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La caduta della casa degli Usher è la nuova serie Netflix creata da Mike Flanagan e ispirata agli scritti di Edgar Allan Poe: la recensione.

Un uomo si reca in una vecchia casa diroccata, dopo essere stato chiamato da una sua vecchia conoscenza: dovrà ascoltare la confessione di una vicenda di orrore e morte che ha condotto al declino di una potente e ricca famiglia. La caduta della casa degli Usher – titolo da intendere sia in senso figurato che letterale, come vedremo – inizia da qui e per 8 episodi ci conduce in un racconto dell’orrore nel puro stile di Mike Flanagan, il regista e sceneggiatore statunitense che oggi rappresenta probabilmente il nuovo maestro del genere. Lanciato dal successo del film Oculus, prodotto dall’impeccabile Blumhouse nel 2013, ha poi trovato la sua dimensione ideale nelle serie tv, creando per Netflix diverse piccole perle del settore, come The Haunting of Hill House, The Hounting of Bly Manor, Midnight Mass e The Midnight Club, fino appunto a questa nuova serie.

La caduta della casa degli Usher ripropone tutto lo stile di Flanagan, riuscendo però sempre a rinnovarlo. Le sue storie partono sempre da una solida base letteraria, un romanzo o, in questo caso, un racconto, che però viene usato solo come traccia, che Flanagan espande e rimpie di storie e tematiche nuove. Una narrazione spessa, che sfrutta la mitopoiesi – la rimessa in scena del mito – per creare qualcosa di nuovo. Storie di fantasmi che sono però sempre storie di famiglie disfunzionali, come visto nelle due stagioni della serie Haunting e come riproposto nella tragica vicenda della casa degli Usher. Nel corso degli otto episodi seguiamo in parallelo la dissoluzione e l’ascesa della dinastia guidata da Roderick Usher (interpretato da Zack Gilford da giovane, e da Bruce Greenwood da vecchio), emerso assieme alla sorella Madeline (Willa Fitzgerald e Mary McDonnell) da un’infanzia povera e difficile e salito a capo di una rivoluzionaria azienda farmaceutica. Le famiglie di Mike Flanagan sono sempre un perverso miscuglio di affetti e persecuzioni, e quella degli Usher non fa eccezione. Il tema portante della serie si ritrova proprio nell’ambiguo atteggiamento del capofamiglia, che si presenta spiegando come i suoi numerosi figli siano frutto del senso di responsabilità che lo ha portato a riconoscere ogni figlio avuto fuori dal matrimonio, ma alla fine dovrà confessare che sulla sua discendenza grava una ineffabile maledizione.

Dal classico del topos letterario, ripreso da Edgar Allan Poe, il creatore della serie trasporta la sua storia nella più stretta attualità. Non solo a livello di ambientazione, ma anche e soprattutto nelle tematiche. La caduta della casa degli Usher ci parla di responsabilità e di peccati che dai padri ricadono sui figli: ciò che le passate generazioni hanno accettato, per sete di denaro e successo, non verrà scontato da loro, ma dagli innocenti discendenti che li seguiranno. Si gioca sugli stereotipi dell’horror, ma ci si gira attorno fino ad affrontarli da prospettive ribaltate. Proprio come avviene con la figura della donna interpretata da Carlo Gugino, che viene presentata come una spietata antagonista demoniaca, e invece si rivelerà col tempo il personaggio più giusto, corretto e, paradossalmente, umano di tutta la serie.

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La caduta della casa degli Usher: un saggio su Edgar Allan Poe

La letteratura di genere è sempre alla base delle opere seriali di Mike Flanagan. Se in Hill House riprendeva il romanzo di Shirley Jackson, in Bly Manor toccava a un altro classico immortale come Il giro di vite di Henry James. Due scelte che rivendicano la vocazione gotica del regista, che per La caduta della casa degli Usher vi rifà fin dal titolo all’omonimo racconto del 1839 di Edgar Allan Poe. Ma chiamarla traspozione sarebbe superficiale, perché in realtà l’opera letteraria originale è solo il contenitore che racchiude organicamente una serie di storie tutte dello stesso autore, riadattate per intersecarsi con la trama principale di Flanagan. Ogni episodio è infatti ispirato da un’altra opera di Poe, comprese le celeberrime Il pozzo e il pendolo, Il corvo, Il cuore rivelatore e I delitti della Rue Morgue.

Da questo punto di vista, La caduta della casa degli Usher è dunque una sorta di antologia reinventata della produzione letteraria dello scrittore statunitense, che dimostra come ancora oggi le sue idee e il suo stile siano di eccezionale attualità. D’altronde, l’horror di Mike Flanagan è un genere a tinte gotiche, che per fare paura usa ambientazioni, suggestioni e tematiche forti, lasciando sempre più spesso in secondo piano i jump-scare che ormai da anni imperversano al cinema, nei film costretti in 90 minuti a spaventare un pubblico sempre più disattento. È quindi una serie che va seguita con attenzione, per non perdersi nei dettagli di una trama in cui l’apperente prevedibilità è un punto di forza. Il peccato di Roderick e Madeline si intuisce presto, ma la sua esplicita rivelazione viene costantemente rimandata fino all’ultimo episodio, pur restando implicita in ogni momento. Così, il punto della storia non è “cosa è successo”, ma esattamente cosa sta succedendo sotto i nostri occhi, in questo racconto nel racconto chiuso dentro una casa stregata che si sta sgretolando.

Valerio Moggia

Nato a Novara nel 1989, è il curatore del blog Pallonate in Faccia, ha scritto per Vice Italia e Rivista Undici, e collabora con la rivista digitale Linea Mediana.