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La vita di un calciatore non è sempre tutta rosa e fiori. Di certo non lo è stata quella di Nuri Sahin, che sembrerebbe aver ripreso soltanto in questa stagione ciò che era suo di diritto: il posto da titolare nel Borussia Dortmund. Dopo quasi sei anni di alti e bassi le ultime prestazioni del turco hanno riempito di gioia i sostenitori gialloneri, che adesso si godono il loro gioiello, forse rigenerato ed ingolosito dalla voglia di vincere.

Sahin e le sue montagne russe

Tutto è cominciato durante l’estate del 2011 quando decise di accettare la chiamata dell’allora allenatore dei Galacticos José Mourinho. Per lui sembrava essere l’occasione della vita, quasi come quel famoso treno diretto verso la consacrazione che passa soltanto una volta. Ma non è così: il centrocampista scalda spesso la panchina e viene surclassato dai suoi compagni di reparto. La parentesi spagnola si chiude in anticipo, proprio come le valigie del protagonista, stavolta imbarcate nel volo diretto a Liverpool. Un anno dopo si confronta con il calcio inglese, sfacciato e poco tattico, forse un mondo troppo diverso per le sue caratteristiche tecniche. Le difficoltà ambientali, causate anche dal nuovo stile di vita, vengono anche sottolineate dalle statistiche (7 presenze ed 1 gol) che lo costringono nuovamente a cambiare aria. Un’altra stagione, un’altra squadra, ma stavolta si tratta di un ritorno: Nuri torna nella sua Dortmund alla corte del maestro che l’ha lanciato, Jurgen Klopp. Con lui ritrova fiducia e continuità, perse durante le esperienze precedenti in Spagna ed Inghilterra. Il club della Ruhr ritrova il suo enfant prodige per l’estasi dei suoi sostenitori, gli stessi che l’avevano visto muovere i suoi primi passi nel calcio che conta. Segna, si sbraccia e lotta: compiti che vengono apprezzati dal club, fortemente convinto di riscattare il giocatore. Dopo l’era di Normal One (soprannome dato in seguito a Klopp per la sua umiltà) arriva un altro pioniere del gioco offensivo e teutonico ricco di rischi non sempre calcolati: Thomas Tuchel. 3-4-1-2, 4-3-3 ed infine il 3-1-2-4 i moduli provati dal tecnico, abbastanza spregiudicati per il centrocampista abituato ad impostare e creare dalla metà campo in su con meticolosità. Nuri, confuso dalle nuove idee calcistiche, viene relegato in secondo piano fino ad avere al suo fianco un allenatore di totale stampo Cruijffiano : Peter Bosz. Il tecnico lo coccola e diventa presto una pedina fondamentale della sua scacchiera. La fiducia viene ripagata sul campo: il numero 8 diventa il faro della mediana, illumina la squadra verso i tre punti e colleziona prestazioni più che convincenti facendo registrare una media superiore al sette in quasi tutti i match giocati. La competizione non lo spaventa, poiché di nuovo consapevole dei propri mezzi. Il figliol prodigo sembra aver ritrovato la sua seconda casa.

di Giovanni Benvenuto

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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