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“La Triestina è stato e continua ad essere un mio grande amore, grazie a nonno”. Parole di Andrea Petagna, che con l’Atalanta ha trovato grande visibilità e ha recuperato anche un rapporto che sembrava essersi un po’ perso con Gian Piero Gasperini. Merito del gol alla Fiorentina di domenica scorsa. Il tecnico degli orobici aveva un po’ punto nell’orgoglio il giocatore, il cui lavoro di sacrificio per la squadra risulta sempre prezioso, a scapito però della prolificità sotto porta.

Petagna e l’amore per la Triestina

Oggi a ‘La Gazzetta dello Sport’ Petagna parla invece di tutt’altro. Di quando da ragazzo andava ad ammirare la Triestina di Godeas, Moscardelli ed Aquilani. “È stato grazie a mio nonno Francesco che ho scoperto il mio amore per la squadra e per il calcio. Lui approdò sulla panchina del club nel 1971, purtroppo mi manca una maglia di quei tempi ma mi sono rimaste tante fotografie. So che allora comprò anche i palloni”. Il 22enne nativo proprio di Trieste vorrebbe sentire da chi ha vissuto con suo nonno sul campo che tipo di persona fosse. E parliamo di gente come Fabio Capello, Osvaldo Bagnoli, Edy Reja…”A 5 anni lo persi, ma se amo la Triestina e se ho cominciato a giocare a calcio è tutto merito suo. I miei non volevano, temevano che mi potessi portare dietro la scomoda etichetta del raccomandato. Per questo sono passato alle giovanili del Milan. Ma lì c’era lo stesso rischio, visto che nonno aveva giocato con Cesare Maldini nei suoi dieci anni alla Triestina. Ed il papà di Paolo è stato un simbolo tanto per gli alabardati quanto per i rossoneri”. Petagna conclude: “Se sapesse che ora sono un calciatore professionista andrebbe fiero di me”.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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