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Dumbo è un film del 2019, versione live action del celebre classico d’animazione della Disney del 1941. Quali sono il significato e la morale del film?

La sua storia è da sempre una delle più affascinanti del cinema per bambini e ragazzi, e non è un caso se pochi anni fa la Disney abbia deciso di realizzarne un remake. Il Dumbo originale è infatti un classico dell’animazione datato 1941 e diretto da Ben Sharpsteen, ma nel 2019 ne è stato realizzata una nuova versione in live action (cioè con attori in carne e ossa, e con il celebre elefantino volante riprodotto attraverso la grafica digitale), per la regia di Tim Burton. In realtà, però la storia nasce su carta, come un racconta scritto da Helen Aberson e illustrato da Harold Pearl. Nonostante gli anni continuino a passare, però, la storia dell’elefantino volante continua a riscuotere successo, e questo anche per la grande storia che racconta, perfetta per il pubblico più giovane.

Rispetto al classico animato degli anni Quaranta, il film di Tim Burton sposta indietro l’ambientazione, dal 1941 al 1919. Ci sono altre piccole differenze tra le due storie, che nel remake live action da maggiore risalto ai personaggi in carne e ossa, in particolare a Holt Farrier (Colin Farrell) e ai suoi figli, oltre che a Colette Marchant (Eva Green), tutti creati da zero per il film. Cambia anche il finale, dato che la pellicola di quasi 80 anni fa terminava con Dumbo che scopriva il successo e riusciva a diventare una star. Nella versione del 2019, invece, alla fine l’elefantino volante decide di abbandonare la vita del circo, per andare a vivere tranquillo e beato nella giungla assieme alla madre. Nonostante questo, però, il messaggio generale del film resta più o meno lo stesso, e la sua forza e i suoi insegnamenti, ieri come oggi, sono ancora validissimi.

Dumbo qual è la morale

Dumbo è sostanzialmente una storia sulla discriminazione e l’emarginazione, ma insegna anche reagire e imparare ad accettare noi stessi per ciò che siamo. L’elefantino protagonista nasce infatti con due orecchie decisamente più grandi del normale, che lo rendono molto particolare e gli causano attenzioni indesiderate e prese in giro da parte degli altri. Non a caso il suo nome, in inglese, suona come la parola “dumb”, che significa “stupido”, ed è generalmente usata come insulto. Il messaggio originale del film Disney è quello di non arrendersi né farsi abbattere, e di trasformare i nostri presunti difetti in punti di forza. Dumbo scopre infatti di poter usare le sue orecchie gigantesche per volare, imparando a fare una cosa che di norma dovrebbe essere preclusa agli elefanti come lui. Il finale del film del 1941 è molto in linea coi tempi di allora: grazie a queste orecchie, Dumbo ottiene il riscatto che cercava, riesce a essere accettato dagli altri e si conquisterà il successo nel mondo del circo.

Nel 2019, Tim Burton supera questa morale, o meglio la riadatta a tempi più recenti: l’accettazione non deve arrivare dagli altri, ma bensì da noi stessi. Dumbo non si realizza più ottenendo l’approvazione altrui, ma segue una via diversa, scegliendo anzi una vita lontano dalla fama ma vicino alla famiglia. Il messaggio è tipico del cinema di Tim Burton, che spesso a raccontato le storie dei cosiddetti “freak”, emarginati dalla società per via del loro aspetto fisico, che per il regista statunitense rappresenta sempre un punto di forza e originalità, e non una debolezza. Il confronto con il successo è un altro tema ricorrente del suo cinema, come avviene ad esempio in Edward Mani di Forbice: la questione, in questo remake, è che l’aspetto di Dumbo può essere sfruttato da alcune persone, come l’impresario Vandevere, per arricchirsi. In poche parole, l’avvertimento è di non cadere nel tranello opposto dell’emarginazione, ovvero nella ricerca continua dell’approvazione altrui, che è poi un altro modo in cui si rischia di negare ciò che siamo. Questo nuovo messaggio del Dumbo del 2019 è anche figlio di un cambio di prospettiva della società in generale verso il circo, in particolare all’utilizzo di animali, rispetto alla versione del 1941. Più in generale, possiamo guardare al film come a una critica del mondo dello spettacolo (cinema compreso), che invece nella pellicola animata veniva celebrato per come aiutava il protagonista a ottenere il riscatto che cercava.

Valerio Rossari

Nato a Novara nel 1989, è il curatore del blog Pallonate in Faccia, ha scritto per Vice Italia e Rivista Undici, e collabora con la rivista digitale Linea Mediana.