Skip to main content

Il significato profondo de L’attimo fuggente, uno dei film più amati con Robin Williams, diretto nel 1989 da Peter Weir e ancora oggi ritenuto un grande classico

Pochi film hanno influenzato l’animo di studenti e insegnanti come L’attimo fuggente, capolavoro di Peter Weir (Witness – Il testimone, The Truman Show) con un Robin Williams in una delle sue interpretazioni più iconiche e apprezzate. L’attore statunitense interpreta un giovane professore di letteratura dai metodi didattici poco convenzionali che, negli anni Cinquanta, arriva in un prestigioso collegio maschile del Vermont. Considerato uno dei film più commoventi di sempre dall’American Film Institute, L’attimo fuggente è film di formazione, che mette al centro il rapporto tra studenti e insegnanti, e quindi tra adolescenti e adulti, collocandolo in un periodo storico molto particolare e significativo. L’ambientazione del collegio maschile dipinge uno scenario piuttosto severo e repressivo, in un 1959 in cui la cultura giovanile sta esplodendo e iniziano a emergere nuove forme di ribellione e di ricerca di libertà e di una propria identità. Il professor Keating è colui che riesce a mettere in contatto questi ragazzi con il mondo della poesia, che diventa valvola di sfogo ma anche di affermazione personale, spesso una soluzione al disagio delle proprie severe vite famigliari.

Non a caso, l’America degli anni Cinquanta è quella plasmata dagli scrittori e dai poeti innovativi e anticonformisti della Beat Generations, come Jack Kerouach, Allen Ginsberg, William S. Borroughs e Charles Bukowski. Anche se non necessariamente citati nel film, l’eco di questo mondo culturale in rivoluzione pervade il film, che infatti ha come titolo originale The Dead Poets Society. Il senso più profondo del film si ritrova però nel suo titolo italiano, molto meno allegorico e più esplicito, cioè appunto L’attimo fuggente.

L’attimo fuggente: il senso profondo del film

Il riferimento è alla cosidetta filosofia del Carpe Diem, ripresa da una locuzione latina che significa letteralmente “afferra il giorno”, ma che generalmente viene tradotta con “cogli l’attimo”. È questo il messaggio che il professor Keating vuole trasmettere ai suoi studenti, quello di vivere la vita prendendone il meglio e vivendo appieno i proprio sentimenti. Cercare di essere ciò che si vuole e non ciò che gli altri vorrebbero da noi. In particolare i genitori, come quelli del protagonista Neil Perry, il cui padre lo vorrebbe medico, mentre Neil scoprirà di voler diventare attore, e il brutale diniego paterno di questa possibilità, nonostante l’evidente talento, spingerà il ragazzo al suicidio. Il finale è ovviamente molto amaro. Gli insegnamenti innovativi di Keating, che incitano i ragazzi a inseguire i propri sogni, vengono repressi duramente dal collegio, che allontana il professore e lo incolpa di aver spinto Neil al suicidio. Charlie, l’unico che si ribella alle accuse contro l’insegnante, viene espulso. Ma nell’ultimo incontro tra Keating e i suoi studenti, i ragazzi gli tributeranno un addio chiamandolo “Capitano, mio Capitano“, citando una famosa poesia di Walt Whitman.

Valerio Moggia

Nato a Novara nel 1989, è il curatore del blog Pallonate in Faccia, ha scritto per Vice Italia e Rivista Undici, e collabora con la rivista digitale Linea Mediana.