Skip to main content

Per Mateo Musacchio forse il campo di San Siro non possiede più la stessa bellezza rispetto agli inizi stagionali. La prospettiva del terreno di gioco (e della carriera) milanista per il centrale argentino è cambiata notevolmente, soprattutto da quando l’ex giocatore del River Plate è costretto ad osservare, riflettere e valutare dalla panchina dell’impianto. Dall’arrivo di Gattuso le possibilità di gioco per il calciatore albiceleste sono diminuite drasticamente, come in un grafico che permettete di individuare un pesante calo per i conti di un’azienda. E quella panchina rialzata a bordocampo comincia davvero a pesare per Musacchio, che si è visto negare in qualche mese tutte le promesse di un Milan che l’ha corteggiato per anni al fine di farlo cedere all’amore rossonero. Un amore che però, attualmente, sembra non più corrisposto.

Da certezza a panchinaro: l’incredibile involuzione di Musacchio

Negli ultimi anni della gestione Berlusconi-Galliani il Milan ha fatto letteralmente carte false per Musacchio. In un periodo in cui i leader difensivi scarseggiavano dopo gli addii dei vari Maldini, Nesta e Thiago Silva i rossoneri cercavano insistentemente un giocatore giovane, talentuso, con personalità. La missione? Fargli guidare la retroguardia rossonera. Per poi sperare – magari in caso di emergenza economica – in una forte plusvalenza. Il nome di Musacchio al Milan stava diventando ormai una certezza per ogni sessione di calciomercato, una vera e propria abitudine anche quando magari non c’era una reale trattativa tra i rossoneri e il Villarreal. Di certo però il Milan ha tenuto sempre d’occhio il calciatore, con Musacchio che in Spagna ha vissuto momenti altalenanti: dal 2009 al 2017 grandi prestazioni, certo, ma anche dolori – come il terribile infortunio al perone del 2015, che lo costrinse lontano dai campi per 8 mesi – ed episodi controversi, come il litigio nello spogliatoio che portò alle dimissioni dalla panchina della squadra da parte di Marcelino. Dopo anni di chiacchiere, tentativi a vuoto e poca possibilità economica, la nuova proprietà del Milan decide di concludere l’affare nel minor tempo possibile. L’arrivo di Musacchio al Milan è un vero e proprio spot elettorale per la credibilità iniziale di Mirabelli e Fassone, forse addirittura il primo e più importante. L’ipotetico messaggio da interpretare potrebbe risultare molto chiaro: la nuova dirigenza va a prendere, senza troppe difficoltà, un calciatore inseguito per anni invano dalla vecchia proprietà. Peraltro, la dirigenza rossonera si assicura Musacchio al suo prezzo reale di mercato (18 milioni di euro), andando quindi a evitare spese esagerate per il cartellino del giocatore. L’operazione che coinvolge l’argentino sembra essere il perno della rifondazione, sia a livello di facciata che per quanto concerne la forza del reparto difensivo, ancora privo di Bonucci ma con un Romagnoli reduce da una buonissima stagione. Nonostante le grandi premesse, però, la prima stagione di Musacchio al Milan sembra avviarsi verso un certo senso di mediocrità.

Parabola discendente

Sin dall’inizio ci si rende conto delle qualità balistiche e di visione di Musacchio: l’argentino è un difensore calcisticamente bello da vedere, che misura con cura i suoi passaggi e le sue giocate, le quali hanno tutte un senso apparente. Musacchio è anche un centrale che non vuole buttare quasi mai via la palla e in questa impostazione ricorda moltissimo alcuni suoi colleghi brasiliani ma anche – per fare esempi nel campionato italiano – i vari Bonucci e Koulibaly. Il ragazzo – che in carriera ha giocato sia nella difesa a 3 che a 4 – non mostra evidenti limiti nel comparto tecnico ma presenta difficoltà su due aspetti specifici: non sembra velocissimo (ed è veramente un eufemismo) e soprattutto, come ogni difensore confidente a livello tecnico che si rispetti, spesso e volentieri si dimostra troppo innamorato del pallone e della giocata complicata. Un aspetto che lo porta a un paragone molto calzante con Chiriches: come l’argentino, anche il difensore rumeno del Napoli possiede grandi qualità e visione di gioco – nonché pulizia negli interventi – ma, al tempo stesso, presenta cali di tensione potenzialmente pericolosissimi. I primi limiti emergono prepotentemente già durante la terza giornata di campionato, con il Milan che perde malamente (e sorprendentemente) in casa della Lazio per 4-1: Musacchio non la vede praticamente mai contro Immobile e gli altri attaccanti della squadra. L’ex giocatore del Villarreal è anche co-protagonista negativo di almeno due gol degli avversari: in occasione della terza rete, per esempio, Musacchio esce dalla sua marcatura su Immobile in maniera assolutamente folle per aggredire il portatore di palla in area, ovvero Parolo, che visto il raddoppio cede agilmente la palla proprio allo stesso attaccante partenopeo, rimasto solo e libero di insaccare.

Anche nell’azione della quarta segnatura Musacchio ha qualche responsabilità: nello specifico, non risulta molto efficace (ma anzi, fin troppo attendista) nel contrastare Immobile nel suo tentativo di passaggio al centro, forse facendo affidamento sul fatto che altri difensori fosse riusciti a coprire la zona o che Luis Alberto fosse in ritardo. Lo spagnolo però è puntale e non può che mettere in rete la palla del momentaneo 4-0.

Quelli contro la Lazio non saranno i primi e gli unici errori di Musacchio nella parte iniziale di stagione. Montella dimostra comunque di credere nel ragazzo, anche se in maniera decisamente meno costante in campionato. Dopo l’esonero dell’allenatore partenopeo e l’arrivo di Gattuso le cose cambiano in negativo per l’argentino: l’ex calciatore non sembra osservare in lui particolari qualità. Il dato degli ultimi due mesi è indicativi: da ormai sei gare consecutive tra Serie A e Coppa Italia Musacchio finisce in panchina, senza giocare nemmeno un minuto. In totale – per adesso – Musacchio ha collezionato con il Milan appena 16 presenze ufficiali in tutte le competizioni (1546′ complessivi), con 3 cartellini gialli e un solo gol all’attivo, in Europa League nella gara d’andata contro il Rijeka.

Mateo Musacchio

Musacchio a contrasto con James Rodriguez durante un’amichevole contro il Bayern Monaco – FOTO: profilo ufficiale Twitter Mateo Musacchio

Le cause del declino

Il motivo principale dell’accantonamento – almeno momentaneo – di Musacchio è in realtà cristallino: l’argentino è praticamente il clone (con meno esperienza italiana e forse in generale) di Leonardo Bonucci. I due spesso sono stati provati insieme sia nella difesa a 3 che in quella a 4 ma, soprattutto nel secondo caso, i risultati sono stati sovente disastrosi. In entrambe le modalità di difesa Bonucci è la prima scelta per il ruolo di centrale destro o di libero, entrambi ruoli coperti da Musacchio, il quale ha quindo dovuto adattarsi. L’investimento fatto per l’ex calciatore della Juventus va ovviamente tutelato dalla società rossonera, che ha reso il perno della Nazionale anche capitano della squadra: titolare inamovibile, Bonucci garantisce sia leadership in campo che importanza mediatica all’esterno dello stesso. Naturale, dunque, che con il tempo a scivolare in panchina sarebbe stato proprio l’ex River. Il ritorno ad alti livelli di Romagnoli ha poi messo la pietra tombale sulle speranze di titolarità di Musacchio. Il quale – va detto – nelle uscite precedenti non aveva comunque stupito in positivo: con lui in campo il Milan ha preso gol in 13 delle 16 presenze ufficiali tra gironi europei e campionato. Gattuso ha dunque preferito affidarsi alla coppia di italiani per il presente e, probabilmente, anche per il prossimo futuro. E i risultati gli stanno dando ragione, poiché il Milan è imbattuto da 5 gare e sembra nuovamente in salute come nella fase iniziale di stagione. Tanto inseguito e tanto bramato, adesso Musacchio si ritrova a dover riconquistare un’amata che sembri essersi stancata in fretta di lui. Starà al difensore albiceleste provare a cambiare le carte in tavola, per non ritrovarsi a rimpiangere una scelta accantonata per anni e forse accettata nel momento peggiore possibile.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

Lascia una risposta