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Mancano oltre due mesi al ripristino della modalità doppio impegno per le squadre europee, al di là delle diverse emozioni che suscita disputare la Champions League rispetto all’Europa League. Tra entrate, sensazioni, prestigio e stimoli è chiaro che esiste un divario spaventoso tra l’Europa di Serie A e quella di Serie B, nonostante mai come quest’anno siano retrocesse dalla Champions compagini di nome come l’Atletico Madrid, il Borussia Dortmund e il Napoli, che fanno compagnia all’Arsenal, un club che per oltre quindici anni ha vissuto notti continentali solo il martedì e il mercoledì. Eppure, soprattutto per quanto riguarda la squadra di Maurizio Sarri, occorre fare una precisazione: puntare all’Europa League è sì un dovere ma per il momento non è un impegno sostenibile per una serie di fattori che potrebbero mutare nei prossimi sessanta giorni ma che, almeno per ora, alleggeriscono gli azzurri dall’obbligo morale di provare a vincere una coppa sulla carta alla loro portata.

In primis perché il Red Bull Lipsia è uno dei peggiori avversari che potesse capitare nei sorteggi per i sedicesimi di Europa League e in quel momento avrà da poco ripreso a giocare in campionato, il che potrebbe far arrivare i tedeschi molto più freschi al doppio appuntamento. Ma non solo per quello.

La sola candidata al titolo

Riallacciandoci nuovamente alla premessa di un possibile cambio di equilibri da qui a due mesi, la motivazione principale per la quale il Napoli non è un serio candidato alla vittoria dell’Europa League è la scarsa adeguatezza della sua rosa nel reggere due competizioni. In molti direbbero che tre anni fa il Napoli di Rafa Benitez, con potenzialità sicuramente inferiori, aveva raggiunto le semifinali ed era stato eliminato anche per un grave errore arbitrale. Eppure questa tesi resterebbe zoppa per un semplice motivo: quel Napoli non lottava per lo Scudetto, anzi sarebbe finito quinto a fine maggio. Ed è proprio nella sua condizione di candidato al titolo in Italia che il Napoli trova il suo impedimento principale a trionfare in Europa League. È ovvio che è impossibile prevedere lo scenario di febbraio, ma la squadra di Sarri è l’unica tra le big che militano nei principali campionati europei ad essere ora al vertice della classifica con concrete possibilità di crederci, anche se in questo momento sta vivendo una flessione. Ad un solo punto dall’Inter, gli azzurri sono in una condizione totalmente diversa rispetto all’Atletico Madrid, terzo ma a sei punti dal Barcellona, per non parlare dell’Arsenal, quinto a diciassette punti dal City, e del Borussia Dortmund, ottavo a tredici lunghezze dal Bayern Monaco.

L’obbligo di scegliere

Con una situazione del genere, dunque, anche un paio di acquisti funzionali al 4-3-3 di Sarri – il quale comunque è solito inserire nuove pedine con molta calma – non sposterebbero gli equilibri di un Napoli che fino a marzo non potrà contare su Ghoulam e Milik, il primo insostituibile e il secondo fondamentale per le rotazioni e un’alternativa di gioco diversa in punta. Dato questo contesto e considerato il logorio fisico che contraddistingue giocare l’Europa League il giovedì sera, le sue trasferte estenuanti e il poco tempo per preparare le partite, il Napoli si troverà di fronte a una scelta importante. Meglio rincorrere il bis di quella un tempo chiamata coppa Uefa o continuare a tentare di trasformare in realtà il sogno di un terzo Scudetto che in tanti anelano da ventisette anni? Se la prima è una competizione da onorare improvvisando, la seconda è una traiettoria studiata e gloriosa, nella quale Hamsik e compagni hanno preso la rincorsa da tanto, troppo tempo, per non continuare a sperare. E per continuare a volare dovranno lasciare con sé un po’ di zavorra, anche se si chiama Europa League.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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