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La Retribution è già arrivata al capolinea? Secondo quanto visto nelle ultime settimane – ma praticamente da sempre – sembrerebbe proprio che sia così. E onestamente la scomparsa di questa improbabile stable non potrebbe essere che un bene per tutti i suoi componenti.

Retribution ai titoli di coda?

5 ottobre 2020, Monday Night RAW: l’incontro tra il talentuoso Mustafa Ali e il leader dell’Hurt Business MVP viene interrotto improvvisamente dall’arrivo della Retribution, una stable di misteriosi uomini mascherati che da poco è entrata a far parte dello show del lunedì della WWE.

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Comparsi praticamente dal nulla in piena estate, dopo aver aggredito a più riprese annunciatori e pubblico presente e aver devastato a più riprese lo stage, arrivando a tagliare le corde del ring con una motosega, i membri della cosiddetta Retribution si sono rivelati essere wrestler, delusi dal sistema WWE e decisi a scuoterlo dalla base.

Il 5 ottobre Mustafa Ali finisce per trovarsi faccia a faccia con i due membri più mastodontici del gruppo, T-Bar e Mace, ma invece di affrontarli cambia improvvisamente espressione, rivelandosi il leader segreto di questo gruppo di rinnegati e ordinando il massacro dell’Hurt Business.

Non solo è un turn heel perfettamente riuscito per un wrestler di spessore ma privo di una vera caratterizzazione, ma è anche una delle purtroppo rare volte in cui la WWE si ricollega a storyline accennate mesi prima e poi apparentemente accantonate: Ali non solo si rivela essere il leader della Retribution, ma anche il misterioso hacker che a lungo aveva interferito con gli show della WWE.

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Un momento decisamente intrigante a cui purtroppo non seguirà uno sviluppo all’altezza: il turn heel di Mustafa Ali non servirà infatti a risollevare il destino dei membri di una stable accolta malissimo dal pubblico fin dalla sua prima comparsa ufficiale, mai né vincente né convincente sul ring e che il WWE Universe – e la WWE stessa, probabilmente – ha sempre considerato una macchietta con credibilità pari a zero.

Un inizio tremendo

Presentatasi a RAW come un vero e proprio esercito, la Retribution si è ridotta nel giro di un pugno di apparizioni a contare appena 5 membri: Ali, appunto, poi Mia Yim, Dominik Dijakovic, Dio Maddin e Shane Thorne, mascherati e rinominati rispettivamente Reckoning, T-Bar, Mace e Slapjack.

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Forse per i nomi da battaglia improbabili, forse per le maschere, probabilmente per un booking pessimo – sconfitti fin dall’esordio, roba che manco Curt Hawkins – il quintetto non è mai decollato nonostante l’indiscutibile talento in ring di tutti i suoi componenti.

Le critiche sono state incredibilmente feroci da parte di fan e addetti ai lavori, e in questo senso è memorabile l’affermazione di Adam Silverstein di CBS Sports: “Per lo più saltellano in giro e gridano “Yeah!” come un gruppo di adolescenti che crea problemi a scuola.”

Bastonata a più riprese dall’Hurt Business, pestata inesorabilmente da The Fiend, la Retribution si è poi inspiegabilmente impegnata in un feud contro il solo Ricochet, registrando una serie di vittorie che però si sono rivelate completamente inutili.

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Retribution, un fallimento su tutta la linea

L’obiettivo del gruppo era infatti quello di costringere il wrestler a unirsi a loro “altrimenti sarebbero stati guai”, ma questi si è semplicemente continuato a negare. Senza alcuna conseguenza e senza che più nessuno ne parlasse.

Disastroso lo score sul ring: la Retribution ha incassato sconfitte in serie fin dal debutto, prendendosi qualche vittoria giusto contro Ricochet e, in un’occasione, contro il Team RAW formato da Braun Strowman, Keith Lee, Riddle e Sheamus.

Quest’ultimo incontro la dice lunga sulla gestione del gruppo da parte dei booker: un successo arrivato solo per sottolineare le tensioni tra i membri del team che avrebbe dovuto lottare alle Survivor Series, seguito da settimane di assoluto oblio e poi da un ritorno costellato ancora di sconfitte e fallimenti.

A nulla è valsa l’interpretazione sempre convincente di Mustafa Ali nei panni del leader carismatico, a niente sono serviti l’impegno dei membri che anche – e soprattutto – sui social non hanno mancato di farsi sentire, disturbando e provocando molti altri wrestler tra cui anche alcuni esterni alla WWE.

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Niente da fare, la Retribution è sembrata segnata fin da subito e adesso sembra finalmente arrivata all’epilogo, a meno di 7 mesi dalla sua comparsa e a meno di 5 dalla rivelazione di Mustafa Ali, il leader che avrebbe dovuto guidarla nel distruggere il sistema.

Un fallimento annunciato

Proprio Ali è stato incredibilmente beffato da John Morrison nel Fatal 4-Way che prima di Elimination Chamber avrebbe potuto garantirgli un posto per lo US Championship, sorpreso da un roll-up in un match senza squalifiche in cui era l’unico a poter disporre di un aiuto esterno.

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Il giorno successivo, a RAW, ecco l’ennesima sconfitta da parte di T-Bar e Mace contro il New Day, seguita dalla rabbia e dalla frustrazione di Ali che ha chiesto ai suoi fino a quando intendevano continuare a metterlo in imbarazzo.

Parole a cui T-Bar, Mace, Slapjack e Reckoning hanno risposto in maniera piccata via Twitter. Particolarmente interessante la risposta della fu Mia Yim, che si è chiesta quanto ancora loro avrebbero dovuto continuare a subire questa cosa: ambiguo il riferimento, che poteva essere Ali o la Retribution stessa.

https://twitter.com/ReckoningRTRBTN/status/1364094816670289926

La Retribution sembra già arrivata ai titoli di coda, e la cosa dovrebbe far tirare un sospiro di sollievo un po’ a tutti: ai fan, che non hanno mai digerito il pessimo impatto avuto dal gruppo e la terribile storyline – una compagnia che assume chi la mette a soqquadro – e ai diretti interessati, che forse con il tempo avranno la possibilità di ricostruirsi e giocarsi meglio la loro possibilità nel main roster.

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Eppure un pregio a questa improbabile storia bisognerà sempre riconoscerlo. E cioè quello di aver rappresentato perfettamente tutto quello che una stable non deve essere per avere successo. In questo senso possiamo parlare di eccellenza. La Retribution è morta? Viva la Retribution.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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