Viareggio 1969 storia vera: il rapimento Ermanno Lavorini nella realtà

Viareggio 1969 storia vera: il rapimento Ermanno Lavorini nella realtà

Viareggio 1969 è un docufilm di Rai 3 che ripercorre la vera storia del rapimento del giovanissimo Ermanno Lavorini. Ecco cosa successe nella realtà.

Il docufilm prodotto dalla Rai Viareggio 1969 tratta la vicenda di Ermanno Lavorini, il primo caso di rapimento di un minore in Italia, che tenne tutto il paese col fiato sospeso, ma che rappresenta anche il primo esempio contemporaneo di distorsione della realtà attraverso i media.

Viareggio 1969 è diretto da Claudio Pisano e scritto da Giovanni Filippetto, Maura Nuccetelli e Leonardo Araneo, coprodotto da Mario Rossini per RED FILM con RAI Documentari e Luce Cinecittà e il contributo di Rai Teche. Dopo la trasmissione di questa sera su Rai 3, il docufilm resterà visibile liberamente sulla piattaforma Rai Play. Ma qual è la vera storia sul rapimento di Ermanno Lavorini? Scoprimola insieme.

Viareggio 1969 la vera storia dietro il film

Ermanno Lavorini, figlio 12enne di una coppia che aveva un negozio nel centro di Viareggio, sparì il 31 gennaio 1969, e nello stesso giorno i genitori ricevettero una telefonata dai rapitori per una richiesta di riscatto di 15 milioni di lire. Il caso ebbe immediatamente una grande eco mediatica, e l’improvviso interesse dei giornalisti complicò fin da subito le indagini della polizia. In particolare, emersero numerosi mitomani che si spacciarono per i rapitori, anche nel tentativo in incassare la considerevole somma richiesta per liberare il bambino. Il 9 marzo, il cadavere di Ermanno Lavorini venne ritrovato nella pineta di Marina di Vecchiano, e l’autopsia stabilì che era stato ucciso in realtà il giorno stesso del rapimento.

Ma la vera storia, attorno a cui ruota Viareggio 1969, è quello che avvenne dopo, che assunse i contorni di una squallida storia politica. A indagare sul caso venne inviato il colonnello Mario de Julio, che però anche un deputato in quota monarchica. Le prime indagini furono orientate al giro dei pedofili e degli omosessuali di Viareggio e dintorni, che frequentavano la pineta, finché non emerse un giovane, Marco Baldisseri, a denunciare che tanti ragazzini della zona venivano attirati nella pineta da esponenti dell’amministrazione comunale di Viareggio, di orientamento socialista. Altri ragazzi confermarono la versione di Baldisseri, e la destra cavalcò la polemica contro i partiti di sinistra, al punto che Junio Valerio Borghese – un ex-comandante delle truppe fasciste della Repubblica Sociale Italiana ed ex-presidente del MSI, che solo un anno dopo tenterà un colpo di stato – venne in città ad accusare il sindaco e la giunta del rapimento e dell’omicidio di Ermanno Lavorini.

Viareggio 1969 la verità su Ermanno Lavorini

Dopo un po’, però, la polizia iniziò a capire che qualcosa non tornava. Si scoprì che Baldisseri e tutti gli altri giovani accusatori facevano parte della stessa organizzazione politica, il Fronte Monarchico Giovanile, guidato da Pietro Vangioni, di cui Baldisseri era addirittura tesoriere. Il gruppo, che si era addirittura offerto di collaborare con gli inquirenti durante le indagini, destava molti sospetti, e alla fine la polizia si convinse che c’erano queste persone dietro il caso Lavorini. Vangioni, una volta accusato, disse che il colpevole era il solo Baldisseri, che a sua volta scaricò la colpa su due importanti esponenti dell’amministrazione comunale, il sindaco Berchielli e il consigliere Martinotti. Un altro nome che uscì fuori fu quello di Giuseppe Zacconi, che finì al centro delle cronache senza alcuna prova contro di lui, e nel 1970 morì d’infarto.

Infine, le accuse di Baldisseri e dei giovani monarchici ricaddero su un commerciante di Viareggio, Adolfo Meciani, che però non aveva nulla a che fare con il caso. I giornali iniziarono a indagare sul suo conto, però, e sebbene presto l’uomo venne scagionato da ogni accusa, si scoprì che era segretamente omosessuale – benché sposato e con figli – e che frequentava spesso la pineta per incontrarsi con giovani prostituti. La sua reputazione venne distrutta, rischiò di essere aggredito in strada e, una volta arrestato, sui suicidò in carcere impiccandosi con un lenzuolo.

Il processo iniziò solo nel 1975, e alla fine appurò quella che era l’opzione più probabile, ragionando a mente fredda: i responsabili dell’omicidio di Ermanno Lavorini erano Baldisseri, Vangioni e Rodolfo Della Latta, tutti e tre esponenti del Fronte Monarchico Giovanile, condannati in Cassazione rispettivamente a 8, 9 e 11 anni di prigione. La conclusione dei giudici fu che i tre volevano usare i soldi del riscatto per finanziare la propria organizzazione e attività eversive legate all’ideologia di estrema destra.

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