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DANI ALVES UOMO CHAMPIONS – Mentre lo stupendo mosaico del Camp Nou accoglie Barcellona e Juventus sul prato verde più vittorioso dell’ultimo decennio, un uomo calca l’erba con la solita allegria nel viso ma visibilmente emozionato all’interno. Lo stesso uomo, una volta terminati i saluti di rito con l’undici titolare rivale, si dirige verso la panchina che fu sua durante otto lunghi anni per dare il cinque a uno a uno a coloro che la occupavano, incurante che l’arbitro Kuipers stesse fischiando l’inizio dell’incontro. L’uomo in questione risponde al nome di Dani Alves, che al sentire il suono del fischietto corre all’indietro invece che in avanti, per occupare finalmente il posto che gli spetta, quello di terzino destro della Juventus. Il ritorno del brasiliano al Camp Nou coincide con la qualificazione dei bianconeri alle semifinale di Champions a discapito della sua ex squadra. E se la squadra di Allegri ha raggiunto la maturità definitiva in parte è anche merito del numero 23, che a quasi 34 anni corre ancora come un ragazzino ma soprattutto non perde mai il sorriso. Il che lascia insinuare un dubbio provocatorio: che sia Alves il vero uomo Champions degli ultimi anni e non Messi o Iniesta?

Dani Alves, professionalità e rendimento costante

Alcuni calciatori, soprattutto brasiliani, spiccano per illuminare la scena con arabeschi, colpi di genio e giocate da circo per un numero limitato di anni che vanno da un minimo di tre/quattro (vedi Ronaldinho) a un massimo di sette/otto (vedi Kakà e Ronaldo il Fenomeno). Dani Alves fa eccezione. E non perché si tratti di un ligio scolaretto tutto casa e allenamento che non sconfina in comportamenti istrionici o non si dedichi alla bella vita. Tutt’altro. Il terzino destro della Juve è un mattacchione nato e ogni sua conferenza stampa è uno show a sé stante. Eppure la sua professionalità è unica e il suo rendimento è costante dal 2006 a questa parte, ossia da quando iniziò a far parlare di sé nel Siviglia che avrebbe vinto due Coppa Uefa di seguito. Inizialmente tappato in nazionale da un Maicon che sulla fascia destra dell’Inter di Mancini prima e Mourinho poi tracciava solchi profondissimi coi tacchetti, il nativo di Juazeiro, in provincia di Bahía, è stato però uno dei grandi protagonisti del Barça di Guardiola. Era lui, infatti, il miglior socio di Leo Messi sia per scambi ravvicinati d’alta classe sia per gli svariati assist che gli forniva di domenica in domenica e le sue prestazioni erano sempre all’altezza, nonostante difendere non fosse davvero il suo forte.

Seria spensieratezza

La sua grande dote, invece, era proprio la sua indole allegra e scanzonata che gli faceva vedere il calcio sia dal punto di vista ingenuo del ragazzo sia dall’angolo concreto dell’uomo. Divertirsi lavorando o lavorare divertendosi i suoi credi. E dopo il mondiale 2010 anche l’out destro della Canarinha è stato suo, mentre una serie di rinnovi al Barça lo rendevano uno degli uomini più indispensabili in assoluto. Tra una risata e un’altra Alves rispondeva sempre, sia in sala stampa
sia in campo, alternando numeri da giocoliere (ricordiamo un tunnel a Cristiano Ronaldo nella semifinale di ritorno della Champions 2010-11 poi vinta dal Barça) a gol straordinari (come dimenticare la bomba contro il Real Madrid in coppa del Re dell’anno 2011-12) ma palesando soprattutto un attaccamento alla maglia e un senso del dovere unici. Fino all’addio dell’estate scorsa per incomprensioni con la dirigenza, che ora fatica a trovarne il sostituto adatto.

Dani Alves vero uomo Champions

Dalla stagione 2007-08 (allora con la maglia del Siviglia) Alves non solo ha disputato ben 97 incontri di Champions League bensì è arrivato fino in fondo alla competizione per due volte, disputato tre semifinali e due quarti di finale. Così, mentre si appresta a giocare le semifinali per la quarta volta nella sua carriera, il terzino brasiliano, a 34 anni, si guarda indietro e si scopre uomo Champions. Al di là della conquista o meno della Coppa dalle grandi orecchie da parte della Juve, risulta evidente che Alves rappresenta la continuità storica di questa competizione, anche perché ha ottenuto un risultato importante con un’altra squadra e non con la macchina perfetta blaugrana orchestrata per far rendere alla perfezione il Principe Messi. Dani, a differenza dell’argentino, è più un simpatico giullare, sornione e frenetico, ma che ha sempre compiuto il suo dovere e si giocherà, a fine carriera, la possibilità di vincere una Champions con una squadra che non la alza al cielo da 21 anni. In quanti potrebbero dire lo stesso? Probabilmente nessuno.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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