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Yepes

Anche Mario Yepes, a 40 anni, decide di dire addio al calcio giocato: storia del leader assoluto di una Nazionale colombiana che anche grazie a lui è tornata ad alti livelli.

40 anni a volte li senti, anche più del dovuto. Nello sport, poi, è sempre facile capire quando arriva il momento di dire basta, nonostante la voglia di andare avanti. Mario Yepes ha provato ad evitare questo momento per lungo tempo ma, alla fine, anche lui ha dovuto piegarsi al destino di un’età che avanza inesorabile. Ma lasciare tutto non è sintomo di debolezza, quando alle spalle hai contribuito ad ergere grattacieli di caparbietà.

Una carriera da giramondo, quella di Yepes: nove squadre totali, tre italiane. Gioco rude ma non cattivo, personalità da vendere, carisma inestimabile. Yepes non è mai stato un top nel suo ruolo ma ha rappresentato un punto di riferimento per chi nello sport ha scelto la strada dell’insistenza e non quella dell’arrendevolezza. Il Bel Paese come una seconda casa: il Chievo che lo ripesca dopo una carriera che ormai sembra arenarsi al PSG, la seconda giovinezza che lo impone al Milan come elemento di sicuro e costante affidamento in un periodo non brillante per il club rossonero, la stagione all’Atalanta per chiudere senza troppi affanni. Prima ancora tante presenze e attestati di stima tra River Plate e Nantes e i trofei che di certo non sono venuti a mancare (saranno 8 in totale in carriera). Silenzioso, affidabile, apparentemente schivo, umile come ad inizio avventura. Impossibile non immedesimarsi in un calciatore che ha rappresentato qualcosa ovunque egli abbia giocato.

L’amore più grande, inevitabilmente, è quello per la Nazionale: più di 100 presenze da guida inestimabile per i talenti più giovani, da faro dello spogliatoio e della nazione. Indimenticabile e commovente il suo famoso discorso ai compagni prima del match, poi vinto, valevole per gli ottavi di finale del Mondiale 2014 contro l’Uruguay: il rispetto per la patria e per sé stessi, il dovere di fare la storia nonostante gli altri, la necessità di emergere per portare alla ribalta un paese troppo spesso trascurato e nell’ombra. Nelle parole di Yepes c’è tutto quello che dovrebbe essere un capitano: leader, padre, condottiero imperterrito verso un traguardo che mai dev’essere irraggiungibile. Mario Yepes si è ritirato e mancherà molto al calcio e, in maniera piuttosto palese, non potrà far altro che mancare a tutti i veri appassionati di questo splendido sport. Una disciplina che, se presa di petto e senza ipocriti tentativi di strumentalizzazione, può rappresentare davvero un patrimonio enorme per ogni singola anima. In campo restano le imprese e, soprattutto, resterà per sempre la garra di un Mario Yepes destinato ad essere un leader anche nella vita di tutti i giorni.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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