Pierluigi Torregiani nella realtà: che fine ha fatto

Pierluigi Torregiani nella realtà: che fine ha fatto

La storia di Pierluigi Torregiani risale ai cruenti Anni di Piombo, ed è stata raccontata nel film Ero in guerra ma non lo sapevo, in arrivo su Rai 1.

Ero in guerra ma non lo sapevo è un film diretto da Fabio Resinaro (già autore, assieme a Fabio Guaglione, di Mine e Dolceroma) tratto dall’omonimo libro di Alberto Torregiani e Stefano Rabozzi, che racconta la storia dell’omicidio del padre del primo dei due autori, il gioielliere Pierluigi Torregiani.

Il film, prodotto da Luca Barbareschi e con Francesco Montanari protagonista, è uscito a gennaio al cinema e sarà stasera in tv, nell’anniversario dell’omicidio di Torregiani, uno dei tragici eventi dei cosiddetti Anni di Piombo.

Pierluigi Torregiani: la storia vera

I fatti reali a cui si ispira il film risalgono al febbraio 1979. Pierluigi Torregiani possedeva una gioielleria in zona Bovisa, a Milano, in via Mercantini, vicino all’incrocio con piazza Bausan, e viveva poco distante. Aveva una moglie, Elena (Laura Chiatti, nel film), e tre figli, tutti adottati. Partecipava inoltre, talvolta, alle televendite di gioielli sull’emittente locale del Varesotto Antenna 3.

Nel primo pomeriggio di venerdì 16 febbraio 1979, Torregiani venne ucciso davanti alla sua gioielleria da un agguato dei PAC (Proletari Armati per il Terrorismo, un piccolo gruppo terrorista di estrema sinistra). Prima di morire, aveva estratto la pistola ed era partito un colpo, che aveva ferito gravemente suo figlio Alberto, che si trovava con lui, e che da quel momento sarebbe rimasto paraplegico.

L’omicidio fu rivendicato dai PAC con un volantino, in cui si spiegava che Pierluigi Torregiani era stato ucciso in quanto “ultimo esempio di repressione di comportamenti illegali proletari, giacché il problema è cercare di impedire che la piccola criminalità finisca sotto l’egemonia della grande malavita storicamente intrallazzata con il potere del capitale”. Circa un mese prima, il gioielliere era incorso in un’altra sparatoria in un ristorante di Porta Venezia, durante la quale lui e un amico avevano reagito al fuoco, contribuendo alla morte di due persone.

Le indagini condussero a identificare gli autori materiali dell’omicidio: si trattava di Giuseppe Memeo, Gabriele Grimaldi e Sebastiano Masala. In contemporanea, i PAC avevano compiuto un altro omicidio in Veneto, quello di Lino Sabbadin (un macellaio che aveva risposto col fuoco a una rapina), a cui invece partecipò il discusso terrorista Cesare Battisti.

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