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La Traviata è una delle opere più note di Giuseppe Verdi: andiamo a scoprire di cosa parla e qual’è il suo significato. Ecco il testo completo dell’opera.

Parte della cosiddetta Trilogia popolare di Giuseppe Verdi (assieme a Il trovatore e Rigoletto), La Traviata è un’opera lirica in tre atti, con musiche composte dal celebre artista emiliano su libretto di Francesco Maria Piave. La prima rappresentazione assoluta dell’opera è andata in scena il 6 marzo 1853 presso il Teatro La Fenice di Venezia.

Scopriamo tutte le informazioni fondamentali su questo celebre capolavoro del teatro italiano, a partire dalla trama fino al suo significato e anche al testo completo dello spettacolo.

La Traviata: trama dell’opera

La Traviata è tratta dall’opera francese La signora delle camelie, trasposizione teatrale che Alexandre Dumas (figlio) fece del suo romanzo omonimo del 1848. La trama si svolge a Parigi, dove la cortigiana Violetta Valery si dedica a una vita dissoluta tra mille festeggiamenti e lussi, che però gravano sempre più sulla sua salute (è infatti ammalata di tisi). Durante una festa, l’amico Gastone le presenta Alfredo Germont, che presto le confesserà il suo amore. Violetta non pensa di poter corrispondere quel sentimento, ma dona ad Alfredo una camelia, dicendo di fare ritorno da lei quando sarà appassita, il giorno seguente.

Tuttavia, l’amore sboccerà anche nella scettica signora, che si trasferirà a vivere in campagna con Alfredo, cambiando completamente vita. Una vita più umile: il giovane uomo, infatti, è pieno di debiti, a cui Violetta deve far fronte vendendo i propri aver. Alfredo se ne vergogna, e decide di tornare a Parigi per saldare i suoi conti. Mentre è via, alla casa giunge suo padre, Giorgio Germont, che spiega a Violetta che l’unione tra i due non può funzionare: a causa della reputazione della donna, il nome dei Germont è messo in imbarazzo, e la sorella di Alfredo non può così convolare a giuste nozze. Affranta, Violetta capisce e se ne va, lasciando una lettera per Alfredo in cui confessa di avere nostalgia della sua vecchia vita.

Fuori di sé per la rabbia dopo aver letto le parole della sua amata, Alfredo decide di non ascoltare il genitore – che lo invita a tornare alla casa di famiglia in Provenza – e di raggiungere Violetta a Parigi, alla festa dell’amica Flora. Lì, Alfredo e Violetta si scontrano, con lei che gli mente, dicendogli di amare il barone Douphol, suo vecchio protettore; il giovane, furente, la umiliadavanti a tutti.

Nel terzo atto de La Traviata, incontriamo Violetta molto malata e ormai prossima alla morte. Una lettera di Giorgio Germont, però, le rivela che l’uomo ha detto tutta la verità al figlio, che ora sta tornando a Parigi per incontrarla. Alfredo farà giusto in tempo a rivedere la sua amata un istante, prima che lei muoia.

La Traviata: significato dell’opera

Il titolo dell’opera di Verdi mette bene in chiaro il senso che il compositore italiano intendeva dare alla sua opera: La Traviata è appunto Violetta, “traviata” in quanto uscita dalla retta via, dedicandosi a una vita di vizi e immoralità. Il messaggio, però, è di una possibile redenzione, che passa dall’amore per Alfredo.

Nonostante il suo svolgimento indubbiamente tragico, l’opera ci mostra come sia proprio per amore del giovane che Violetta decide di sacrificarsi e lasciarlo, per paura di rovinarne la reputazione e l’esistenza. Da traviata e “corrotta” che era, Violetta scopre alla fine un amore così pure da sacrificare la sua stessa felicità per il bene altrui, fino ad arrivare all’umiliazione e, nell’epilogo, alla morte.

La Traviata: il testo completo dell’opera

ATTO PRIMO

SALOTTO IN CASA DI VIOLETTA

Nel fondo è la porta che mette ad altra sala; ve ne sono altre due laterali; a sinistra un caminetto con sopra uno specchio. Nel mezzo è una tavola riccamente imbandita.

SCENA PRIMA

Violetta seduta sur un divano sta discorrendo col Dottore e con alcuni amici, mentre altri vanno ad incontrare quelli che sopraggiungono, tra’ quali sono il Barone, e Flora al braccio del Marchese.

I Dell’invito trascorsa è già l’ora…
Voi tardaste…
II                         Giocammo da Flora,
E giocando quell’ore volàr.
Violetta Flora, amici, la notte che resta (va loro incontro)
D’altre gioie qui fate brillar…
Fra le tazze è più viva la festa….
Flora e Marchese E goder voi potrete?

Violetta                                    Lo voglio;
Al piacere m’affido, ed io soglio
Con tal farmaco i mali sopir.
Tutti Sì, la vita s’addoppia al gioir.

SCENA II.

Detti, il Visconte Gastone di Letorieres, Alfredo Germont; Servi affaccendati intorno alla mensa.

Gastone In Alfredo Germont, o signora,
Ecco un altro che molto vi onora;
Pochi amici a lui simili sono…
Violetta Mio visconte, mercè di tal dono…
(dà la mano ad Alfredo che gliela bacia)

Marchese Caro Alfredo…
Alfredo                           Marchese… (si stringono la mano)
Gastone                                                 T’ho detto
L’amistà qui s’intreccia al diletto. (ad Alfredo)
(I Servi frattanto avranno imbandite le vivande)
Violetta Pronto è il tutto?… (un Servo accenna che sì)
Miei cari, sedete;
È al convito che s’apre ogni cor.
Tutti Ben diceste…. le cure segrete
Fuga sempre l’amico licor.

(Siedono in modo che Violetta resti tra Alfredo e Gastone; di fronte vi sarà Flora tra il Marchese ed il Barone; gli altri siedono a piacere. V’ha un momento di silenzio; frattanto passano i piatti, e Violetta e Gastone parlano sottovoce tra loro, poi:)

 

Gastone Sempre Alfredo a voi pensa.
Violetta                                                   Scherzate?
Gastone Egra foste, e ogni dì con affanno
Qui volò, di voi chiese…
Violetta                                          Cessate.
Nulla son io per lui…
Alfredo                                     Non v’inganno.
Violetta Vero è dunque?.. onde ciò?.. nol comprendo (ad Alfredo)
Alfredo Sì, egli è ver. (sospirando)
Violetta                      Le mie grazie vi rendo.
Voi, barone, non feste altrettanto… (al Barone)
Barone Vi conosco da un anno soltanto.
Violetta Ed ei solo da qualche minuto.
Flora Meglio fora se avesse taciuto. (piano al Barone)
Barone M’è increscioso quel giovin… (piano a Flora)
Flora                                                       Perché?
A me invece simpatico gli è.
Gastone E tu dunque non apri più bocca? (ad Alfredo)
Marchese È a madama che scuoterlo tocca… (a Violetta)
Violetta Sarò l’Ebe che versa… (mesce ad Alfredo)
Alfredo                                         E ch’io bramo
Immortal come quella. (con galanteria)
Tutti                                         Beviamo.
Gastone O barone, nè un verso, un viva
Troverete in quest’ora giuliva?..
(Barone accenna che no)
Dunque a te… (ad Alfredo)
Tutti                       Sì, sì, un brindisi.
Alfredo                                                       L’estro
Non m’arride…
Gastone                       E non se’ tu maestro?

Alfredo Vi fia grato?.. (a Violetta)
Violetta                       Sì.
Alfredo                           Sì?.. L’ho in cor. (s’alza)
Marchese Dunque attenti…
Tutti                            Sì, attenti al cantor.
Alfredo Libiam ne’ lieti calici
Che la bellezza infiora,
E la fuggevol ora
S’innebrii a voluttà.
Libiam ne’ dolci fremiti
Che suscita l’amore,
Poichè quell’occhio al core (indicando Violetta)
Onnipotente va.
Tutti Libiamo; amor fra i calici
Più caldi baci avrà.
Violetta Tra voi, saprò dividere (s’alza)
Il tempo mio giocondo;
Tutto è follia nel mondo
Ciò che non è piacer.
Godiam, fugace e rapido
È il gaudio dell’amore;
È fior che nasce e muore,
Nè più si può goder.
Tutti Godiam… c’invita un fervido
Accento lusinghier.
Godiam… la tazza e il cantico
Le notti abbella e il riso;
In questo paradiso
Ne scopra il nuovo dì.
Violetta La vita è nel tripudio… (ad Alfredo)
Alfredo    Quando non s’ami ancora. (a Violetta)
Violetta    Nol dite a chi lo ignora… (ad Alfredo)
Alfredo    È il mio destin così… (a Violetta)
Tutti Godiam… la tazza e il cantico
Le notti abbella e il riso;
In questo paradiso
Ne scopra il nuovo dì. (s’ode musica dall’altra sala)
Tutti Che è ciò?
Violetta              Non gradireste ora le danze?
Tutti Oh il gentile pensier!.. tutti accettiamo.
Violetta Usciamo dunque… (s’avviano alla porta di mezzo, ma Violetta colta da subito pallore dice:)
  Oimè!…

Tutti                                                 Che avete?..
Violetta                                                                    Nulla,
Nulla.
Tutti Che mai v’arresta?..
Violetta                                 Usciamo… (fa qualche passo, ma è obbligata a nuovamente fermarsi e sedere) Oh Dio!..
Tutti Ancora!..
Alfredo             Voi soffrite!
Tutti                                   Oh ciel!.. ch’è questo!
Violetta È un tremito che provo… or là passate,
(indica l’altra stanza)
Tra poco anch’io sarò…
Tutti                                       Come bramate. (tutti passano all’altra sala, meno Alfredo che resta indietro.)

SCENA III.

Violetta, Alfredo, e Gastone a tempo.

Violetta (guardandosi allo specchio)
Oh qual pallor!.. (volgendosi si accorge d’Alfredo)
   Voi qui!…
Alfredo                                           Cessata è l’ansia,
Che vi turbò?
Violetta                       Sto meglio.
Alfredo                                           Ah in cotal guisa
V’ucciderete… aver v’è d’uopo cura
Dell’esser vostro…
Violetta                                 E lo potrei?
Alfredo                                                     Se mia
Foste, custode veglierei pe’ vostri
Soavi dì.
Violetta             Che dite?.. ha forse alcuno
Cura di me?
Alfredo                     Perchè nessuno al mondo (con fuoco)
V’ama…
Violetta            Nessun?..
Alfredo                            Tranne sol io.
Violetta                                                     Gli è vero!..
Sì grande amor dimenticato avea… (ridendo)
Alfredo Ridete!.. e in voi v’ha un core?…
Violetta Un cor?.. sì… forse… e a che lo richiedete?..

Alfredo Oh, se ciò fosse, non potreste allora
Celiar…
Violetta           Dite davvero?…
Alfredo                                       Io non v’inganno.
Violetta Da molto è che mi amate?
Alfredo                                               Ah sì, da un anno.
Un dì, felice, eterea,
Mi balenaste innante,
E da quel dì tremante
Vissi d’ignoto amor.
Di quell’amor ch’è l’anima
Dell’universo intero,
Misterïoso, altero,
Croce e delizia al cor.
Violetta        Ah, se ciò è ver, fuggitemi
Solo amistade io v’offro:
Amar non so, nè soffro
Di così eroico ardor.
Io sono franca, ingenua;
Altra cercar dovete;
Non arduo troverete
Dimenticarmi allor.
Gastone (si presenta sulla porta di mezzo) Ebben?.. che diavol fate?
Violetta Si folleggiava…
Gastone                    Ah! Ah!… sta ben… restate. (rientra)
Violetta Amor dunque non più… vi garba il patto?
Alfredo Io v’obbedisco… Parto… (per andarsene)
Violetta                                           A tal giungeste?
  (si toglie un fiore dal seno)
Prendete questo fiore.
Alfredo Perché?…
Violetta                 Per riportarlo..
Alfredo                                           Quando? (tornando)
Violetta                                                         Quando
Sarà appassito.
Alfredo                          Allor domani…
Violetta                                                   Ebbene;
Domani.
Alfredo             Io son felice! (prende con trasporto il fiore)
Violetta D’amarmi dite ancora?
Violetta                                       Oh quanto v’amo!.. (per partire)
Violetta Partite?..
Alfredo            Parto. (torna a lei e le bacia la mano.)

Violetta                       Addio.
Alfredo                               Di più non bramo. (esce)

SCENA IV.

Violetta, e tutti gli altri che tornano dalla sala riscaldati dalle danze.

Tutti             Si ridesta in ciel l’aurora,
E n’è forza di partir;
Mercè a voi, gentil signora,
Di sì splendido gioir.
La città di feste è piena,
Volge il tempo dei piacer;
Nel riposo ancor la lena
Si ritempri per goder! (partono dalla destra)

SCENA V.

Violetta sola.

È strano!.. è strano!.. in core
Scolpiti ho quegli accenti!…
Sarìa per me sventura un serio amore?…
Che risolvi, o turbata anima mia?..
Null’uomo ancora t’accendeva… oh gioia
Ch’io non conobbi, essere amata amando!..
E sdegnarla poss’io
Per l’aride follie del viver mio?
Ah, forse è lui che l’anima
Solinga ne’ tumulti
Godea sovente pingere
De’ suoi colori occulti!..
Lui che modesto e vigile
All’egre soglie ascese,
E nuova febbre accese,
Destandomi all’amor.
A quell’amor ch’è palpito
Dell’universo intero,
Misterïoso, altero,
Croce e delizia al cor.

A me fanciulla, un candido
E trepido desire
Questi effigiò dolcissimo
Signor dell’avvenire,
Quando ne’ cieli il raggio
Di sua beltà vedea,
E tutta me pascea
Di quel divino error.
Sentìa che amore è il palpito
Dell’universo intero,
Misterïoso altero,
Croce e delizia al cor.
(resta concentrata un’istante, poi dice:)
Follie!.. follie!… delirio vano è questo!…
In quai sogni mi perdo,
Povera donna, sola
Abbandonata in questo
Popoloso deserto
Che appellano Parigi,
Che spero or più?.. che far degg’io!… gioire.
Di voluttà nei vortici finire.
Sempre libera degg’io
Trasvolar di gioia in gioia,
Perchè ignoto al viver mio
Nulla passi del piacer.
Nasca il giorno, il giorno muoja,
Sempre me la stessa trovi,
Le dolcezze a me rinnovi
Ma non muti il mio pensier. (entra a sinistra)

FINE DELL’ATTO PRIMO.

ATTO SECONDO

CASA DI CAMPAGNA PRESSO PARIGI.

Salotto terreno. — Nel fondo in faccia agli spettatori è un camino, sopra il quale uno specchio ed un orologio, fra due porte chiuse da cristalli, che mettono ad un giardino. Al primo panno due altre porte, una di fronte all’altra. — Sedie, tavolini, qualche libro, l’occorrente per iscrivere.

SCENA PRIMA

Alfredo entra in costume di caccia.

Lunge da lei per me non v’ha diletto!… (depone il fucile)
Volaron già tre lune
Dacchè la mia Violetta
Agi per me lasciò, dovizie, amori,
E le pompose feste
Ove, agli omaggi avvezza,
Vedea schiavo ciascun di sua bellezza…
Ed or contenta in questi ameni luoghi
Solo esiste per me… qui presso a lei
Io rinascer mi sento,
E dal soffio d’amor rigenerato
Scordo ne’ gaudii suoi tutto il passato.
De’ miei bollenti spiriti
Il giovanile ardore
Ella temprò col placido
Sorriso dell’amore!
Dal dì che disse: Vivere
Io voglio a te fedel,
Dell’universo immemore
Mi credo quasi in ciel.

SCENA II.

Detto ed Annina in arnese da viaggio.

Alfredo Annina, donde vieni?
Annina                                     Da Parigi.
Alfredo Chi tel commise?
Annina                             Fu la mia signora.
Alfredo Perchè?
Annina             Per alienar cavalli, cocchi,
E quanto ancor possiede…
Alfredo                                             Che mai sento!
Annina Lo spendio è grande a viver qui solinghi…
Alfredo E tacevi?…
Annina                  Mi fu il silenzio imposto.
Alfredo Imposto!… e v’abbisognan?…
Annina                                                     Mille luigi.
Alfredo Or vanne… andrò a Parigi…
Questo colloquio ignori la signora
Annina (parte)

SCENA III.

Alfredo solo.

Oh mio rimorso!… Oh infamia!…
E vissi in tale errore!…
Ma il turpe sonno a frangere
Il ver mi balenò.
Per poco in seno aquetati,
O grido dell’onore,
M’avrai securo vindice,
Quest’onta laverò. (esce)

SCENA IV.

Violetta ch’entra con alcune carte, parlando con Annina, poi Giuseppe a tempo.

Violetta Alfredo?
Annina              Per Parigi or or partiva.

Violetta E tornerà?…
Annina                      Pria che tramonti il giorno…
Dirvel m’impose…
Violetta                                  È strano!…
Giuseppe Per voi… (le presenta una lettera)
Violetta (prende la lettera) Sta bene… In breve
Giungerà un uom d’affari… entri all’istante…

(Annina e Giuseppe escono)

SCENA V.

Violetta quindi il sig. Germont, introdotto da Giuseppe, che, avanzate due sedie, riparte.

Violetta (legge la lettera) Ah! ah!… scopriva Flora il mio ritiro!…
E un’invito a danzar per questa sera!…
Invan m’aspetterà… (getta il foglio sul tavolino e siede)
Giuseppe                                    Giunse un signore…
Violetta (Ah! sarà lui che attende…) (accenna Giuseppe d’introdurlo)
Germont Madamigella Valery?..
Violetta                                         Son io.
Germont D’Alfredo il padre in me vedete.
Violetta                                                       Voi! (sorpresa gli accenna di sedere)
Germont Sì, dell’incauto che a rovina corre (sedendo)
Ammaliato da voi.
Violetta Donna son io, signore, ed in mia casa, (risentita alzandosi)
Ch’io vi lasci assentite
Più per voi che per me. (per uscire)
Germont                                         (Quai modi!) Pure…
Violetta Tratto in error voi foste… (torna a sedere)
Germont                                           De’ suoi beni
Egli dono vuol farvi…
Violetta                                       Non l’osò finora…
Rifiuterei.
Germont                   Pur tanto lusso…
Violetta                                                 A tutti
È mistero quest’atto… A voi noi sia… (gli dà le carte.)
Germont (dopo averle scorse coll’occhio.)
D’ogni avere pensate dispogliarvi!…
Ah il passato perchè, perchè v’accusa!…

Violetta Più non esiste… or amo Alfredo, e Dio
Lo cancellò col pentimento mio.
Germont Nobili sensi invero!…
Violetta                                         Oh come dolce
Mi suona il vostro accento!…
Germont (alzandosi)                               Ed a tai sensi
Un sagrifizio chieggo…
Violetta (alzandosi)                      Ah no… tacete…
Terribil cosa chiedereste certo…
Il previdi… v’attesi… era felice
Troppo…
Germont                 D’Alfredo il padre,
La sorte, l’avvenir domanda or qui
De’ suoi due figli…
Violetta                                 Di due figli!..
Germont                                                         Sì.
Pura siccome un angelo
Iddio mi diè una figlia;
Se Alfredo nega riedere
In seno alla famiglia,
L’amato e amante giovane
Cui sposa andar dovea
Or si ricusa al vincolo
Che lieti ne rendea…
Deh non mutate in triboli
Le rose dell’amor..
A’ prjeghi miei resistene
Non voglia il vostro cor.
Violetta Ah comprendo… dovrò per alcun tempo
Da Alfredo allontanarmi… doloroso
Fora per me… pur…
Germont                                   Non è ciò che chiedo…
Violetta Cielo!… che più cercate?… offersi assai…
Germont Pur non basta.
Violetta                           Volete che per sempre
A lui rinunzi?…
Germont                             È duopo!
Violetta                                               No… giammai.
Non sapete quale affetto
Vivo, immenso m’arda il petto?…
Che nè amici nè parenti
Io non conto tra’viventi?…
E che Alfredo m’ha giurato

Che in lui tutto io troverò?…
Non sapere che colpita
D’atro morbo è la mia vita?
Che già presso il fin ne vedo?…
Ch’io mi separi da Alfredo!…
Ah il supplizio è sì spietato,
Che morir preferirò.
Germont        È grave il sagrifizio,
Ma pur tranquilla udite…
Bella voi siete e giovane…
Col tempo…
Violetta                                    Ah più non dite
V’intendo… m’è impossibile…
Lui solo amar vogl’io…
Germont             Sia pure… ma volubile
Sovente è l’uom…
Violetta                                             Gran Dio! (colpita)
Germont             Un dì, quando le veneri
Il tempo avrà fugate
Fia presto il tedio a sorgere…
Che sarà allor?… pensate..
Per voi non avran balsamo
I più soavi affetti;
Poichè dal ciel non furono
Tai nodi benedetti…
Violetta             È vero!…
Germont                             Ah dunque sperdasi
Tal sogno seduttore,
Siate di mia famiglia
L’angiol consolatore…
Violetta, deh pensateci,
Ne siete in tempo ancor!…
È Dio che ispira, o giovane,
Tai detti a un genitor.
Violetta (Così alla misera, — ch’è un dì caduta,
Di più risorgere — speranza è muta!…
Se pur benefico — le indulga Iddio
L’uomo implacabile — per lei sarà!…)
Dite alla giovane — sì bella e pura (a Germont piangendo)
Ch’avvi una vittima — della sventura,
Cui resta un unico — raggio di bene…
Che a lei il sagrifica — e che morrà!

Germont Sì piangi, o misera… — supremo, il veggo,
E il sagrifizio — ch’or io ti chieggo…
Sento nell’anima — già le tue pene…
Coraggio… e il nobile — cor vincerà. (silenzio)
Violetta Or imponete.
Germont                         Non amarlo ditegli.
Violetta Nol crederà.
Germont                       Partite.
Violetta                                     Seguirammi.
Germont Allor…
Violetta         Qual figlia m’abbracciate… forte
Così sarò…. (s’abbracciano) Tra breve ei vi fia reso,
Ma afflitto oltre ogni dire… a suo conforto
Di colà volerete… (indicandogli il giardino, va per iscrivere)
Germont                                 Or che pensate?
Violetta Sapendol, v’opporreste al pensier mio.
Germont Generosa!… e per voi che far poss’io?…
Violetta         Morrò!… la mia memoria (tornando a lui)
Non fia ch’ei maledica,
Se le mie pene orribili
Vi sia chi almen gli dica.
Conosca il sagrifizio
Ch’io consumai d’amor…
Che sarà suo fin l’ultimo
Sospiro del mio cor.
Germont         No, generosa, vivere
E lieta voi dovrete;
Mercè di queste lacrime
Dal cielo un giorno avrete;
Premiato il sagrifizio
Sarà del vostro cor…
D’un’opra così nobile
Andrete fiera allor.
Violetta Qui giunge alcun, partite!…
Germont                                           Ah grato v’è il cor mio!..
Violetta Non ci vedrem più forse… (s’abbracciano)
a 2                                             Felice siate.. Addio!…
Germont (esce per la porta del giardino)

SCENA VI.

Violetta, poi Annina, quindi Alfredo.

Violetta Dammi tu forza, o cielo!..
(siede, scrive, poi suona il campanello)
Annina Mi richiedeste?
Violetta                            Sì, reca tu stessa
Questo foglio…
Annina (ne guarda la direzione, e se ne mostra sorpresa)
Violetta                           Silenzio… va all’istante. (Annina esce)
Violetta Ed or si scriva a lui…
Che gli dirò?… chi men darà il coraggio!
(scrive e poi suggella)
Alfredo Violetta che fai?…
Violetta                                 Nulla. (ascondendo la lettera)
Alfredo                                             Scrivevi?
Violetta No… sì… (confusa)
Alfredo                 Qual turbamento!.. a chi scrivevi?…
Violetta A te…
Alfredo           Dammi quel foglio.
Violetta                                               No, per ora…
Alfredo Mi perdona… son io preoccupato.
Violetta Che fu!!.. (alzandosi)
Alfredo                 Giunse mio padre…
Alfredo                                                     Lo vedesti?
Alfredo No, no, un severo scritto mi lasciava…
Ma verrà… t’amerà solo in vederti…
Violetta Ch’ei qui non mi sorprenda… (molto agitata)
Lascia che m’allontani… tu lo calma…
Ai piedi suoi mi getterò… divisi (male frenando il pianto)
Ei più non ne vorrà… sarem felici…
Perchè tu m’ami, Alfredo, non è vero?..
Alfredo Oh quanto!.. perchè piangi?..
Violetta Di lacrime avea duopo… or son tranquilla,
Lo vedi?… ti sorrido… (forzandosi)
Sarò là, tra quei fior, presso a te sempre…
Amami, Alfredo, quant’io t’amo… Addio.
(corre in giardino.)

SCENA VII.

Alfredo, poi Giuseppe, indi un Commissionario a tempo.

Alfredo Ah vive sol quel core all’amor mio!.. (siede, prende a caso un libro, legge alquanto, quindi s’alza, guarda l’ora sull’orologio sovrapposto al camino.)
È tardi, ed oggi forse,
più non verrà mio padre.
Giuseppe (entrando frettoloso.)
La signora è partita…
L’attendeva un calesse, e sulla via
Già corre di Parigi… Annina pure
Prima di lei spariva.
Alfredo                                     Il so, ti calma…
Giuseppe (Che vuol dire ciò?) (esce.)
Alfredo                                   Va forse d’ogni avere
Ad affrettar la perdita… ma Annina
La impedirà… (si vede il Padre attraversare in lontano il giardino.) Qualcuno è nel giardino!…
Chi è là?.. (per uscire).
Commission. (sulla porta.) Il signor Germont?
Alfredo                                                             Son io
Commission.                                                                         Una dama
Da un cocchio, per voi, di qua non lunge
Mi diede questo scritto… (dà una lettera ad Alfredo, ne riceve qualche moneta, e parte.)

SCENA VIII.

Alfredo, poscia il signor Germont ch’entra dal giardino.

Alfredo Di Violetta!.. Perché son io commosso?..
A raggiungerla forse ella m’invita…
Io tremo!.. oh ciel!.. coraggio!. (apre e legge.)
Alfredo, al giungervi di questo foglio….
(come fulminato grida:)
Ah!.. (Volgendosi si trova a fronte del padre, nelle cui braccia si abbandona esclamando:)
Padre mio!

Germont                                      Mio figlio!..
Oh quanto soffri… tergi, ah tergi il pianto,
Ritorna di tuo padre orgoglio e vanto.
Alfredo (disperato siede presso il tavolino col volto tra mani)
Germont Di Provenza il mare, il suol — Chi dal cor ti cancellò?
Ai natio fulgente sol — Qual destino ti furò?…
Oh rammenta pur nel duol — Ch’ivi gioia a te brillò,
E che pace colà sol — Su te splendere ancor può.
Dio mi guidò!
Ah il tuo vecchio genitor — Tu non sai quanto soffrì!..
Te lontano, di squallor — Il suo tetto si coprì…
Ma se alfin ti trovo ancor, — Se in me speme non fallì,
Se la voce dell’onor — In te appien non ammutì..
Dio mi esaudì!
Nè rispondi d’un padre all’affetto? (abbracciandolo)
Alfredo        Mille furie divoranmi il petto…
Mi lasciate… (respingendolo)
Germont                               Lasciarti!…
Alfredo                                                   (Oh vendetta!) (risoluto)
Germont        Non più indugi, partiamo,… t’affretta…
Alfredo (Ah fu Douphol!)
Germont                                   M’ascolti tu?
Alfredo                                                          No.
Germont        Dunque invano trovato t’avrò?
No non udrai rimproveri;
Copriam d’oblio il passato;
L’amor che m’ha guidato
Sa tutto perdonar.
Vieni, i tuoi cari in giubilo
Con me rivedi ancora;
A chi penò finora
Tal gioia non niegar.
Un padre ed una suora
T’affretta a consolar.
Alfredo (scuotendosi, getta a caso gli occhi sulla tavola, e vede la lettera di Flora, la scorre ed esclama:)
Ah!.. ell’è alla festa!.. volisi
L’offesa a vendicar. (fugge precipitoso seguito dal padre)

SCENA IX.

Galleria nel palazzo di Flora, riccamente addobbata e illuminata. Una porta nel fondo e due laterali. A destra più avanti un tavoliere, con quanto occorre pel giuoco; a sinistra, ricco tavolino con fiori e rinfreschi, varie sedie e un divano.

Flora, il Marchese, il Dottore, ed altri invitati entrano dalla sinistra discorrendo fra loro.

Flora Avrem lieta di maschere la notte;
N’è duce il viscontino…
Vïoletta ed Alfredo anco invitai…
Marchese La novità ignorate?..
Vïoletta e Germont sono disgiunti.
Dottore e Flora           Fia vero?..

Marchese                          Ella verrà qui col barone.
Dottore           Gli vidi jeri ancor!.. parean felici. (s’ode romore a destra)
Flora           Silenzio… Udite?…
Tutti (vanno verso la destra) Giungono gli amici.

SCENA X.

Detti e molte signore mascherate da Zingare, che entrano dalla destra.

Zingare                 Noi siamo zingarelle
Venute di lontano;
D’ognuno sulla mano
Leggiamo l’avvenir.
Se consultiam le stelle
Null’avvi a noi d’oscuro,
E i casi del futuro
Possiamo altrui predir.
I.                 Vediamo?… Voi signora
(prendono la mano a Flora e la osservano)
Rivali alquante avete…
II.                     Marchese, voi non siete (fanno lo stesso al Marchese)
Model di fedeltà.

Flora                 Fate il galante ancora? (al Marchese)
Ben… vo’ me la paghiate…
Marchese                     Che diamin vi pensate?… (a Flora)
L’accusa è falsità.
Flora                 La volpe lascia il pelo,
Non abbandona il vizio…
Marchese mio, giudizio,
O vi farò pentir.
Tutti                 Su via si stenda un velo
Sui fatti del passato;
Già quel ch’è stato è stato,
Badate (Badiamo) all’avvenir.

(Flora ed il Marchese si stringono la mano)

SCENA XI.

Detti, Gastone ed altri amici mascherati da Mattadori e Piccadori spagnuoli, ch’entrano vivacemente dalla destra.

Gastone e Mattadori                 Di Madride noi siam mattadori,
Siamo i prodi del circo de’ tori;
Testè giunti a godere del chiasso
Che a Parigi si fa pel Bue grasso;
E una storia, se udire vorrete,
Quali amanti noi siamo, saprete.
Gli Altri                     Sì, sì, bravi, narrate, narrate,
Con piacere l’udremo…
Gastone e Mattadori                                                               Ascoltate.
È Piquillo un bel gagliardo
Biscaglino mattador,
Forte il braccio, fiero il guardo
Delle giostre egli è signor.
D’andalusa giovinetta
Follemente innamorò;
Ma la bella ritrosetta
Così al giovane parlò:
Cinque tori in un sol giorno
vo’ vederti ad atterrar,
E se vinci, al tuo ritorno
Mano e cor ti vo’ donar.

Sì gli disse, e il mattadore
Alle giostre mosse il piè;
Cinque tori vincitore
Sull’arena egli stendè.
Gli Altri                 Bravo invero il mattadore,
Ben gagliardo si mostrò!
Se alla giovane l’amore
In tal guisa egli provò!
Gastone e Mattadori                 Poi tra plausi ritornato
Alla bella del suo cor,
Colse il premio disïato
Tra le braccia dell’amor
Gli Altri                 Con tal prove i mattadori
San le amanti conquistar!!
Gastone e Mattadori                 Ma qui son più miti i cori
A noi basta folleggiar…
Tutti                 Sì, sì, allegri… or pria tentiamo
Della sorte il vario umor;
La palestra dischiudiamo
Agli audaci giocator.

(Gli uomini si tolgono la maschera, e chi passeggia, chi si accinge a giocare)

SCENA XII.

Detti ed Alfredo, quindi Violetta col Barone; un Servo a tempo.

Tutti Alfredo!.. Voi!…
Alfredo                           Sì, amici…
Flora                                             Violetta?
Alfredo                                                           Non ne so.
Tutti Ben disinvolto!.. Bravo!.. Or via, giocar si può.
Gastone (Si pone a tagliare, Alfredo e altri puntano.)
Violetta (entra al braccio del Barone)
Flora Qui desïata giungi… (andandole incontro.)
Violetta                                   Cessi al cortese invito.
Flora Grata vi son, barone, d’averlo pur gradito.
Barone Germont è qui!.. il vedete?… (piano a Violetta)
Violetta                               (Cielo! egli è vero!) Il vedo. (piano)
Barone Da voi non un sol detto si volga a questo Alfredo. (piano)
Violetta (Ah perchè venni! incauta!.. pietà di me, gran Dio!) (da sè)

Flora Meco t’assidi, narrami, quai novità vegg’io?..

(fa sedere Violetta presso di sè sul divano; il Dottore si avvicina ad essa che sommessamente conversano; il Marchese si trattiene a parte col Barone, Gastone taglia, Alfredo ed altri puntano, altri passeggiano.)

Alfredo Un quattro!
Gastone                     Ancora hai vinto.
Alfredo                                                   Sfortuna nell’amore
Vale fortuna al gioco… (punta e vince)
Tutti                                           E sempre vincitore!…
Alfredo Oh vincerò stassera; e l’oro guadagnato
Poscia a goder fra’ campi ritornerò beato.
Flora Solo?
Alfredo         No, no, con tale, che vi fu meco ancor:
Poi mi sfuggia…
Violetta                       (Mio Dio!)
Gastone                                     (Pietà di lei) (ad Alfredo indicando Violetta)
Barone (ad Alfredo con malfrenata ira) Signor!…
Violetta Frenatevi, o vi lascio. (piano al Barone)
Alfredo (disinvolto)                 Barone, m’appellaste?
Barone Siete in sì gran fortuna, che al gioco mi tentaste.. (ironico)
Alfredo Sì?.. la disfida accetto…
Violetta                                         (Che fia?.. morir mi sento!)
Barone Cento luigi a destra… (punta)
Alfredo                                       Ed alla manca cento… (punta)
Gastone Un asso… un fante… hai vinto!.. (ad Alfredo)
Barone                                                     Il doppio?…
Alfredo                                                                 Il doppio sia.
Gastone Un quattro… un sette… (tagliando)
Tutti                                          Ancora!…
Alfredo                                                     Pur la vittoria è mia!
Coro Bravo davver!.. la sorte è tutta per Alfredo!..
Flora Del villeggiar la spesa farà il baron, già il vedo.
Alfredo Seguite pur… (al Barone)
Servo                   La cena è pronta.
Flora                                            Andiamo.
Coro                                                         Andiamo. (s’avviano)
Alfredo Se continuar v’aggrada… (tra loro a parte)
Barone                                         Per ora nol possiamo.
Più tardi la rivincita.
Alfredo                                     Al gioco che vorrete.
Barone Seguiam gli amici, poscia…
Alfredo                                             Sarò qual mi vorrete.
Tutti (entrano nella porta di mezzo; la scena rimane un istante vuota)

SCENA XIII.

Violetta che ritorna affannata, indi Alfredo.

Violetta Invitato a qui seguirmi
Verrà desso?.. vorrà udirmi?..
Ei verrà… chè l’odio atroce
Puote in lui più di mia voce…
Alfredo    Mi chiamaste?… che bramate?..
Violetta    Questi luoghi abbandonate,
Un periglio vi sovrasta…
Alfredo    Ah comprendo!… Basta… basta.
E sì vile mi credete?…
Violetta    Ah, no, mai…
Alfredo                             Ma che temete?
Violetta    Tremo sempre del barone…
Alfredo    È tra noi mortal quistione…
S’ei cadrà per mano mia
Un sol colpo vi torria
Coll’amante il protettore…
V’atterrisce tal sciagura?
Violetta    Ma s’ei fosse l’uccisore!…
Ecco l’unica sventura
Ch’io pavento a me fatale.
Alfredo    La mia morte!… che ven cale?
Violetta    Deh partite, e sull’istante.
Alfredo    Partirò, ma giura innante
Che dovunque seguirai
I miei passi…
Violetta                             Ah no, giammai.
Alfredo    No!… giammai!…
Violetta                                   Va, sciagurato
Scorda un nome ch’è infamato..
Va… mi lascia sul momento…
Di fuggirti un giuramento
Sacro io feci…
Alfredo                           E chi, potea?..
Violetta    Chi diritto pien ne avea.
Alfredo    Fu Douphol?…
Violetta    (con supremo sforzo) Sì.
Alfredo                                                 Dunque l’ami?

Violetta    Ebben… l’amo…
Alfredo    (corre furente a spalancare la porta, e grida.)
  Or tutti a me.

SCENA XIV.

Detti, e Tutti i precedenti, che confusamente ritornano.

Tutti    Ne appellaste?… che volete?…
(additando Violetta che abbattuta si appoggia al tavolino)
Alfredo    Questa donna conoscete?
Tutti    Chi?… Violetta?
Alfredo                                 Che facesse
Non sapete?
Violetta                           Ah taci.
Alfredo                                         No.
Ogni suo aver tal femmina
Per amor mio sperdea…
Io cieco, vile, misero,
Tutto accettar potea.
Ma è tempo ancora, tergermi
Da tanta macchia bramo…
Qui testimon vi chiamo
Ch’ora pagata io l’ho. (getta con furente sprezzo una borsa ai piè di Violetta che sviene tra le braccia di Flora e del Dottore. In tale momento entra il Padre.)

SCENA XV.

Detti ed il signore Germont ch’entra alle ultime parole.

Tutti Oh infamia orribile
Tu commettesti!…
Un cor sensibile!
Così uccidesti!…
Di donne ignobile
Insultator,
Di qua allontanati
Ne dèsti orror.
Germont Di sprezzo degno se stesso rende (con dignitoso fuoco)
Chi pur nell’ira la donna offende…
Dov’è mio figlio?… più non io redo;
In te più Alfredo — trovar non so.

(Io sol fra tutti so qual virtude
Di quella misera il sen racchiude…
Io so ch’ell’ama, che gli è fedele;
Eppur crudele tacer dovrò!)
Alfredo (Ah sì!… che feci!… ne sento orrore!… (da se)
Gelosa smania, deluso amore
Mi strazzian l’alma… più non ragiono…
Da lei perdono — più non avrò.
Volea fuggirla, non ho potuto…
Dall’ira spinto son qui venuto!…
Or che lo sdegno ho disfogato,
Me sciagurato!… rimorso io n’ho!)
Violetta Alfredo, Alfredo, di questo core (riavendosi)
Non puoi comprendere tutto l’amore..
Tu non conosci che fino a prezzo
Del tuo disprezzo — provato io l’ho.
Ma verrà giorno, in che il saprai…
Com’io t’amassi confesserai…
Dio dai rimorsi ti salvi allora…
Io spenta ancora — pur t’amerò.
Barone A questa donna l’atroce insulto (piano ad Alfredo)
Qui tutti offese, ma non inulto
Fia tanto oltraggio… provar vi voglio
Che tanto orgoglio — fiaccar saprò.
Tutti Ahi quanto peni… ma pur fa core… (a Violetta)
Qui soffre ognuno del tuo dolore;
Fra cari amici qui sei soltanto
Rasciuga il pianto che t’innondò.

(Il signor Germont trae seco il figlio, il Barone li segue. Violetta è condotta in altra stanza dal Dottore e da Flora; gli altri si disperdono.)

FINE DEL SECONDO ATTO.

ATTO TERZO

CAMERA DA LETTO DI VIOLETTA.

Nel fondo è un letto con cortine mezzo tirate; una finestra chiusa da imposte interne; presso il letto uno sgabello su cui una bottiglia d’acqua, una tazza di cristallo, diverse medicine. A metà della scena una toilette, vicino un canapè; più distante un altro mobile su cui arde un lume da notte, varie sedie ed altri mobili. La porta è a sinistra; di fronte v’è un caminetto con fuoco acceso.

 

SCENA PRIMA

 

Violetta dorme sul letto. Annina seduta presso il caminetto è pure addormita.

Violetta Annina?… (destandosi)
Annina                   Comandate?… (svegliandosi confusa)
Violetta                                       Dormivi, poveretta?
Annina Sì, perdonate…
Violetta                           Dammi d’acqua un sorso.
Annina (eseguisce)
Violetta Osserva, è pieno il giorno?
Annina Son sett’ore.
Violetta Dà accesso a un po’ di luce…
Annina (apre le imposte, e guarda nella via.)
Il signore Grenvil!..
Violetta                                    Oh il vero amico!..
Alzar mi vo’… m’aita… (si alza e ricade; poi sostenuta da Annina va lentamente verso il canapè, ed il Dottore entra in tempo per assisterla ad adagiarvisi. Annina vi aggiunge dei cuscini.)

SCENA II.

Dette ed il Dottore.

Violetta Quanta bontà!… pensaste a me per tempo!..
Dottore (le tocca il polso) Or come vi sentite?

Violetta Soffre il mio corpo, ma tranquilla ho l’alma.
Mi confortò jer sera un pio ministro.
Religione è sollievo a’ sofferenti.
Dottore E questa notte?
Violetta                            Ebbi tranquillo il sonno.
Dottore Coraggio adunque… la convalescenza
Non è lontana…
Violetta                               Oh la bugia pietosa
A’ medici è concessa…
Dottore                                         Addio… a più tardi. (le stringe la mano)
Violetta Non mi scordate.
Annina (piano al Dottore accompagnandolo) Come va, signore?
Dottore La tisi non le accorda che poch’ore. (piano e parte)

SCENA III.

Violetta e Annina.

Annina Or fate cor…
Violetta                       Giorno di festa è questo?..
Annina Tutta Parigi impazza… è carnovale…
Violetta Oh nel comun tripudio, sallo Iddio
Quanti infelici gemon!.. Quale somma
V’ha in quello stippo?
Annina (apre e conta.)             Venti luigi.
Violetta Dieci ne reca ai poveri tu stessa.
Annina Poco rimanvi allora…
Violetta Oh mi sarà bastante! (sospirando)
Cerca poscia mie lettere.
Annina                                             Ma voi?..
Violetta Nulla occorrà… sollecita, se puoi. (Annina esce.)

SCENA IV.

Violetta che trae dal seno una lettera e legge.

Teneste la promessa… La disfida
Ebbe luogo; il barone fu ferito,
Però migliora… Alfredo
È in stranio suolo; il vostro sagrifizio

Io stesso gli ho svelato.
Egli a voi tornerà pel suo perdono;
Io pur verrò… Curatevi… mertate
Un’avvenir migliore;
Giorgio Germont… È tardi!.. (desolata)
Attendo, attendo… nè a me giungon mai!…
(si guarda nello specchio)
Oh come son mutata!…
Ma il Dottore a sperar pure m’esorta
Ah con tal morbo ogni speranza è morta!…
Addio del passato bei sogni ridenti,
Le rose del volto già soho pallenti;
L’amore d’Alfredo pur esso mi manca
Conforto, sostegno dell’anima stanca…
Ah della Traviata sorridi al desìo
A lei, deh perdona, tu accoglila, o Dio.
Or tutto finì.
Le gioie, i dolori fra poco avran fine;
La tomba ai mortali di tutto è confine!..
Non lacrima o fiore avrà la mia fossa,
Non croce col nome che copra quest’ossa!
Ah della Traviata sorridi al desìo
A lei, deh perdona, tu accoglila, o Dio.
Or tutto finì. (siede)

Coro Baccanale esterno.

Largo al quadrupede
Sir della festa,
Di fiori e pampini
Cinto la testa…
Largo al più docile
D’ogni cornuto,
Di corni e pifferi
Abbia il saluto.
Parigini, date passo
Al trionfo del Bue grasso.
L’Asia, nè l’Africa
Vide il più bello,
Vanto ed orgoglio
D’ogni macello…
Allegre maschere,
Pazzi garmoni

Tutti plauditelo
Con canti e suoni.
Parigini, date passo
Al trionfo del Bue grasso.

SCENA V.

Detta ed Annina che torna frettolosa.

Annina Signora… (esitando)
Violetta                Che t’accadde?
Annina Quest’oggi, è vero?.. vi sentite meglio?..
Violetta Sì, perchè?
Annina                    D’esser calma promettete?..
Violetta Sì, che vuoi dirmi?…
Annina                              Prevenir vi volli…
Una gioia improvvisa…
Violetta Una gioia!.. dicesti?…
Annina                                        Sì, o signora…
Violetta Alfredo!… Ah tu il vedesti!.. ei vien!.. l’affretta…
Annina (afferma col capo, e va ad aprire la porta.)

SCENA VI.

Violetta, Alfredo, Annina.

Violetta Alfredo?… (andando verso l’uscio.)
Alfredo (comparisce pallido pella commozione, ed ambidue gettandosi le braccia al collo esclamano:)
Violetta                   Amato Alfredo!..
Alfredo                                                  Mia Violetta!..
Colpevole sono… so tutto, o cara…
Violetta    Io so che alfine reso mi sei!…
Alfredo Da questo palpito s’io t’ami impara,
Senza te esistere più non potrei.
Violetta Ah s’anco in vita m’hai ritrovata,
Credi che uccidere non può il dolor.
Alfredo Scorda l’affanno, donna adorata,
A me perdona e al genitor.
Violetta Ch’io ti perdoni?.. la rea son io;
Ma solo amore tal mi rendè…

a 2 Null’uomo o damone, angelo mio,
Mai più staccarti potrà da me.
Parigi, o cara, noi lascieremo,
La vita uniti trascorreremo:
De’ corsi affanni compenso avrai,
La tua (mia) salute rifiorirà.
Sospiro e luce tu mi sarai,
Tutto il futuro ne arriderà.
Violetta Ah non più… a un tempio… Alfredo andiamo,
Del tuo ritorno grazie rendiamo… (vacilla)
Alfredo    Tu impallidisci!…
Violetta                                     È nulla, sai…
Gioia improvvisa non entra mai
Senza turbarlo un mesto core… (si abbandona come sfinita sopra una sedia col capo cadente all’indietro)
Alfredo    Gran Dio!… Violetta!… (spaventato sorreggendola)
Violetta                                     È il mio malore… (sforzandosi)
Fu debolezza… ora son forte…
Vedi?… sorrido…                                   (sforzandosi)
Alfredo    (desolato)            (Ahi cruda sorte!…)
Violetta    Fu nulla… Annina, dammi a vestire…
Alfredo    Adesso!… Attendi…
Violetta    (alzandosi)            No… voglio uscire.
Annina    (le presenta una veste ch’ella fa per indossare, e impeditane dalla debolezza esclama:)
Violetta    Gran Dio non posso!… (getta con dispetto la veste e ricade sulla sedia)
Alfredo    (Cielo!… che vedo!…)
Va pel dottore… (ad Annina)
Violetta    (ad Annina)        Digli… che Alfredo
È ritornato all’amor mio…
Digli che vivere ancor vogl’io…
Annina    (parte.)
Violetta    Ma se tornando non m’hai salvato, (ad Alfredo)
A niuno in terra salvarmi è dato.

SCENA VII.

Violetta e Alfredo.

Violetta        Gran Dio!… morir sì giovane,
Io che penato ho tanto!…
Morir sì presso a tergere
Il mio sì lungo pianto!
Ah dunque fu delirio
La credula speranza;
Invano di costanza
Armato avrò il mio cor!…
Alfredo… oh il crudo termine
Serbato al nostro amor!…
Alfredo        Oh mio sospiro, oh palpito
Diletto del cor mio!…
Le mie colle tue lacrime
Confondere degg’io…
Or più che mai, nostr’anime
Han duopo di costanza…
Ah tutto alla speranza
Non chiudere il tuo cor!
Violetta mia, deh calmati,
M’uccide il tuo dolor.

(Violetta s’abbandona sul canapè.)

SCENA ULTIMA.

Detti, Annina, il signore Germont ed il Dottore.

Germont Ah Violetta!… (entrando)
Violetta                          Voi signor!…
Alfredo                                                 Mio padre!…
Violetta Non mi scordaste?
Germont                                   La promessa adempio…
A stringervi qual figlia vengo al seno,
O generosa.
Violetta                      Oimè, tardi giungeste!…
Pure, grata ven sono… (lo abbraccia)
Grenvil, vedete?… tra le braccia io spiro
Di quanti ho cari al mondo…

Germont                                                     Che mai dite!
(Oh cielo!… è ver!) (la osserva)
Alfredo                                         La vedi, padre mio?
Germont Di più non lacerarmi…
Troppo rimorso l’alma mi divora…
Quasi fulmin m’atterra ogni suo detto…
Oh malcauto vegliardo!…
Ah tutto il mal ch’io feci ora sol vedo!
Violetta (frattanto avrà aperto a stento un ripostiglio della toilette e toltone un medaglione dice:)
Prendi, quest’è l’immagine
De’ miei passati giorni,
A rammentar ti torni
Colei che sì t’amò.
Se una pudica vergine
Degli anni suoi nel fiore
A te donasse il core…
Sposa ti sia,… io vo’
Le porgi questa effigie,
Dille che dono ell’è
Di chi nel ciel tra gli angeli
Prega per lei, per te.
Alfredo        No, non morrai, non dirmelo,
Dèi vivere, amor mio…
A strazio così orribile
Qui non mi trasse Iddio.
Sì presto, ah no, dividerti
Morte non può da me…
Ah vivi, o un solo feretro
M’accoglierà con te.
Germont        Cara, sublime vittima
D’un generoso amore,
Perdonami lo strazio
Recato al tuo bel core.
Germont,
Dottore,
Annina        Finché avrà il ciglio lacrime
Io piangerò per te;
Vola a’ beati spiriti;
Iddio ti chiama a se.
Violetta        È strano!!… (alzandosi rianimata)
Tutti                             Che!
Violetta                                    Cessarono
Gli spasmi del dolore,
In me rinasce… m’anima

Insolito vigore!…
Ah! io ritorno a vivere!… (trasalendo)
Oh gio… ia!… (ricade sul canapè)
Tutti                                     Oh cielo!… muor!…
Alfredo Violetta?…
Tutti                 Oh Dio, soccorrasi…
Dottore È spenta!… (dopo averle toccato il polso)
Tutti                     Oh mio (rio) dolor!

(Quadro e cade la tela.)

FINE.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno