Quello di Massimo Wermuller è un nome celebre del mondo della recitazione italiana. Un attore brillante, apprezzato tanto a teatro quanto al cinema e in televisione. Una lunga carriera, la sua, arricchita anche da esperienze da doppiatore.
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Chi è Massimo Wertmuller
Nato a Roma il 13 agosto 1956, Massimo Wertmuller ha fatto il proprio esordio a teatro nel 1976, recitando in Luci di Bohéme. Due anni dopo ha iniziato a frequentare il laboratorio di esercitazioni di Gigi Proietti. Il compianto attore è stato di fatto il suo maestro.
Dopo questo percorso ha fondato un gruppo comico, La Zavorra, insieme con alcuni compagni di corso. Tutti attivi nel teatro cabaret e nell’intrattenimento televisivo. Nel 1984 ha debuttato al cinema con La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia, diretto dalla zia Lina Wertmuller.
Ha lavorato come doppiatore a pellicole come Il favoloso mondo di Amelie, The Next Three Days e Non è mai troppo tardi, tra gli altri. Svariati invece i ruoli in televisione. Da La squadra a Che Dio ci aiuti, da Squadra Antimafia 7 a 1992, fino al più recente Mina Settembre.
Lina Wertmuller
Un cognome importante, che richiama alla mente immediatamente quello della celebre regista Lina Wertmuller, zia di Massimo. Nata a Roma il 14 agosto 1928, è una vera e propria icona del cinema mondiale. Oltre al ruolo di regista, si è dedicata nel tempo anche a quello di sceneggiatrice e scrittrice.
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È stata la prima donna nella storia a essere candidata agli Oscar (vinto alla carriera nel 2020) come miglior regista per il film Pasqualino Settebellezze. La famiglia di Massimo Wertmuller è però totalmente immersa nel mondo dello spettacolo. Dal 2018 è infatti sposato con l’attrice Anna Ferruzzo.
Il ricordo di Gigi Proietti
La formazione di Massimo Wertmuller ha avuto inizio con Gigi Proietti, del quale ha sempre avuto un carissimo ricordo: “È stato l’ultimo numero uno in Italia. Impossibile raccogliere la sua eredità. L’Italia lo piange per il sorriso che ha saputo regalare e poi ci siamo noi, i ragazzi del suo primo laboratorio. Lo piangiamo come maestro ma non solo. Mi porto dentro il suo più grande insegnamento, ovvero la gioia di stare in scena”.
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