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Vita di Pi è un film del 2012 diretto da Ang Lee. Una storia dalle differenti letture, adattamento dell’omonimo romanzo di Yann Martel. I protagonisti sono Suraj Sharma e Irrfan Khan, nei panni di Pi, giovane e adulto.

Il senso ultimo di Vita di Pi dipende dallo sguardo dello spettatore. Ecco, dunque, come finisce il film e in che modo sia possibile analizzare questa profonda storia.

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Vita di Pi come finisce

Pi è vivo e viene condotto in ospedale. Qui racconta la sua avventura a due giapponesi, inviati dalla compagnia assicuratrice che ha il compito di ricostruire l’accaduto. La sua versione dei fatti non li convince. Gli chiedono, dunque, di raccontare la “vera” storia. Ecco che Pi offre loro una versione che possono accettare.

Non vi sono animali a bordo della sua barca, soltanto uomini. Racconta d’essere finito nella scialuppa con il cuoco, un marinaio buddista e sua madre. Il marinaio aveva una gamba rotta ed è morto pochi giorni dopo. Il cuoco aveva quindi iniziato a usare la sua carne come esca per pescare. In breve, però, il rapporto tra lui e sua madre era divenuto conflittuale, fino al terribile omicidio messo in atto dal crudele cuoco.

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Il giorno dopo Pi aveva ucciso il cuoco, ricavando esce dal suo cadavere. Ha dovuto fare i conti con il lato umano del suo essere. Da ciò si deduce che Richard Parker non era altro che lo stesso Pi, costretto a far venire fuori il proprio lato animalesco per sopravvivere. I due credono a questa versione, che però è fin troppo brutale. Avvalorano dunque la tesi del naufrago sopravvissuto con una tigre in mare per 227 giorni. Pi fa infatti notare loro come non vi sia differenza dal loro punto di vista. In entrambi i casi la nave è affondata e nessuno può accertarne le cause.

Anche lo scrittore ritiene che la storia migliore sia quella con gli animali. Al termine del film scopriamo come Pi si sia fatto una vita. È sposato e ha due bambini, che portano il nome di suo fratello e del suo primo amore.

Vita di Pi significato

Vi sono differenti livelli per quello che riguarda il significato ultimo di Vita di Pi. È possibile soffermarsi unicamente sulla storia d’avventura, che vanta dei contorti alquanto classici, arricchiti da una potenza dell’immagine davvero entusiasmante, soprattutto se goduta su grande schermo. Un racconto di formazione che vede nel naufragio e nel lungo viaggio che segue il passaggio traumatico dall’infanzia all’età adulta. Ci si ritrova, infatti, senza l’ausilio dei propri genitori, chiamati a dover prendere decisioni per conto proprio, scoprendo il mondo in autonomia.

È possibile però svelare anche un altro livello, teologico e religioso. In questo caso vediamo scontrarsi due mondi differenti, quello della razionalità, che si fonda sull’esperienza empirica, e quello della trascendenza, che accetta di compiere il salto della fede. Vi è però di più. Si propone anche uno sguardo a differenti religioni, che in realtà vantano più punti in comune di quanto non si possa pensare.

A ciò si aggiunge anche una riflessione sul mondo animale. Abbiamo perso contatto con quella parte di noi. Siamo fin troppo abituati a considerare le belve prive di parola qualcosa di differente dal genere umano. Ci si pone dunque la domanda: gli animali hanno un’anima? Nella riscoperta dell’intimo rapporto con la natura si tenta di intravedere un disegno divino, qualora esistesse.

L’ultima lettura, più cruda, vuole gli animali come trasfigurazioni dell’animo umano. In questo caso il viaggio propone sfaccettature del nostro essere. Aspetti dell’Io che alcuni decidono di sopprimere e altri accettano. Ciò vale per i lati positivi e per quelli spregevoli.

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Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno