deshamps lo ha disciplinato, lo ha fatto sentire come Mourinho non è riuscito: un pezzo forte ma parte di un gruppo. Le sue doti erano state devote a un lavoro di contenimento e di semplice transazione dalla difesa all’attacco, ma per Pogba, in quel contesto, questo compito funzionava benissimo. Mou lo voleva più schiacciato dietro, e inoltre, non aveva studiato un metodo efficace per fa si che il francese fosse seguito dai compagni nelle operazioni offensive. Con la Francia, invece, Pogba era molto più tutelato.

Adesso che l’effetto Soslkjaer ha smarrito la magia e lo United è tornato in una fase di criptiche difficoltà, Pogba stesso si è incupito. Diversi infortuni, poche parole, meno fatti sul campo. Sarà anche per questo che il Real Madrid è piombato su di lui, e Zidane, da sempre primo estimatore, lo vuole nella sua linea a tre al Bernabeu. Il francese verrebbe di corsa, ma c’è anche una tentazione chiamata Juventus, con quei ricordi nostalgici …

 

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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