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Suburra Eterna ci riporta nel mondo della politica corrotta romana e della criminalità Sinti, in un mondo sommerso dalle ombre terrificanti del Vaticano. Una sola domanda: valeva la pena tentare un sequel?

Netflix ha aperto le porte alle nuove storie di Suburra Eterna, ovvero la serie sequel dell’acclamata Suburra. Inutile dire quanto siano interconnesse, e come questa non sia consigliata a chi non abbia visto il primo ciclo di episodi. Si tratta infatti di un diretto continuamento di quanto già narrato. Ci si sposta avanti nel tempo di tre anni, ritrovando sullo schermo Spadino, Cinaglia e non solo. Il tutto in assenza, ovviamente, di Alessandro Borghi e Francesco Acquaroli. Fronteggiare un progetto di questo tipo, considerando il successo passato, non è mai qualcosa di semplice. Occorre sempre dimostrare al pubblico di meritare la sua fiducia. È come se tutto ciò che è stato creato non contasse più. Diventa in realtà un peso, e a gestirlo sono principalmente Giacomo Ferrara e Filippo Nigro, che dimostrano d’avere spalle larghe.

Suburra Eterna trama

Facciamo subito un salto in quella che è la storia di Suburra Eterna, scoprendo anche quelli che sono i suoi personaggi. Come detto, ci si ritrova catapultati leggermente nel futuro. Dal finale di Suburra sono trascorsi tre anni, nel corso dei quali Spadino ha cambiato completamente scenario. La sua vita è in Germania, insieme al compagno Mesut. Le cose sono cambiate a Roma, e tanto, con Cinaglia che è diventato grande eminenza grigia della politica cittadina. Di fatto Samurai è stato ufficialmente soppiantato, una volta per tutte. Il rampollo degli Anacleti è però chiamato a un ritorno, un po’ inaspettato, nella città eterna. Il motivo? I discendenti di un’altra famiglia Sinti, i Luciani, decidono di vendicarsi di un massacro truculento avvenuto ben 20 anni prima. In pratica tutti i parenti di Spadino sono stati brutalmente uccisi. Un novero che non vede risparmiata sua madre Adelaide, matrona della famiglia e principale obiettivo. È tempo di vendetta per Spadino, pronto a sporcarsi le mani in prima persona e stravolgere Roma dalle fondamenta per far pagare chiunque abbia cancellato gli Anacleti dalle strade di Roma. Ferite su ferite si aggiungono per lui, dal momento che la sua ex moglie, Angelica, è ora moglie di Damiano Luciani. Si tratta proprio della mente posta alla base del piano orchestrato per massacrare gli Anacleti. Sono però tante le tessere del domino in movimento, come dimostra il fatto che in Campidoglio Ercole Bonatesta si sta facendo strada. Si tratta di un discendente di una terza famiglia Sinti, a sua volta sterminata dai parenti di Spadino in quelle notti buie di vent’anni prima.

Suburra Eterna recensione

Come in passato, Netflix dimostra d’avere grandi ambizioni con questa storia. Non si tratta di un semplice tentativo di marciare sulla fama precedentemente accumulata. Non uno spin-off, bensì un nuovo capitolo, con radici solide che affondano nel precedente. Progetti di questo tipo non si affrontano senza un’idea chiara in mente. Si ha bisogno di una storia forte e non della sola volontà di dare al pubblico nuove storie della serie che ha dimostrato d’apprezzare. Ritrovare però la luce di Suburra non è cosa semplice, affatto. In questo caso la sceneggiatura va a poggiarsi su degli sviluppi narrativi già visti, a partire dalla corrotta politica che si lega a stretto giro con il mondo del Vaticano. I tradimenti sono all’ordine del giorno e il sistema delle varie famiglie garantisce continui colpi di scena, alcuni prevedibili e altri meno, sulla scia di una generale sete di potere e vendetta. Cosa vuol dire tutto ciò? Che forse non c’era effettivamente bisogno di Suburra Eterna, che non infanga il ricordo ma fatica nel trovare la propria strada. La storia prova a destare l’attenzione dello spettatore con dei salti nel passato ma, al tempo stesso, lo rassicura con i tre elementi geografici cardine cui è stato abituato: Ostia, Vaticano e campi dei Sinti. Rischiare il fallimento cambiando le carte in tavola sarebbe stata ovviamente una scelta coraggiosa, soprattutto considerando come spesso il pubblico non voglia altro che una coccola, un “more of the same”, come già visto in produzioni ripetitive come La casa di carta, negli schemi proposti. Ancora una volta il resto di Roma sparisce rispetto a queste tre aree specifiche. Il vero dubbio, però, è rappresentato dalla scelta di aggiungere alla storia un complesso insieme di rapporti personali, tra pugnalate alle spalle e colpi di scena, che si mostra quasi totalmente come un volontario confondere le acque, senza però modificare la storia in maniera incisiva. Un’aggiunta di “side quest” per aumentare la longevità del gioco, senza dire nulla o quasi di rilevante. Spazio quindi a sottotrame e deviazioni che lasciano il tempo che trovano, in un progetto buono e null’altro. Ritornano le atmosfere ma si ha la sensazione di veder semplicemente inseriti dei personaggi in un set altrui, sperando che la scintilla scatti di colpo. Resta da chiedersi se sia un’occasione sprecata o una che in nessun caso doveva essere colta.

Luca Incoronato

Giornalista pubblicista, orgoglioso classe '89. Mai avuto alternative alla scrittura, dalle poesie d'amore su commissione in terza elementare al copywriting. Appassionato di cinema e serie TV, pare io sia riuscito a farne un lavoro