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Nietsche una volta disse che l’innovazione parte sempre da una destrutturalizzazione, da un momento di decostruzione e di azzeramento del presente e, inevitabilmente, del passato. Il Cholo Simeone ha dimostrato in estate di essere un allenatore con gli attributi affermandosi nuovamente sulla panchina dell’Atletico Madrid quando le imopsizione legislative avevano immobilizzato le azioni di calciomercato dei Colchoneros e le uniche entrate rispondevano a nomi già noti. Luciano Vietto è stato forzatamente trattenuto a Madrid dopo la discreta annata al Sanchez Pizjuan e come record individuale può vantare di essere attualmente l’unico giocatore in rosa a non essere stato nella rosa dei Rojiblancos nella scorsa stagione. L’Atletico tuttavia si è consolato con l’inaugurazione del Wanda Metropolitano, il nuovo impianto decisamente lontano dal centro di Madrid ma in ogni caso più moderno, accogliente e attrezzato del romantico ma vissuto Estadio Vicente Calderon. Considerando il trasloco nell’impianto di San Blas-Canillejas, l’immobilismo forzato nel mercato estivo e si, le voci che vorrebbero sia Simeone che la star Antoine Griezmann lontano da Madrid, la stagione 2017-2018 può essere un vero e proprio anno 0 per i Colchoneros.

Atletico da capo

L’ultima volta che l’Atletico è stato costretto a ricominciare era il 2011 e per giunta lo fece in medias res, con l’attuale allenatore Diego Simeone ingaggiato a dicembre dalla dirigenza del presidente Enrique Cerezo, ancora oggi in carica e vincitore di quello che può definirsi il miglior ciclo della storia dell’Atletico Madrid: con il Cholo in panchina l’Atletico ha conquistato una Liga, una Supercoppa di Spagna, una Europa League, una Supercoppa Europea e ben due finali di Champions League. Con Simeone l’Atletico ha avuto tanto e vorrebbe dare tanto a un allenatore che è andato oltre gli stimoli e i sogni di gloria, opponendosi a ogni impedimento che andasse contro il bene del suo club – e negli anni ce ne sono stati e come – tanto che pure quest’anno ha deciso di rimanere firmando nello scorso giugno il rinnovo fino al 2020. Tuttavia la garanzia del tecnico argentino sta per scadere e il suo vitalismo in panchina rischia di diventare unricordo a fine stagione. Memorie come probabilmente potrebbero essere le cornette telefoniche dopo un gol di Griezmann, visto che sono arrivati alcuni segnali preoccupanti dal francese che tuttavia, come il suo allenatore, ha giurato una professionale fedeltà all’Atletico non abbandonando la squadra quando gli altri si rinforzavano. In tutto il suo percorso con la camiceta dei Colchoneros sono 62 i gol in 120 presenze: la media è tanto facile da calcolare quanto impressionante è il rapporto con il gol dell’attaccante francese, in Liga terzo miglior giocatore dietro a Messi e Ronaldo. Un eventuale addio di Griezmann non sarebbe sinonimo di totale disagio tecnico visto il ritorno in campo di Diego Costa a gennaio e l’investimento degli almeno 100 milioni che arriverebbero per la cessione del talento della Loira. Soldi che sarebbero subito reinvestiti in giocatori di distinto valore che accetterebbero volentieri un posto nella squadra che oggi, insieme ai migliori club europei, è una delle migliori aziende sportive. Una squadra che anche se dovesse fare a meno dei suoi uomini chiave come Simeone e Griezmann, le mele più mature dell’albero, ci sarebbero comunque frutti molto maturi come il nino de la casa Saul Niguez, el Flaco Godin, il centrocampista Koke, uno dei migliori portieri d’Europa quale Oblak e appunto, il già citato Diego Costa. Per l’Atletico questa formazione va bene, non c’era bisogno di ulteriori stravolgimenti in estate, solo che qualche rinforzo in attacco – ottava squadra per gol fatti in Spagna con 16 reti – e un po’ di qualità tecnica a centrocampo non avrebbero guastato. Tra l’altro, una volta preso confidenza con la panoramica del Wanda Metropolitano la squadra ha assorbito a tutti gli effetti i benefits del nuovo stadio, che ad oggi ha portato all’Atletico solo risultati positivi ad esclusione del 2-1 di ottobre contro il Chelsea in Champions League. Qualità e stadio, progetto e ambizione: i punti di forza del nuovo Atletico potrebbero essere già in casa.

Zitti tutti, siamo solo alla tredicesima

Nonostante i discorsi su cessioni, reimpostazioni e anni 0 l’Atletico è in corsa per alcuni dei suoi obbiettivi stagionali nonostante il momento calcistico per Simeone e soci non sia del tutto entusiasmante. Chi l’avrebbe mai detto che una squadra dalla difficile nomenclatura come il Qarabag avrebbe potuto fare due punti contro l’Atletico in Champions League, e in più, che il Chelsea non brillante di quest’anno fosse addirittura la prima squadra ad espugnare il Wanda. Tutti messaggi europei che indicizzano l’andamento dell’Atletico sotto la voce in difficoltà e che stanno mettendo a repentaglio il cammino internazionale della squadra di Simeone. Un organico che ha dovuto fare di necessità virtù e con più o meno la stessa rosa dell’annata passata è comunque a buon punto in campionato, e se non fosse per un problema di sensibile sterilità offensiva l’Atletico sarebbe potuto pure essere davanti ai cugini del Real, oggi sopra per la differenza reti. L’Atletico infatti nelle ultime partite ha palesato dei noiosi disagi in zona gol, eppure le qualità offensive sommariamente ci sono: Griezmann e compagni hanno segnato attualmente 16 gol, una delle squadre che se si prendono i club partecipanti alla Champions League in prima e seconda fascia è inferiore a quasi tutte per reti fatte (per intendersi, il City ne ha fatti 38, la Roma 21, lo United 23, il Lipsia 18). Per sottolineare la gravità del momento si può anche enfatizzare il fatto per cui l’Atletico nelle ultime cinque partite in Liga abbia segnato solo 5 gol, e di conseguenza i 9 punti raccolti sono un bottino altrettanto esiguo. Attualmente in quarta posizione, l’Atletico Madrid può dirsi presente in Champions League anche nella prossima stagione e per Simeone, viste le difficoltà in Champions, si potrebbe delineare un interessante cammino in Europa League qualora l’ex Coppa dei Campioni rigettasse come terzi i Colchoneros: nel secondo trofeo europeo potrebbe andare fino in fondo. Esclusa oggettivamente la corsa per la Liga – il Barcellona è a livello di risultati uno schiacciasassi, il Real è il Real e quest’anno anche il Valencia sembra voler fare la voce grossa – l’Atletico Madrid deve abbassare la testa e capire che il suo sistema di gioco, seppur a tratti efficiente e pragmatico, non è più nel suo locus, non ha più la dimensione giusta per potersi realizzare ai livelli che lo hanno esaltato come sistema vincente. Simeone può ancora ottenere dei risultati importanti ma l’atteggiamento ora non basta più: l’Atletico è probabilmente vicino a un cambiamento tecnico radicale dopo quasi sei stagioni ma il presente urge un’assistenza e un’innovazione, adesso.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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