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Gli Aristogatti è un film animato del 1970. Un classico Disney, per esattezza il numero 20. Un’amabile famigliola di gatti si ritroverà a vivere avventure folli per le strade di Parigi, affiancata da alcuni gatti di strada.

Cosa ci insegna Gli Aristogatti? Questo film animato cult della Disney offre numerosi insegnamenti e, al tempo stesso, vanta degli evidenti limiti legati al suo tempo.

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Gli Aristogatti significato

Gli Aristogatti evidenziano le differenze sociali che esistono nel mondo degli umani. Le differenti classi esistono anche nella dimensione animale. Vi sono luoghi adatti agli animali domestici di lusso (magioni e appartamenti splendidi), così come altri per gatti, e non solo, delle classi più basse.

I felini dei vicoletti, rozzi e ignoranti secondo i preconcetti dei gatti di lusso, vengono mostrati in maniera negativa fin da subito, seppur in maniera indiretta. Bizet viene mostrato imitare degli esemplari di strada, per poi essere rimproverato da sua madre, Duchessa, che richiede un certo aplomb. Il film d’animazione conduce i protagonisti, tanto quanto gli spettatori, alla scoperta di un mondo tutto nuovo. La vita di strada può essere dura ma al tempo stesso splendida. La lotta di classe esiste ma questo concetto può essere superato imparando a ignorare i pregiudizi che la società ci impone.

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Gli Aristogatti polemica

Gli Aristogatti è uno dei classici animati Disney. Ha conquistato più di una generazione. È però giunto al cinema nel 1970 e risente dunque della società del tempo. Oggi si parla molto di più di tematiche sociali. Si tende dunque a guardare indietro e criticare in maniera netta certe produzioni. Seppur non si dovrebbe puntare il dito senza tener conto dello scenario del tempo, è innegabile come Gli Aristogatti abbia dei limiti.

In molti si sono concentrati su alcune rappresentazioni stereotipate. Nello specifico il film è finito al centro dei riflettori per il personaggio di Shun Ghon, gatto siamese mostrato con tratti del viso stereotipati e accento dell’Asia orientale. Ignorata invece la rappresentazione di Duchessa, mostrata come una femmina che necessita assolutamente della presenza di un maschio al suo fianco.

Quando mostrata con Romeo, non fa altro che battere le palpebre e sfruttare la propria fisicità per intrigarlo. È sola da molto tempo e si può dire che la sua caratterizzazione, da metà pellicola in poi, si riduce a quella di una gatta che necessita d’essere guidata e salvata da un maschio, e magari corteggiata e conquistata. Classismo, sessismo e razzismo, un mix micidiale per un film figlio del suo tempo che resta un classico adorabile.

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Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno