Skip to main content

Nel 1992 Lina Wertmuller ha regalato al cinema italiano Io speriamo che me la cavo, film che ha adattato il romanzo di Marcello D’Orta. Film divenuto cult, con protagonista Paolo Villaggio. Una commedia senza tempo, da vedere e rivedere.

Io speriamo che me la cavo è il titolo del film con Paolo Villaggio ma qualcuno nella pellicola dice effettivamente questa frase? La risposta è sì e di seguito spieghiamo quando accade e cosa vuol dire.

LEGGI: Io speriamo che me la cavo, che fine hanno fatto i bambini

Io speriamo che me la cavo chi lo dice

Marco Tullio Sperelli è un maestro elementare che si ritrova per errore a insegnare presso la scuola De Amicis di Corzano, in provincia di Napoli. Puntava però a mettere piede a Corsano, con la “s”, nella sua Liguria.

Il trasferimento non sarà però così rapido e nel frattempo l’uomo imparerà a fare i conti con una realtà ben differente dalla sua. Arriverà a superare i propri preconcetti, comprendendo lo stile di vita dei suoi studenti e delle rispettive famiglie. L’arte di arrangiarsi è al centro della trama, che vede tutti i giovani studenti apprendere qualcosa dal maestro, che a sua volta apprende molto da loro.

Uno dei bambini, però, rappresenta un caso ben più difficile degli altri. Il suo nome è Raffaele e da tempo ha detto addio alla propria infanzia. Il mondo lì fuori è crudele e lui vuole crescere in fretta, divenendo un tipo di persona violenta e criminale, così che nessuno possa imporgli nulla o fargli un torto. Sempre meglio attaccare che correre il rischio di mostrarsi vulnerabili.

Io speriamo che me la cavo - Scena finale

Un po’ come accade con Robin Williams e Matt Damon in Will Hunting, il maestro gli mostra come possa in realtà fidarsi di lui. Alla fine del film Sperelli parte per tornare al nord ma viene intercettato giusto in tempo da Raffaele. Il ragazzo gli consegna il suo tema: “Ci ho provato. Perché la scuola la schifo ma a voi no”.

LEGGI: Io speriamo che me la cavo dove è stato girato: location

Il treno inizia a muoversi e il maestro inizia a leggere: “Io la parabola che preferisco è la fine del mondo, perché non ho paura in quanto sarò già morto da un secolo. Dio separerà le capre dai pastori, uno a destra e una a sinistra. Al centro quelli che andranno in Purgatorio. Saranno più di mille miliardi, più dei cinesi. E Dio avrà tre porte. Una grandissima, che è l’Inferno. Una media, che è il Purgatorio. E una strettissima, che è il Paradiso. Poi Dio dirà ‘Fate silenzio tutti quanti’. E poi li dividerà. A uno qua e a un altro là. Qualcuno che vuole fare il furbo prova a mettersi di qua ma Dio lo vede e gli dice ‘We, addo’ vaje’. Il mondo scoppierà, le stelle scoppieranno, il cielo scoppierà. Corzano si farà in mille pezzi. I buoni rideranno e i cattivi piangeranno. Quelli del Purgatorio un po’ ridono e un po’ piangono. I bambini del Limbo diventeranno farfalle. Io, speriamo che me la cavo”.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno