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Un toro da Pamplona. Storpiando il ritornello di una delle hit musicali più ascoltate dell’estate, ci si accorge che il ritorno in Italia di Salvatore Sirigu non poteva che passare attraverso il club della città capitale storica della corrida, almeno fino a qualche anno fa. Laddove oggi è possibile assistere a una corrida soltanto durante le celebrazioni per la festa di San Firmino (6-14 luglio), famosa soprattutto per l’”Encierro”, la folle corsa davanti ai tori che attira ogni anno turisti e appassionati da ogni parte del mondo. Dalla Navarra al Piemonte dunque – dopo l’annunciata retrocessione in Segunda Division dell’Osasuna (penultimo a quota 22 punti nell’ultima Liga) – alla ricerca della consapevolezza perduta dopo le ultime due stagioni sottotono, trascorse spesso in panchina e lontano dalle luci della ribalta. Un’occasione ghiotta per il Torino, rimasto orfano di Hart, che ha deciso di puntare sulla voglia di riscatto dell’ex vice Buffon in Nazionale, protagonista con il PSG di stagioni ricche di successi. Bacigalupo, Sentimenti IV, Castellini, Garella, Marchegiani, Bucci, fino ai più recenti Gillet, Padelli, Hart. Tradizione e blasone per una maglia mai banale, spesso causa principale di fallimenti imprevisti, come nell’ultimo caso del portiere della Nazionale inglese, rientrato al Manchester City senza troppi rimpianti dopo una stagione tutt’altro che esaltante. Fisico, tecnica, personalità. Cosa serve a un portiere per fare la differenza e restare nel cuore dei tifosi granata? L’impressione è che la bravura da sola non basti a conquistare la fiducia di un ambiente difficile da interpretare ma al tempo stesso caloroso come pochi, che ha accolto l’arrivo di Sirigu con grande soddisfazione.

Salvatore Sirigu: con il Torino verso il Mondiale?

Fisico imponente (1,92 per 80 kg), il sardo classe ’87 è sempre stato considerato un predestinato sin dagli esordi, ma ha avuto bisogno di tempo per dimostrare a pieno il proprio valore, passando per una lunga serie di prestiti prima di conquistare la maglia da titolare nel club che aveva creduto in lui, il Palermo di Zamparini e dell’allora direttore sportivo Rino Foschi. Il caso ha voluto che “Walterino” – soprannome che Guidolin gli aveva affibbiato per via della somiglianza con Walter Zenga – trovasse la sua consacrazione in serie A proprio grazie alla felice intuizione dell’ex Uomo Ragno, tecnico rosanero nella prima parte della stagione 2009/2010. Un’ascesa vertiginosa che l’avrebbe portato, due anni più tardi, a far parte dell’ambizioso progetto del PSG di Ancelotti e Leonardo. 190 partite in Ligue 1, 30 presenze in Champions League, 4 titoli di campione di Francia consecutivi, 2 Coppe nazionali, 3 Supercoppe e altrettante Coppa di Lega. Eppure il bagaglio di esperienza accumulata e i tanti trofei conquistati non sono bastati a Sirigu per vincere fino in fondo i pregiudizi di chi lo considera un eterno secondo, una soluzione di ripiego, invece che una prima scelta assoluta. Personaggio talvolta scomodo dal carattere spigoloso e modi diretti, Sirigu ha suo malgrado pagato dazio quando il PSG gli ha contrapposto il portiere tedesco Trapp, in quello che un po’ a tutti gli addetti ai lavori è sembrato un vero e proprio ammutinamento sportivo. Una concorrenza solo apparente quella tra i due, destinata a terminare con l’inevitabile addio del primo, voglioso di ritrovare spazio e motivazioni dopo quanto accaduto. Ma se la scelta di Siviglia è da catalogarsi a posteriori come un errore di valutazione, quella impopolare di accettare l’Osasuna pur di non perdere confidenza con i pali, dimostra una volta di più la voglia di riprendersi quanto smarrito all’improvviso. Dopo sei anni all’estero, quello che torna in Italia è certamente un altro rispetto al ragazzo in rampa di lancio ammirato in Sicilia, più maturo e consapevole dei propri mezzi, fortificato dalle ultime vicende, chiamato ad assolvere un compito per nulla semplice. Sull’altra sponda di Torino, ritroverà Buffon, idolo d’infanzia, collega in Nazionale, la stessa che Sirigu vorrà riconquistare nell’anno del Mondiale in Russia.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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