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Chiudere un cerchio spazio – temporale alla perfezione non è cosa da tutti. Lorenzo Insigne ci è riuscito, invece, facendo scorrere il fil rouge della sua maturità calcistica da Udine fino ad Udine, dove oggi torna dopo tredici mesi, dopo quella doppietta che lo svegliò dal torpore di inizio stagione e lo ha spinto ad arrivare dove si trova adesso, in prima linea a tracciare il cammino del Napoli. Da quell’appoggio facile sotto porta all’arabesco sparato nel sette contro lo Shakhtar Donetsk il numero 24 azzurro non solo ha inanellato una serie di prestazioni convincenti a base di gol e assist, ma si è innalzato a leader assoluto e finalmente maturo di una squadra che con lui cerca la sublimazione di un gioco di squadra che meriterebbe un premio importante. Mai più partito dalla panchina, dove aveva seduto col capo chino dopo una partenza di stagione poco convincente, Lorenzo ha iniziato il cursus honorum da capitano in pectore degli azzurri, con quella fascia di capitano che indossa solo quando Hamsik lascia il campo ma che in realtà è come se l’avesse tatuata sul braccio sinistro, consapevole che è arrivato il momento che sia un napoletano a comandare il Napoli.

Abnegazione, maturità e spettacolo

Lasciamo stare i numeri. Contare gol e assist è un esercizio meccanico da calcio moderno, del quale Insigne fa parte e del quale recita i comandamenti ogni volta che torna indietro a dare una mano in difesa. Ma in questo modo si ridurrebbe il tutto alle statistiche. Ciò che invece rende memorabili gli ultimi tredici mesi del folletto napoletano è la sua abnegazione, figlia di una comprensione dell’importanza del suo ruolo, oltre i gol e gli assist, dei quali è comunque depositario nei momenti più chiusi di una partita. Ed è proprio lì che Insigne ha effettuato lo scatto decisivo: quando sullo 0 a 0 contro lo Shakhtar è andato a cercare l’incrocio dei pali con quel tiro che spesso prima non gli riusciva non soltanto ha tenuto in vita gli azzurri in Champions, ma ha dato loro uno scossone pesantissimo, facendo capire agli sparuti tifosi presenti al San Paolo che anche un Napoli rabberciato potesse continuare a giocare come sapeva, cercando il gol attraverso la bellezza.

Messo da parte da Ventura, Insigne cerca la ribalta internazionale con la sua squadra di cuore. Da Zeman a Sarri, a 26 anni è finalmente maturo per prendersi quello che vuole. In barba al suo metro e 64, al vento del Nord e alle circostanze avverse. Ripartendo nuovamente da Udine. Perché poi dopo c’è la Juventus.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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