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Come sentenziò l’Imperatore giapponese Hirohito dopo lo sgancio della bombe atomiche americane, “l’impensabile è accaduto, l’inconcepibile si è avverato”: l’Italia è clamorosamente fuori dai Mondiali, per la terza volta nella sua gloriosa storia calcistica. Un’Apocalisse preventivata e purtroppo sottovalutata, un vero e proprio disastro non solo sportivo ma anche economico e sociale. Un evento che, senza esagerare, potremmo considerare come la disfatta pallonara più eclatante del nostro Paese. E la colpa di questa tragedia non può che essere affibbiata all’unico e reale responsabile, il C.T. Gian Piero Ventura. In Italia è gioco di grande facilità rendere – al di là di tutto e tutti –  capro espiatorio l’allenatore ma mai come nel caso dell’ex Torino le colpe della guida tecnica appaiono così evidenti, reiterate, fastidiose e nocive. Parlare di movimento malato può avere senso solo fino a un certo punto: la scelta di Ventura è stata sbagliata sin dall’inizio e la Nazionale ha pagato a caro prezzo la sua efferata e criminosa inadeguatezza. E oramai, al netto dei risultati e della pessima figura di ieri sera, sembra piuttosto evidente come Ventura possa essere considerato il peggior C.T. che l’Italia abbia mai avuto.

Ventura, tutti i drammi causati dal peggior C.T. della storia

La disfatta di stampo venturiano trova genesi soprattutto nella totale confusione del suo progetto tecnico-tattico. Non è difficile partire, ad esempio, della questione del modulo: nella gestione Ventura l’Italia ha giocato praticamente con qualsiasi schema possibile (4-4-2, 3-5-2 e 4-2-4 sono stati alternati in maniera clamorosamente inefficace nel giro di questi anni) tranne con quello che è sempre sembrato più adatto alla qualità della squadra, ovvero il 4-3-3. Un modulo che avrebbe ovviato alle difficoltà di alcuni giocatori, migliorato la manovra e messo a proprio agio la maggior parte dei calciatori, già abituata a scendere in campo in quella maniera. In particolar modo nelle partite contro la Svezia Ventura ha portato strenuamente avanti l’idea di un 3-5-2 che rispecchia perfettamente tutti i suoi limiti come allenatore: gioco troppo concentrato sullo scambio orizzontale, poca profondità, due attaccanti che si pestano i piedi a vicenda giocando verticalmente l’uno vicino a l’altro in un fazzoletto di campo ristrettissimo, andando dunque a perdere sia potenza che precisione. Nelle sostituzioni poi la vera follia prende corpo: la scenata di De Rossi è ormai nota a tutti tramite video sui social, così come il grande punto interrogativo del non utilizzo di Insigne, lasciato misteriosamente in panchina nonostante risultasse essere l’uomo con maggiore qualità presente in rosa. Ma la verità è che un tecnico che mantiene la difesa a tre persino in una situazione d’assalto, in una partita in cui ci si sta giocando la partecipazione a un Mondiale, non dovrebbe mai essere considerato per allenare ad alti livelli. E soprattutto i numeri, purtroppo, parlano chiarissimo: nelle due gare del playoff l’Italia non ha mai segnato alla Svezia e nelle ultime prestazioni aveva siglato la miseria di tre gol, ad avversarie peraltro assolutamente non irresistibili. Segno che crepe non solo tattiche ma forse umane stavano emergendo prepotenti nel tanto sponsorizzato progetto. Un progetto che a livello tattico è stato sbugiardato dallo stesso Ventura in ogni occasione possibile: dopo la Spagna disse che bisognava avere pazienza con il 4-2-4, salvo poi cambiare modulo nella maggior parte delle partite successive senza però mai dare uno scheletro a una squadra che come il pane avrebbe avuto bisogno di una guida tecnica di spessore durante il pesante momento di difficoltà psico-fisica vissuto nel post ko spagnolo.

Bonucci Buffon

Bonucci e Buffon in lacrime – FOTO: Vivo Azzurro

Le pessime scelte

Soprattutto a livello di convocazioni e di gestione della rosa Ventura si è rivelato essere disastroso se non completamente inadatto al suo compito. Nella sua gestione l’ex tecnico di Pisa e Cagliari è riuscito a tenere fuori dalla Nazionale, in maniere diverse, due giocatori fondamentali come Jorginho e Insigne. La prestazione dell’oriundo ieri sera è un po’ la ciliegina sulla torta, che ha finito per mettere in evidenza tutti i limiti del quasi ex C.T., con il regista capace di portare ordine a centrocampo e verticalizzazioni spesso precise in zona offensiva. Tutte le più importanti valutazioni sul materiale umano sono state sbagliate: Verdi lasciato troppo spesso a casa, Balotelli e Giovinco completamente ignorati nonostante raffiche di gol, un Verratti sempre al centro del progetto a dispetto del fatto che fosse costantemente fuori fase. Con un gioco vecchio di 50 anni e delle scelte assolutamente inadeguate Ventura è riuscito a produrre un mostro nonostante le qualità a sua disposizione fossero decisamente elevate. Perché è inutile parlare di fallimento generale – e di stranieri troppo presenti – in una Nazionale che può vantare gente come Buffon, Bonucci, Florenzi, Jorginho, Insigne, Immobile, calciatori che farebbero i titolari quasi ovunque e che spesso il mondo ci ha invidiato. Giocatori che però, utilizzati male, non hanno potuto reggere la barca che affondava e che, a conti fatti, con Ventura avevano un rapporto pressoché assente se non di puro conflitto. Non sono poche le indiscrezioni che segnalano litigi continui, prese di posizione dei senatori e tentativi di dimissioni “falliti” dopo confronti molto accesi con lo spogliatoio.

Indebitarsi con le parole

Quello che però ha colpito e stonato più di tutto il resto è stato l’atteggiamento mentale tenuto da Ventura nel corso della sua storia da C.T. della Nazionale. Spesso fin troppo sicuro di sé e incredibilmente borioso nelle sue manifestazioni pubbliche, ha procrastinato costantemente nel peccare di tracotanza di fronte a milioni di persone ma specialmente dinanzi ai giornalisti. In molti ricorderanno per sempre alcune sue frasi , come “la Spagna ce la fumiamo” o “non considero minimamente l’idea di non andare al Mondiale”. Quest’ultima frase non è da sottovalutare: Ventura si è sempre esposto parlando al futuro di una partecipazione già avvenuta, data praticamente per scontata nonostante tutti i limiti e le difficoltà della sua squadra, quasi finendo a ignorare e sottovalutare le avversità presenti nel percorso dell’Italia, volendole mettere sotto il tappeto per farle apparentemente scomparire. Solo nell’ultima conferenza stampa il tecnico aveva aggiustato il tiro, forse ormai cosciente del dramma che ci stava aspettando e di cui è stato l’unico e solitario Demiurgo. Oltre alla spavalderia già fin troppo spesso manifestata – un vero marchio di fabbrica del tecnico anche se, a conti fatti, piuttosto inspiegabile per un allenatore che in carriera non ha vinto nulla – Ventura pare essersi macchiato soprattutto di un peccato davvero difficile da ignorare: quello dell’incoerenza. Per avvalorare la tesi basterebbe anche solo concentrarsi sulle convocazioni per il playoff, tramite le quali Ventura ha praticamente mandato all’aria il suo presunto progetto sbugiardando sé stesso e il suo credo, convocando finalmente Jorginho dopo essere stato messo alle strette dall’opinione popolare e cambiando modulo in corsa nel momento più delicato della stagione. Ma il picco dell’inadeguatezza è stato raggiunto nel post gara: prima Ventura non ha avuto il coraggio di presentarsi ai microfoni della Rai, con Buffon che ancora una volta si è invece dimostrato un leader andando a parlare in lacrime della sua ultima gara azzurra, poi si è palesato con ore di ritardo in conferenza stampa senza evidentemente rendersi conto minimamente del dramma vissuto in quel momento. Ventura non è riuscito a fare nemmeno l’unica cosa che avrebbe potuto riabilitarlo agli occhi degli italiani, ovvero dimettersi in diretta, azione che invece ad esempio il tanto criticato Prandelli aveva portato a termine spontaneamente e immediatamente dopo la sconfitta contro l’Uruguay. Inoltre, l’allenatore è riuscito persino a giustificare quello che a tratti è parso un pessimo lavoro, dicendo di chiedere scusa solo per il risultato e non per l’organizzazione (assente), il gioco (inesistente) e la grinta (spesso mancante) messe in campo. Un disastro anche a livello mediatico, un uomo con molte falle e grosse incoerenze che hanno finito per condannare non solo lui stesso ma tutta l’Italia sportiva e non.

La disperazione di Belotti – FOTO: Vivo Azzurro

Le responsabilità dei piani alti

Certamente però la colpa è da condividere anche con chi Ventura l’ha messo lì ad allenare gli Azzurri. I vertici federali si sono presi una giornata di tempo per decidere il loro destino. Ventura, come detto, di fatto non si è dimesso – secondo le ultime voci attenderebbe l’esonero da parte della Federazione – ma il suo fato sulla panchina della Nazionale è già segnato. Difficilmente il Presidente Tavecchio potrebbe dimettersi, anche se ragionare su un atto di responsabilità come questo potrebbe sembrare il minimo dopo l’incredibile disfatta messa in scena ieri sera. Soprattutto, peraltro, dopo aver parlato di Apocalisse per mesi. Di base, come dicevamo, la scelta sbagliata è stata affidarsi a un tecnico come Ventura per la panchina di una Nazionale tanto prestigiosa. Un allenatore che non solo, lo ricordiamo, non ha mai vinto un trofeo in carriera ma che propone un calcio anacronistico al di fuori dell’Italia, con forzature e decisioni rivedibili che lo rendono ancor più negativo. Un tecnico che con la sua testardaggine e delle limitate capacità di lettura del calcio ad alti livelli ha condannato l’Italia a una vergognosa “tripletta”: per la terza volta, infatti, la nostra Nazionale sarà assente dal Mondiale, la prima dopo circa una sessantina d’anni. Ormai non ci sono più dubbi: data la comprovata ed evidente incapacità dimostrata nel ruolo (e la sentenza arriva dai risultati, non certo da noi), Gian Piero Ventura può essere considerato il peggior C.T. che la Nazionale italiana di calcio abbia mai avuto. Purtroppo, chi di dovere se n’è reso conto troppo tardi e ora tutto il Paese piange per una delle più immense delusioni calcistiche, ma non solo, della nostra lunga storia.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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