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La grande opportunità di Cesaro e la determinazione di Roman Reigns di dimostrare di essere più forte di tutto e tutti, il ritorno in PPV di Bayley e Charlotte Flair, la possibilità per Rey e Dominik Mysterio di scrivere la storia: WrestleMania Backlash avrebbe offerto molti motivi per far parlare di se la notte di domenica 16 maggio, eppure il giorno successivo non si fa che parlare dell’assurdo e improbabile Zombie Lumberjack Match tra Damian Priest e The Miz.

WrestleMania Backlash e l’invasione zombie: perché?

Proprio così: la rivincita “one on one” di uno dei match più pubblicizzati di WrestleMania 37, quello che aveva coinvolto nelle inedite vesti di wrestler il cantante latino Bad Bunny, si è risolta in un incontro forzato e surreale che ha portato molti siti specializzati a stroncare senza pietà la scelta della WWE per omaggiare lo sponsor principale di WrestleMania Backlash.

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Parliamo di “Army of the Dead”, seguito ideale del “Dawn of the Dead” a firma di Zack Snyder che uscirà su Netflix il prossimo 21 maggio. A meno di una settimana di distanza la pellicola ha pensato bene di legare il proprio nome a quello della WWE, dove il protagonista della pellicola Dave Bautista è stato una leggenda, ma le cose sono andate oltre la sottile linea che divide il mondo reale da quello del wrestling.

E se lo stesso Batista ha preso le distanze da un incontro combattuto su un ring circondato da zombie e Chris Jericho ci ha ironizzato sopra, il New York Post ci è andato pesante definendolo “una delle cose peggiori mai viste in WWE”. Una stroncatura a cui è seguita quella del noto sito specializzato CageSideSeats, che ha provato a spiegare perché questo match non doveva nemmeno essere pensato.

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In un articolo dedicato, infatti, Marcus Benjamin spiega che il principio è lo stesso che ha portato ad esempio Cristopher Nolan a escludere Mr. Freeze dalla sua trilogia su Batman “Il Cavaliere Oscuro”. E per cui “il vero Mandarino” non è mai apparso nei film su Iron Man. Banalmente potremmo dire che il motivo è semplice: gli zombie non esistono, fine della storia.

In realtà c’è qualcosa di più: gli zombie non esistono, e soprattutto non sono stati inseriti in un contesto adatto ma limitati in un match di midcard, senza una reale spiegazione e senza conseguenza, completamente slegati dalla narrativa dello show.

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“È stato tutto troppo strano”

“Quando la WWE passa dal serio dramma familiare di Reigns a John Morrison che trova degli zombie nello spogliatoio…è tutto troppo strano. E ciò che lo rende tale è il modo in cui è disconnesso da tutto il resto. Il team di commento che vende gli zombie come reali e fugge, Priest e Miz coinvolti in quello che sembra più il videoclip di Thriller che un vero match di wrestling.”

Benjamin ricorda altri momenti assurdi nella storia della WWE, come ad esempio il giorno in cui The Rock scaraventò Steve Austin in un fiume di Detroit nel 1999. Segmenti che mettevano a dura prova la sospensione dell’incredulità da parte dei fan, ma comunque coerenti con la narrativa. In questo caso la storia è completamente differente.

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“Questo non vuol dire che gli zombi o le cose più stupide non possano funzionare nel wrestling. Al contrario, in realtà. Lucha Underground aveva molti elementi fantastici che funzionavano perché inseriti in un contesto. Tutto deve sembrare parte dello stesso spettacolo.”

Il problema per l’autore dell’articolo è che la WWE non è capace di percorrere una singola direzione. E nel momento in cui sono comparsi gli zombie tutto WrestleMania Backlash ha arrancato terribilmente.

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“Il Lumberjack Match tra Priest e Miz sottolinea un problema significativo all’interno della WWE, e questa non è la prima volta che lo notiamo. E cioè il desiderio della WWE di essere per tutti, di raggiungere tutti, che in certi momenti porta a una domanda più urgente: a chi è rivolto tutto questo?”

Se l’obiettivo del match era quello di far parlare di WrestleMania Backlash, bisogna dire che questo è stato raggiunto dalla WWE. Se invece l’obiettivo era che se ne parlasse bene beh, l’operazione non può che essere considerata un fallimento su tutta la linea.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita alla SEO non posso più farne a meno

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