Paolo Borsellino con Zingaretti differenze film realtà

Luca Incoronato
19/07/2022

Paolo Borsellino con Zingaretti differenze film realtà

Paolo Borsellino – I 57 giorni è un film che racconta l’ultimo periodo della vita del magistrato. La fase che separa la tragica morte di Falcone dalla sua.

Luca Zingaretti si è calato nei complessi panni di Paolo Borsellino, interpretando il magistrato in questo film per la TV del 2012, per la regia di Alberto Negrin: Paolo Borsellino – I 57 giorni. Il racconto ha inizio il 23 maggio 1992, giorno nel quale venne assassinato Giovanni Falcone. I due avrebbero dovuto incontrarsi per pranzo, così da festeggiare la quasi certa nomina alla Superprocura di Falcone. Da allora ebbe inizio una corsa contro il tempo per Borsellino, alla ricerca della verità sulla morte dell’amico fraterno, conscio che quel destino sarebbe stato probabilmente anche il suo.

Paolo Borsellino – I 57 giorni differenze dalla realtà

Per quanto Paolo Borsellino – I 57 giorni sia una fiction, un film per la TV, la sua aderenza alla realtà è decisamente ottima. Al di là di qualche sfumatura che, come per la miniserie con Giorgio Tirabassi del 2004, si limita a modelle delle auto e poco altro legato all’esattezza dell’ambientazione storica, il resto può dirsi perfetto.

Vengono raffigurati gli ultimi 57 giorni di Paolo Borsellino. Il pensiero dell’uomo, privato, viene ricostruito grazie a quanto da lui dichiarato pubblicamente. Il suo stato d’animo era evidente, così come la sua sete di giustizia. Per il resto, sul fronte pubblico, vi sono numerose fonti a corroborare quanto mostrato nel lavoro con al centro Luca Zingaretti.

Il 25 giugno 1992 tenne il suo ultimo intervento pubblico, nel quale disse: “Io sono un magistrato e un testimone”. Fede riferimento al fatto di sapere chi fosse responsabile della morte di Giovanni Falcone. Qualsiasi elemento utile è però morto con lui, dal momento che l’unica chance di ottenere degli scritti preziosi risiedeva nell’agenda rossa da cui non si separava mai, sparita proprio nel giorno della sua morte.

Cos’è il maxiprocesso di Palermo

La grande colpa di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino fu quella di riuscire a mettere in piedi il maxiprocesso di Palermo, che ha di fatto cambiato la storia della lotta alla mafia. Di anni ne sono passati e c’è chi oggi potrebbe non avere le idee chiare su cosa abbia rappresentato tutto ciò.

Si parlò di maxiprocesso perché le dimensioni erano senza precedenti. Ben 476 imputati, “infinite” testimonianze, arringhe, requisitorie, repliche. Il tutto attraverso ben 20 mesi, tra il 1986 e il 1987. Tempi decisamente ridotti, considerando la mole e i tempi burocratici medi italiani.

Per la prima volta si è arrivati a dimostrare l’esistenza di un’associazione nota come Cosa nostra, governata da una cupola. Un passaggio cruciale, perché in seguito non è più stato necessario dover dimostrare da principio l’esistenza di quest’organizzazione criminosa in ogni altro caso di associazione a delinquere di stampo mafioso.

In primo grado la sentenza vide 19 ergastoli, per un totale di 2665 anni di reclusione. Multe per un ammontare di 11.542.000 di lire e 114 assoluzioni. La sentenza di Appello aveva ridimensionato le pene e mutato la ricostruzione d’insieme, pur riconoscendo la struttura gerarchica verticale di Cosa nostra. Una visione che non convinse i giudici della Corte di Cassazione, che rese definitiva la sentenza della nuova corte d’Assiste d’appello, che di fatto confermava la sentenza dei giudici di primo grado.