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Dario Hubner, ex  attaccante di Piacenza e Brescia si è concesso ai microfoni di Contrataque e ci ha raccontato il suo calcio, quello che in passato lo vedeva protagonista in Serie A e non solo e che oggi insegna ai suoi ragazzi da mister. Da Baggio a Pirlo passando per i difensori più forti degli anni ’90, al problema stranieri in Primavera. Dario Hubner racconta il suo passato e ammette: “Vedendo Pellè e gli altri, ora potevo giocarmi un posto in Nazionale”.

Dario Hubner, una nuova vita

Dario Hubner, classe 1967, arrivato a 30 anni in Serie A, 143 presenze in Serie A e 74 gol, adesso fa il mister. I suoi ragazzi come la vedono?

Ma sai, oggi con Internet, con Youtube so che si sono informati e hanno guardato dei filmati in giro.

Il difetto più grande del nostro calcio è quello di non saper guardare troppo bene tra gli italiani, siamo accusati di esterofilia.

Abbiamo più pazienza con i giovani stranieri che non con i giovani italiani. Offriamo più possibilità a quelli che vengono da fuori che non ai nostri. Il grande problema di oggi è questo. Se un giovane italiano fa qualche presenza e le sbaglia è finito, per uno straniero si può trovare sempre la scusa che si deve ambientare, per cui diciamo che c’è questa mentalità, oggi che funziona così. Hanno più chance, senza ombra di dubbio.

Il fatto però che non nasca più un talento assoluto dalle nostre parti è imputabile solo a questo?

Guarda, ti rispondo in maniera semplice, se si guarda a come 10-15 anni fa erano composte le primavere di Serie A e Serie B e controlliamo il numero di italiani e stranieri e le paragoni con quelle di oggi ti accorgi che all’epoca su 1000 ragazzi 900 erano italiani; oggi su 1000 giocatori ce ne sono 200 italiani. Un italiano fa fatica ad uscire, la percentuale è molto bassa. Una volta la primavera del Brescia era piena di italiani oggi invece no, è più difficile uscire.

Capitolo Nazionale

Lei recentemente ha dichiarato in un’intervista che il rammarico più grande della sua carriera è stato quello di non aver giocato in Nazionale. Farebbe comodo un attaccante come Dario Hubner ad Antonio Conte? Giocherebbe titolare?

Ma sai, comodo non saprei. Titolare ai miei tempi sicuramente no. Facendo un paragone: alla mia epoca c’erano tanti attaccanti di valore per cui era difficilissimo arrivare in Nazionale. Per questo mi sarebbe piaciuto fare un’amichevole, dieci minuti, una presenza in Nazionale volevo farla, poi ripeto per fare un Mondiale o fare un Europeo c’erano tanti attaccanti che avevano molte più possibilità di me. Anche se devo ammettere che oggi non c’è più quella scelta ampissima che c’era 15-20 anni fa. Oggi me la sarei giocata senza alcun problema. Ai miei tempi Vieri, Montella e tanti altri in Italia e non mi erano superiori. Con tutto il rispetto se penso ai Pellè e via dicendo me la sarei potuta giocare, soprattutto guardando a quello che ho fatto in Serie A e cosa hanno fatto loro.

L’Italia dove può arrivare ad Euro 2016?

Penso che l’Italia possa fare bene ad Euro 2016 se sposa lo spirito del mister Conte. Se pensiamo di andarcela a giocare con gli altri sotto il profilo tecnico troveremo delle difficoltà. Se invece scenderemo in campo con quella grinta e quella determinazione tipica dell’allenatore possiamo far bene. Bisogna pensare di vincere con la grinta e la voglia, se cerchiamo di portare a casa il risultato con la tecnica dobbiamo capire che ad oggi questa è un po’ passata. Dobbiamo puntare sulla corsa e l’agonismo. Mi auguro che il gruppo Juve tenga, non si infortuni nessuno anche perché una squadra ha bisogno di uno zoccolo duro e di un gruppo che si conosca bene, con la mentalità giusta possono far bene. Speriamo che i Buffon e i Barzagli tengano duro.

L’idolo del fantacalcio

Hübner e il Fantacalcio, lei è stato, ed è tutt’ora, l’idolo di una generazione di fantallenatori. Ha mai avvertito questa cosa, se sì come.

Quando giocavo no. Adesso che ho smesso vedo molte persone che quando mi incontrano mi salutano e mi dicono “Eri il mio giocatore tipo al Fantacalcio. Costavi poco e rendevi più di tutti”, è sicuramente una gran soddisfazione. Costare poco e rendere tanto è quello che vorrebbero fare tutti.

Lei era soprannominato Tatanka, Bisonte, come mai attaccanti di stazza (Gomez, Dzeko) faticano così tanto nel nostro campionato?

Un po’ si fatica perché oggi il calcio è un po’ cambiato, una volta specialmente tra i centrali di difesa e gli attaccanti c’era più scontro, più forza fisica, il gioco di spalla ci stava. Al giorno d’oggi non dico che sia un calcio da ragazzine, perché non lo è, però ci sono concessioni e certi falli che sembra di giocare a pallacanestro: quando tocchi uno è subito fallo, se ne fai due in fila becchi il rosso. Quindi il centravanti di oggi deve essere veloce, bravo tecnicamente, non è più un attaccante di stazza che deve giocare spalle alla porta. Stessa cosa anche per i difensori, una volta dovevano essere alti e potenti, adesso devono soprattutto essere veloci.

I migliori

Quali sono stati i difensori avversari più arcigni e con cui ha riscontrato maggiori difficoltà?

Quando giocavo io ogni domenica ce ne era uno. Stam, Nesta, Maldini, Costacurta, Thuram, Cannavaro, Montero, Aldair e tanti altri. Beh quello che mi ha sempre impressionato tantissimo era Nesta perché era bravo, ti anticipava toccando la palla senza dover per forza scivolare. Lui non ti toccava nemmeno e non ti faceva veder la palla. Era pulito.

Il giocatore più tecnico con cui ha mai giocato?

Ce ne sono stati tanti. Io dico sempre che sono stato fortunato e sfortunato ad aver giocato con Roberto. Fortunato perché ho avuto il piacere di giocarci insieme e vedere delle cose che solo lui era in grado di saper fare; sfortunato perché l’ho incontrato a 35 anni come me con degli acciacchi, non ho visto il vero Baggio dal vivo ma in televisione. Per me il più forte giocatore con cui ho giocato è stato Andrea Pirlo, l’ho visto nascere come calciatore, a 18 anni era proprio un fenomeno. Dico lui perché da ragazzino era davvero fenomenale.

Il miglior allenatore?

Ho avuto tanti allenatori bravi, indicarne uno come il più bravo non sarebbe semplice. Ognuno di loro mi ha dato qualcosa in particolare, Mazzone e Sonetti avevano personlità, Novellino era tattico, Guidolin ci dettava i movimenti della zona. Per cui ho cercato di imparare da loro qualcosa, anche perché credo che l’allenatore perfetto non esista.

di Stefano Mastini

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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