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Quello che si temeva potesse accadere alla fine non è successo. L’Arsenal si è sì privato di Alexis Sanchez, ma non è rimasto sprovvisto di un campione, sostituendo il fenomeno cileno con un’altra icona di carattere mondiale. Henrix Mkhitaryan è stata la pedina di scambio che Wenger ha preteso affinchè il nino maravilla si trasferisse anzitempo all’Old Trafford, permettendo al nemico Mourinho di assicurarsi l’ex ala del Barcellona prima di un’asta al rialzo con il City e chissà quante altre squadre. L’arrivo all’Emirates del trequartista armeno è un’interessante operazione che permette ai Gunners di non uscire totalmente impoveriti da questa finestra di mercato che in Premier League da un lato sta per consegnare a Conte un nuovo bomber (Dzeko dalla Roma) e dall’altra ha visto la partenza del miglior giocatore di Klopp (Coutinho andato al Barcellona). Wenger ha sostituito un campione con un altro, traslando sottotraccia la linea marketing dell’Arsenal dall’ovest all’est del mondo e spostando nel bacino del Mar Nero il già noto brand. Apparentemente banali, questi discorsi in realtà nascondono un intrinseco valore economico, un aspetto che Wenger ha sempre tenuto d’occhio e che negli anni lo ha eletto a manager tuttofare dei Gunners. Addirittura si vocifera che l’unico bullone che lo tenga saldo sulla panchina dell’Emirates sia quello dell’accorta gestione pubblicitario-finanziaria. Quella di Mkhitaryan è stata una delle magliette più vendute allo United e l’Arsenal portandolo “in casa” ci ha sicuramente guadagnato anche in termini di immagine. Ovvio che l’interesse che si crea attorno all’armeno sia di estrema rilevanza anche in campo tecnico-tattico, dato che il giocatore in questione, lungi dagli ultimi mesi da red devil, è stato uno dei trequartisti più gettonati delle ultime sessioni di mercato.

Mkhitaryan in penombra

Oltre ad essere uno dei grandi nomi dell’èlite di top player gestita da Mino Raiola, Mkhitaryan è stato principalmente uno degli eroi del Borussia Dortmund di Klopp nella cavalcata alla finale persa a Wembley nel 2013. Da lì in poi l’ascesa sul piano internazionale dell’armeno si è conclusa con l’ultima tappa di Manchester dove quest’anno, nei primi mesi, sembrava potesse esplodere come il miglior giocatore nel ruolo di trequartista dopo un anno di alti e bassi. Infatti, la potenza tecnica che lo United si è ritrovato ad avere con Lukaku, Pogba, Mkhitaryan e Martial (nonchè Rashford e Lingard) fosse ultra sofisticata per un gioco essenzialmente di contenimento e ripartenza qual è quello di Mourinho. Di fatto, l’elemento Mkhitaryan si è evoluto in due anni da campione annunciato a investimento fallimentare, con alcuni giudizi dello stesso Mourinho che non hanno lasciato scampo alla bocciatura dell’armeno dopo 42 milioni di euro investiti.

Gli errori commessi in questa stagione sono costati all’armeno l’etichetta di “pedina di scambio”, scelto da Mourinho da sacrificare per arrivare a Sanchez. FONTE: DBN Africa

Ma essenzialmente cosa è stato Mkhytarian al Manchester United? Ci sono stati lampi di genio, colpi da maestro che certificano un talento di base rarissimo, eppure, al pari di poche prodezze, si legano anche una condotta caratteriale da rivedere e un atteggiamento in campo intollerabile per i parametri della Premier League. Per l’ex Borussia Dortmund l’ultimo periodo ha reso l’esperienza di Manchester qualcosa di superficialmente negativo: nelle statistiche si leggono in realtà 41 presenze e 11 reti nella stagione scorsa, che per un trequartista sono un buon bottino. Quest’anno a tante avvincenti premesse non sono corrisposti dei risultati soddisfacenti e le prestazioni, sempre più insufficienti, hanno costretto Mourinho a rimuoverlo dai titolari. Certo, il portoghese ha dovuto fare a meno dei suoi preziosi assist (dai cinque della scorsa stagione ai già 6 di quella corrente) e di un giocatore che ha fatto della rapidità di pensiero e della precisione i suoi colpi forti.

Un nuovo gioco, una nuova sfida

L’Arsenal che troverà Mkhitaryan sarà una squadra totalmente differente dal sistema “mourinho” di intendere il calcio. I Gunners, seppur un po’ appannati, esprimono un gioco frizzante e molto più focalizzato sull’aspetto offensivo che specificatamente e meticolosamente difensivo. E, infatti, i risultati stanno condannando la squadra di Wenger. Eppure la scelta di Mkhitaryan è un’ottima soluzione, perchè se con l’abbandono di Sanchez si perde molto in velocità e in potenza fisica – il dinamismo del nino maravilla è indiscutibile – tuttavia Wenger ci guadagna in visione di gioco. Mkhitaryan infatti è una gran risorsa in termini di ampiezza e orizzontalità:

La Heat Map di Mkhitaryan contro il Benfica del 31 ottobre scorso: l’armeno è praticamente ovunque in campo e non conosce precisi limiti di ampiezza

In ambito tecnico, la sua prolificità in quanto ad assist (40 in carriera, ben 10 nella stagione benedetta a Dortmund) e la propria bravura nel saltare l’uomo sono un marchio indistinguibile che si porta dietro dai tempi di Donetsk. Quello che tuttavia lo ha corrotto allo United è stato forse anche la convivenza con gli altri compagni della regione offensiva, dove la concorrenza era parecchio alta e la pressione in campo era troppa: il risultato è stato morale sotto i tacchetti e alienazione interna nello spogliatoio dei Red Devils. Ciò nonostante all’Arsenal la situazione sarebbe ben diversa. Indipendentemente dai risultati, in questa stagione Wenger si è sostanzialmente poggiato su due trequartisti, oltre che su una poco solida difesa a tre, che erano in teoria Ozil e Sanchez con Lacazette unica punta. Mkhitaryan andrà a incastrarsi proprio nel buco vuoto lasciato dal compianto Sanchez affiancando quello che per stipendio è il secondo miglior giocatore della rosa di Wenger, vale a dire  il tedesco ex Real Madrid; in ambito di caratteristiche tecniche l’armeno somiglia più al compagno Ozil, meno veloce e dinamico del cileno, anch’egli in una stagione il cui legame sentimentale col club è in fase di profonda crisi. Il neo arrivato predilige un gioco in cui essenzialmente il pallone circoli velocemente e ci sia una studiata occupazione sul campo degli uomini, così da poter trovare più facilmente i compagni e acquisire col tempo l’effettiva padronanza del nuovo ruolo.

Come già detto, oltre che commerciale, il significato di Mkhitaryan all’Arsenal ha anche un senso necessariamente pratico, con una rosa che un po’ tramortita dall’effetto-abbandono di Sanchez (e di Walcott) trova nell’ex United una perla di talento in cerca di rivincita personale: quella che dopo il fallimento nell’ultima stagione di Klopp a Dortmund non è riuscito a trovare nella gestione di Mourinho a Manchester.

 

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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